Ordinanza di demolizione emessa e istanza di sanatoria presentata entro i termini previsti
Il ripristino della legalità e dell’assetto del territorio non è contrastante con le norme CEDU
Brutta storia quella relativa alla carenza di alloggi per famiglie bisognose, o soggetti che di fatto sono esclusi dal mercato immobiliare per l’acquisto quanto per la locazione.
Non viene nemmeno in aiuto la Convenzione Europea Diritti dell’Uomo(CEDU), in quanto è stato nuovamente convalidato quanto disposto dall’ordinamento normativo italiano in materia di repressione dell’abusivismo edilizio (da ultimo TAR Napoli n. 474/2022).
In particolare è stato più volte affermato che in tema di reati edilizi non sussiste alcun diritto “assoluto” all’inviolabilità dello spazio abitativo, desumibile dalle decisioni della Corte EDU, tale da precludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo per ristabilire l’assetto del territorio violato.
L’ordine di demolizione e rimozione dell’abuso edilizio non viola in astratto il diritto individuale a vivere nel proprio legittimo domicilio, ma afferma concretamente il diritto della collettività a rimuovere la lesione di un bene o interesse (collettivo) costituzionalmente tutelato e a ripristinate l’equilibro urbanistico edilizio” (Cassazione penale sez. III n. 844/2019). L’interesse collettivo richiamato è l’ordinato assetto del territorio e lo sviluppo pianificato in base agli strumenti urbanistici.
Secondo la giurisprudenza, “non è giuridicamente apprezzabile un’assiomatica prevalenza del diritto fondamentale all’abitazione sull’interesse pubblico a ristabilire l’ordine giuridico violato, attraverso l’esecuzione dell’ordine di demolizione, ordine peraltro previsto da una legge dello Stato, essendo dunque già stato operato il bilanciamento tra il diritto all’abitazione, quale proiezione del diritto costituzionalmente garantito alla proprietà ex art. 42 Cost., e l’interesse pubblico connesso al ripristino dello status quo ante attraverso l’esecuzione dell’ordine di demolizione, previsto dall’art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380/2001” (T.A.R. Napoli, n. 474/2022, n. 2305/2020).
In altri termini, la sanzione ripristinatoria della legalità violata (ordine di rimessa in pristino e demolizione) può considerarsi giustificata perchè finalizzata ad assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi, e non si pone in contrasto con le norme CEDU (in tal senso anche la dottrina, nel commentare la “sentenza Varvara” e la lettura datane dalla Corte Costituzionale con la sent. 49/2015).
Secondo i giudici nazionali proprio considerando le argomentazioni sviluppate dalla Corte di Strasburgo poteva ricavarsi che la demolizione, a differenza della confisca, non può considerarsi una “pena” nemmeno ai sensi dell’art. 7 C.E.D.U., perché “essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge” (Corte di Cassazione Penale, Sez. 3^ 05/12/2016).
E’ anche vero che sono uscite sentenze contrastanti sull’argomento delicato come questo.
Ad esempio la sentenza di Cassazione Penale n. 34607/2021 ha disposto che il giudice che ha disposto la demolizione deve valutare il principio di proporzionalità, anche tenendo conto dell’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all’art. 8 della CEDU, e valutando, nel contempo, la eventuale consapevolezza della violazione della legge da ‘parte
dell’interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonchè i tempi a disposizione del medesimo, dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative.
Questa affermazione sembra quasi affermare che il giudice che ha disposto l’abbattimento debba valutare l’ordine di demolizione in maniera “meno vincolata” rispetto alla tassatività della normativa.
Concludendo, questi aspetti sono spesso di difficile trattazione perchè in certi contesti l’abusivismo risulta essere la diretta conseguenza del fallimento delle politiche della casa; e ciò si pone in contrasto col perseguimento e repressione degli abusi stessi.
So che è un tema molto delicato, per cui mi limito a questa brevissima trattazione.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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