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Rimaste incerte le distinzioni tra categorie di intervento ammesse in Sanatoria semplificata del Salva Casa

Quando si opera con gli illeciti edilizi rilevanti ci si scontra con quelli rientranti nell’ambito del Permesso di Costruire (o della SCIA alternativa ad esso), in particolar modo diventa complesso poter distinguere le opere effettuate in difformità dal Permesso. Si presentano infatti tre possibili tipologie, di livello crescente per gravità e punibilità:

  1. parziale difformità;
  2. variazioni essenziali;
  3. totale difformità;

Tutti questi abusi edilizi presuppongono l’avvenuta esecuzione in variante ad un intervento comunque dotato del più alto titolo abilitativo (permesso di costruire).

Per quanto attiene soprattutto alle prime applicazioni della sanatoria edilizia “minore”, istituita nell’articolo 36-bis D.P.R. 380/01 (col D.L. 69/2024 conv. in L. 105/2024), è importante capire la distinzione tra variazioni essenziali e parziali difformità dal permesso di costruire dal punto di vista puramente amministrativo edilizio, tralasciando gli aspetti penali in questa sede.

Variazioni essenziali, i suoi confini

In linea generale è importante conoscere e rinviare alla lettura di tutti gli articoli che vanno dal 31 al 38 del D.P.R. 380/01, e occorre introdurre questo schema gerarchico delle difformità effettuate nei confronti di un P.d.C. rilasciato:

L’unica categoria ad avere definizione dettagliata a livello qualitativo e quantitativo è proprio la variazione essenziale al progetto approvato (cioè al P.d.C. o anche alla SCIA alternativa al P.d.C.) in quanto:

  1. esiste una definizione generale contenuta nell’articolo 32 T.U.E. (modificata lievemente proprio col Salva Casa);
  2. tale definizione può essere ulteriormente particolareggiata dalle norme regionali, soprattutto in termini quantitativi;

Si riporta il testo dell’articolo 32 D.P.R. 380/01 coordinato con le modifiche apportate col D.L. 69/2024 (modificato in conversione di Legge 105/2024):

Art. 32 (L) – Determinazione delle variazioni essenziali

1. Fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 31, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l’essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.

Da quanto sopra pertanto si deduce che:

  • Totale difformità dal P.d.C. si configura quando le difformità riscontrate superano significativamente il livello minimo di variazione essenziale (ma quanto significativamente?); la configurazione finale dell’intervento illecito ha portato l’immobile ad essere completamente diverso da quello autorizzato, avendo inciso nella sua interezza sostanziale. Vorrei fare una similitudine con l’ipotesi di aliud pro alio, cioè una cosa per un’altra: l’oggetto è completamente, e totalmente diverso.
  • Variazioni essenziali al progetto approvato si configurano come una “pesante versione” di parziali difformità dal P.d.C., cioè di livello superiore per profili quantitativi e qualitativi, senza però coinvolgere totalmente l’immobile (o meglio ancora l’organismo edilizio). Questo livello minimo di essenzialità è espressamente contenuto nella definizione dell’articolo 32 T.U.E., sotto il quale è possibile qualificare l’illecito come parziale difformità (attenzione alla presenza di vincoli di varia natura, perchè possono innalzare la punibilità da variazione essenziale a totale difformità);
    Le Regioni possono anche dettagliare maggiormente la definizione di Variazioni essenziali, potendo intervenire sia sui profili qualitativi che quantitativi; esistono attualmente anche notevoli divergenze tra le rispettive definizioni regionali (suggerisco di visionare Emilia Romagna, Toscana e Lazio);
  • Parziali difformità dal P.d.C. si configura praticamente come una difformità minore e residuale rispetto alle due predette, senza tuttavia avere parametri o elementi di tipo qualitativo e quantitativo. Pertanto, per sapere se l’illecito configura parziale difformità, si deve escludere se esso non configura una delle due predette categorie di abuso: per meglio dire, le parziali difformità al P.d.C. devono configurare variazioni non essenziali al progetto.

E’ chiaro come la «variazione essenziale» compiuta rispetto al progetto approvato, sia parificata, quanto alle conseguenze repressive e sanzionatorie, al caso di mancanza di permesso di costruire e di totale difformità, facendo salvi gli effetti penali.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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