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Nel DPR 380/01 le categorie di intervento edilizie sono suddivise tra interventi conservativi e innovativi

Nel mondo anglosassone ristrutturazione edilizia viene chiamata “renovation”, cioè rinnovazione, mentre quello attinente al restauro è “restoration”. Il termine rinnovamento però lo troviamo espressamente riportato anche nella categoria di manutenzione straordinaria.

Diciamo che per capire la distinzione degli interventi rientranti nell’ambito dell’edilizia puramente conservativa da quella innovativa dobbiamo fare riferimento alle categorie di intervento all’articolo 3 comma 1 lettera d) DPR 380/01 (Testo Unico Edilizia).

Bisogna però ammettere che queste definizioni negli ultimi tempi sono diventate quasi “mobili”, visto che le definizioni di manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia dell’articolo 3 DPR 380/01 sono state modificate complessivamente ben tre volte dal 2020 a oggi.

Se poi ci aggiungiamo anche le possibili modifiche integrative effettuate dalle norme regionali, si capisce perché Tecnici abilitati e Pubblica Amministrazione si trovano in difficoltà ad applicare/interpretare le norme.

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Distinzione generale tra Manutenzione e ristrutturazione

Da anni affermo che l’urbanistica è una materia giuridica tecnicamente assistita.

Per capire i lineamenti differenzianti tra manutenzione e ristrutturazione è sufficiente fermarsi al significato semplice delle parole.

  1. manutenzione significa mantenere, cioè tenere in buono stato un qualcosa di esistente;
  2. ristrutturazione significa cambiare struttura di una cosa preesistente (anche oltre l’aspetto strutturale in senso statico e antisismico)

Una sintetica distinzione tra le categorie di intervento la fornisce la giurisprudenza del Consiglio di Stato:

Sotto altro versante va rammentato che il concetto di manutenzione straordinaria (nonché quello di risanamento conservativo), oggi come allora, presuppone la realizzazione di opere che lascino inalterata l’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 2022 n. 2141). Al contrario gli interventi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti, la modifica e la redistribuzione dei volumi, rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia (cfr., Cons. Stato n. 5668/2023, n. 7151/2019).

Dovendo dirla a parole più semplici, la manutenzione straordinaria non ricomprende “stravolgimento complessivo” dell’organismo edilizio, mentre la ristrutturazione edilizia comporta modifiche sostanziali dell’organismo edilizio e possiamo a sua volta suddividerla in due sotto categorie:

  • conservativa, nel senso che l’edificio non viene abbattuto;
  • ricostruttiva, quando l’organismo edilizio viene in tutto o in parte demolito e ricostruito;

Manutenzione straordinaria, si possono fare tante cose

In merito alla definizione di manutenzione straordinaria (art. 3 c.1 TUE) bisogna dire che rispetto alla definizione originaria introdotta con art. 31 L. 457/78, col tempo ha visto ampliare il suo ambito applicativo e per rispondere alle esigenze di semplificare le trasformazioni sul patrimonio edilizio esistente.

Basti pensare che può ricomprendere alcuni particolari e condizionati tipologie di intervento

Ho volutamente scritto tre volte “limitati” alle predette opere perché non deve passare il messaggio che qualsiasi tipo di queste opere configuri manutenzione straordinaria, ma soltanto nel rispetto di diverse condizioni.

È molto importante aggiungere pure che la loro sovrapposizione e combinazione può far uscire dalla manutenzione straordinaria verso categoria di intervento superiore. Nutro diverse perplessità per inquadrare la categoria di restauro e risanamento, cioè quella interposta tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia.

Riporto la definizione contenuta nell’articolo 3 comma 1 lettera b del TUE, da cui emerge chiaramente come la manutenzione straordinaria escluda la possibilità di creare o ridurre le volumetrie/superfici esistenti, consentendo limitate possibilità di variare la natura di quelle esistenti:

b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico.

Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso.

Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

Appunto, la prima frase contempla la definizione generale mentre le due successive costituiscono eccezioni o aggiunte speciale alla prima.

Ristrutturazione edilizia

La definizione di ristrutturazione edilizia contenuta nell’articolo 3 comma 1 lettera d) DPR 380/01 richiede una lunga trattazione, in particolare per le svariate modifiche alla definizione, ben cinque dall’entrata in vigore del Testo Unico Edilizia.

Per esempio nel 2022 il legislatore ha innalzato il perimetro di essa ammettendo le demolizioni e ricostruzioni per edifici sottoposto a certi vincoli paesaggistici D.Lgs. 42/2004, di cui trovi un ottimo corso online sull’Academy Realexpert.

Spiegare con poche frasi l’ambito e limiti della categoria “ristrutturazione edilizia” è impossibile, pertanto ci si deve limitare al concetto generale contenuto nella prima frase della definizione:

d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.

Anche questa radice è rimasta sostanzialmente valida a quella introdotta nell’articolo 31 L. 457/78, abrogata e assorbita nell’articolo 3 DPR 380/01.

La ristrutturazione edilizia concepisce la trasformazione che porta ad ottenere un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. È un concetto generale rimasto fermo fino a pochi anni, cioè prima di essere “eroso” a favore dei quei pochi interventi condizionati già commentati nella Manutenzione straordinaria: pensiamo alle poche ipotesi di cambio di destinazione d’uso senza opere, oppure al frazionamento “puro” dell’unità immobiliare.

Non si può certo negare che sia un intervento irrilevante o poco rilevante, basti pensare alle conseguenze in ambito civilistico, condominiale e sulle urbanizzazioni.

Volendo concludere anche l’analisi della ristrutturazione edilizia, in base al DPR 380/01 questo intervento “rinnovativo” possiamo suddividerlo con più criteri, ovvero:

Criterio amministrativo:

  • Pesante, in base all’articolo 10 c.1 lettera c) TUE, soggetta a Permesso di Costruire o SCIA alternativa in quanto comportante trasformazione urbanistico edilizia del territorio;
  • Leggera, le ristrutturazioni articolo 3 comma 1 lettera d) diverse da quella pesante (D.Lgs. 222/2016 Allegato A), soggetta a SCIA ordinaria

Criterio demolitorio:

  • Conservativa, cioè senza opere demolitorie e ricostruzione dell’organismo edilizio, neppure parziali;
  • Ricostruttiva, con demolizione e ricostruzione parziale o integrale

Criterio volumetrico:

  • “fedele”, a parità di volume
  • Con limitati incrementi di volumetria ammessi espressamente per certe normative (antisismica, barriere architettoniche, risparmio energetico e impianti, nonché rigenerazione urbana)
  • Aumenti volumetrici in caso di demolizione e ricostruzione per immobili sottoposti ad alcuni tipi di vincolo paesaggistico (una contraddizione, lo so).

I criteri su cui distinguere la ristrutturazione edilizia sono molti altri, per cui fermiamoci qui.

Conclusioni e consigli

La qualifica delle categorie di intervento non è affatto semplice, mette in difficoltà i Tecnici professionisti da una parte e i tecnici istruttori comunali dall’altra.

Il fatto è che l’errata qualifica di essi si riverbera sulle procedure amministrative (CILA, SCIA, Permesso di Costruire), ma anche sugli aspetti funzionali e cambi di destinazione d’uso.

E come di consueto da qualche anno a questa parte, vanno incidere pure sulla fiscalità e agevolazioni varie.

Quindi è consigliato valutare con attenzione la corretta qualifica delle categorie di opere.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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