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La nuova costruzione presuppone una trasformazione del territorio, mentre la ristrutturazione è caratterizzata dalla preesistenza di un manufatto

La ristrutturazione edilizia si caratterizza per la diversità dell’organismo edilizio prodotto dall’intervento di trasformazione rispetto al precedente

La giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato sez IV con sentenza n. 443/2017, n. 1763/2015) ha pacificamente affermato che l’elemento che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione opera dalla trasformazione del territorio già compiuta.

Ciò può avvenire con due modalità operative, una conservativa e una sostitutiva della preesistente struttura fisica mediante un «insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente»:

  • conservativa: arriva a comprendere anche la demolizione integrale della preesistenza con ricostruzione “fedele” ovvero rispettosa di alcuni parametri edilizi (ad oggi la “fedeltà nel TUE è connessa al solo volume originario);
  • sostitutiva: comporta la demolizione del manufatto preesistente per realizzarne un altro diverso sotto tutti i punti di vista, con un intervento compiuto come se l’area fosse stata “virtualmente inedificata”, portando ad un manufatto completamente diverso dal precedente (sostituzione edilizia);

APPROFONDIMENTO: Ristrutturazione edilizia con Demolizione e ricostruzione: serve SCIA o Permesso?

Rientra nella nuova edificazione ciò che non rientra nelle categorie di intervento di manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia

L’attuale ordinamento in materia edilizia, con l’articolo 3 comma 1 lettera D del DPR 380/01, anche dopo le modifiche apportate dal decreto Scia 2 mantiene un forte spartiacque nella definizione di ristrutturazione edilizia“, facendovi rientrare in essa anche gli interventi di demolizione e ricostruzione con stessa volumetria (senza più identità di sagoma dopo la L. 98/2013) rispetto all’edificio preesistente.

In diversa ipotesi, con volumetria diversa (in aumento o anche in diminuzione?) si esce dall’ambito della ristrutturazione e si rientra nell’ambito della nuova edificazione di cui alla lettera e) del suddetto articolo 3 c.1 DPR 380/01.

Infatti il TUE, in maniera residuale, ricomprende negli interventi di “nuova costruzione” quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti, tra cui la ristrutturazione edilizia come anzidetto.

In base alla normativa statale di principio un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la volumetria dell’edificio preesistente configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia; prima del 2013 oltre al criterio della volumetria compariva anche quello della sagoma.

La conservazione della volumetria esistente fa da spartiacque con la nuova edificazione

In tutti questi ultimi anni le Regioni hanno emanato norme urbanistiche con cui disciplinare in maniera ancora più specifica le tipologie di ristrutturazione edilizia, in funzione delle possibili diverse configurazioni che si potessero paventare; ad esempio in Toscana con la L.R. 65/2014 sono distinte due tipologie di ristrutturazione edilizia, ovvero la “conservativa” e la “ricostruttiva”.

Oltre ad una migliore definizione delle categorie di intervento, le regioni hanno spesso provveduto a disciplinare anche le relative pratiche edilizie, indicando quali categorie di ristrutturazione edilizia fossero assoggettate al Permesso di Costruire, alla DIA/SCIA alternativa al permesso di costruire o alla semplice DIA/SCIA.

In sostanza il principio che vige oggi è che l’intervento con stesso cubaggio preesistente, ovunque configurato, non sconfina nell’ambito nuova edificazione. 

L’ambito operativo della demolizione e ricostruzione nel corso degli ultimi anni ha subito diverse integrazioni e modifiche, ne ho parlato in questo articolo di cui consiglio lettura.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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