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Hanno rispettive finalità di autorizzare l’utilizzo dell’immobile e il rispetto alle norme urbanistico edilizio

Spesso i non addetti ai lavori tendono a fondere assieme le stesse funzioni e finalità.

Molti pensano che l’Agibilità sia la certificazione o documento che autorizza qualsiasi aspetto urbanistico, oppure che il Permesso di Costruire autorizzi anche tutti gli altri aspetti relativi all’utilizzo.

In particolare se qualcuno pensa che l’avvenuto rilascio dell’Agibilità (vale anche per l’Abitabilità), sia servito ad autorizzare anche tutte le difformità e illecite mai accertate.

Come dire, che l’Abitabilità/Agibilità rilasciate in passato dal Comune abbiano implicitamente o automaticamente sanato qualsiasi problema.

E questo principio vale anche per illeciti o difformità assai risalenti nel tempo, relativi anche a immobili inizialmente autorizzati con licenza edilizia (quindi anteriori alla L. 10/1977).

Non esiste la sanatoria implicita con l’Agibilità.

Al contrario, tra essi passa una notevole differenza.

Anche secondo la sentenze del Consiglio di Stato n. 8180/2019, il Permesso di Costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto:

  • il certificato di agibilità (poi Segnalazione Certificata di Agibilità) ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti (art. 24 D.P.R. 380/01);
  • il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche, e delle discipline di PRG e Regolamenti Edilizi, ecc.

L’Abitabilità, come anche l’Agibilità possiede una forte valenza igienico-sanitaria e di sicurezza, e si basa su altri presupposti di corredo (es. il collaudo statico).

Il Rilascio o attestazione di Agibilità/Abitabilità sono basate sul presupposto della conformità dell’opera al progetto/titolo edilizio.

Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio; inoltre non costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili (Consiglio di Stato n. 8180/2019).

Anche se la Pubblica Amministrazione non ha accertato l’illecito a distanza di tempo dall’edificazione, in termini generali l’inerzia della P.A. non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole, idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata, come accade nella diversa ipotesi della autotutela decisoria su titoli edilizi illegittimamente rilasciati.

E a tal proposito, l’ordine di demolizione presenta un carattere rigidamente vincolato (dovendo essere adottato a seguito della sola verifica dell’abusività dell’intervento) e non richiede né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 21 marzo 2017, n. 1267), essendo la relativa ponderazione compiuta a monte dallo stesso legislatore nel senso della doverosità della demolizione (cfr. art. 31, comma 2, del d.P.R. 380 del 2001).

Infine si deve aggiungere il principio espresso dall’Adunanza plenaria n. 9 del 2017, secondo cui la tardiva ingiunzione della demolizione dell’immobile abusivo non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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