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La denuncia di inizio attività si consolida e diventa inattaccabile a certe condizioni ex legge 241/90

Ritengo interessante la sentenza del Consiglio di Stato VI n. 3762 del 9 giugno 2016 sull’annullamento di una DIA da parte del Comune.

Il caso riguardava la procedura di annullamento nei confronti di una DIA depositata in Lombardia nel 2007 e una ordinanza emessa dall’ufficio tecnico comunale avente per oggetto la rimessa in pristino delle opere che hanno comportato innalzamento del tetto ed il conseguente incremento volumetrico del sottotetto, nonchè contestuale annullamento della stessa DIA.

L’appello al Consiglio di Stato (n. 3762/2016) riguardava due sentenze del Tar Lombardia, le quali annullano l’ordinanza comunale di annullamento DIA e rimessa in pristino.

L’ordinanza impugnata si basava sul fatto che la Denuncia di Inizio Attività del 2007 conterrebbe una falsa dichiarazione sulla rappresentazione grafica del progetto (ove si indica l’altezza del sottotetto in m. 2,29) che non corrisponderebbe all’altezza effettiva del sottotetto in situ; ciò in quanto la misura di m. 2,29 sarebbe stata ottenuta escludendo la computo il controsoffitto che, al contrario, secondo l’Amministrazione doveva essere conteggiata.

L’errore tecnico in esame, inficiando i presupposti di validità della d.i.a., avrebbe consentito all’Amministrazione di intervenire sul titolo, adottando un provvedimento inibitorio/ripristinatorio o entro il termine di decadenza (trenta giorni) previsto dall’art. 23, comma 6, DPR 380/01, oppure, scaduto infruttuosamente tale termine, soltanto ricorrendo le condizioni alle quali l’art. 21-nonies della legge 241/1990, subordina l’esercizio del potere di autotutela.

Decorso un lungo lasso di tempo le opere della Denuncia di Inizio Attività sono legittimate a prescindere

Nella fattispecie il provvedimento repressivo è stato adottato assai dopo la scadenza del termine perentorio di cui all’art. 23 comma 6 DPR 380/01, occorre verificare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 21-nonies legge 241/1990 per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio.

In materia di Autotutela, l’art. 21-nonies prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico.

Prima delle recenti riforme sui procedimenti amministrativi lo stesso articolo 21-nonies legge 241/1990 consentiva l’esercizio del potere di annullamento del procedimento amministrativo entro un termine ragionevole, dopo tali riforme il termine oggi è di diciotto mesi, entro i quali l’autotutela doveva tenere conto degli interessi dei destinatari privati e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.

Ad oggi questo principio vale anche per i provvedimenti qualificatisi con silenzio assenso (art. 21-nonies comma 1 legge 241/1990). 

E’ importante ribadire tuttavia che i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorieta’ false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (art. 21-nonies comma 2/bis).

L’affidamento in capo al privato si consolida in via definitiva decorsi i termini di verifica della pratica e di autotutela ex legge 241/1990

Nella fattispecie trattata nella sentenza del Consiglio di Stato, secondo la Corte risulta mancante sia l’esternazione delle ragioni di interesse pubblico (al di là del mero ripristino della legalità violata) sia la valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del titolo edilizio.

In questo caso l’affidamento era particolarmente qualificato in ragione del lungo tempo trascorso dal deposito della DIA (2007) e il provvedimento inibitorio e di annullamento di essa (2011) risultando trascorsi ben quattro anni dal suo consolidamento.

Il Consiglio di Stato nella sentenza ribadisce che la L. 164 del 11 novembre 2014 (Sblocca Italia) ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da “diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici”.

Inoltre il Consiglio di Stato ha già avuto modo di evidenziare che tale norma, pur essendo temporalmente inapplicabile, in ogni caso rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti (Cons. di Stato VI n. 3762/2016, sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5625).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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