Tracciamo un bilancio sul regime edilizio di semplificato asseverato da Tecnici
Niente prescrizione amministrativa per illeciti edilizi datati e raffigurati in precedenti pratiche edilizie
Si sono già analizzate le criticità delle pratiche edilizie depositate nei Comuni sotto il regime amministrativo di comunicazioni e segnalazioni edilizie, ovvero:
- Denuncia Inizio Attività (poi sostituita da Segnalazione Certificata Inizio Attività);
- Comunicazione Inizio Lavori Asseverata;
Tra le varie criticità accennate, vi rientra la vulnerabilità futura dovuta dalle verifiche o istanze di riesame effettuate a distanza di anni dal loro deposito, in particolare l’inefficacia di pratiche come la D.I.A. potrebbe essere dichiarata per vari motivi.
Circa la natura sostanziale della ormai storica D.I.A. rinvio a specifico approfondimento.
La giurisprudenza amministrativa ha consolidato un orientamento applicabile anche alle D.I.A., in base al quale per un titolo abilitativo ottenuto in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà è consentito all’amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente per stessa natura della fattispecie (cfr. Cons. di Stato n. 6387/2023, n. 1795/2019).
Tale principio è stato rafforzato ulteriormente da un altro, divenuto pacifico con Adunanza plenaria n. 8/2017, secondo cui l’erronea prospettazione, da parte del privato, delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla erroneità non veritiera prospettazione di parte.
Questi aspetti possono emergere soprattutto in caso di Denuncia Inizio Attività presentate in passato senza preventiva verifica dello Stato Legittimo dell’immobile; tale obbligo di verifica per qualsiasi istanza, segnalazione e comunicazione edilizia è stato introdotto con l’articolo 10 D.L. 76/2020, all’interno dell’articolo 9-bis DPR 380/01.
L’assenza di queste verifiche preliminari comporta il rischio, per non dire la probabilità, di trovare pratiche di Denuncia Inizio Attività contenenti una non veritiera rappresentazione dello stato di fatto effettivo, e pertanto ancora “aggredibili” dall’Amministrazione competente a distanza di danni.
Ad esempio potrebbero emergere difformità tra quanto disegnato negli elaborati grafici e l’effettivo stato dei luoghi al momento del deposito, soprattutto incrociando con quelli che oggi vengono definiti “documenti probanti” da cui desumere lo Stato Legittimo: per esempio foto aeree, documenti catastali, eccetera.
Oppure la DIA potrebbe perdere la presunta efficacia a seguito dell’accertata mancanza di documenti o atti di assenso prescritti dalla normativa edilizia: il caso potrebbe essere una DIA presentata senza la necessaria autorizzazione paesaggistica.
Il problema nasce soprattutto col superamento delle soglie di tolleranze edilizie previste dall’articolo 34-bis DPR 380/01 (lasciando fuori da questo “ombrello” tutte le altre normative di settore e speciali, vedi paesaggistica).
Dalla sentenza di Consiglio di Stato n. 7286 del 29 ottobre 2021 si estrapola un passaggio molto utile a capire il perimetro di validità di una DIA irregolare:
In presenza di una DIA illegittima è consentito certamente all’Amministrazione di intervenire anche oltre il termine perentorio di cui all’art. 23, comma 6, del D.P.R. n. 380 del 2001, ma solo alle condizioni (e seguendo il procedimento) cui la legge subordina il potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi e, quindi, tenendo conto, oltre che degli eventuali profili di illegittimità dei lavori assentiti per effetto della DIA, ormai perfezionatasi, dell’affidamento ingeneratosi in capo al privato per effetto del decorso del tempo, e, comunque, esternando le ragioni di interesse pubblico a sostegno del provvedimento repressivo.
Esiste pure il caso in cui la DIA è stata erroneamente utilizzata legittimare astrattamente un intervento che invece avrebbe richiesto un permesso di costruire.
Annullamento in autotutela: condizioni e limiti
In materia di annullamento in autotutela di titoli edilizi occorre rammentare i principi base chiariti dall’Adunanza plenaria n. 8/2017 (convalidati di recente da Cons. di Stato n. 6387/2023, n. 2839/2023), validi anche nei casi in cui avvenga a considerevole distanza temporale dal provvedimento:
“i) che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;
ii) che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi);
iii) che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte”.
È vero che la disciplina di annullamento in autotutela è stata concepita per i titoli abilitativi e provvedimenti rilasciati dalla P.A., ma l’estensione del potere di assumere determinazioni in via di autotutela per la Denuncia di Inizio Attività era già previsto dal comma 3 articolo 19 Legge 241/90. Poi le cose si sono normativamente raffinate con l’avvento progressivo (e sostitutivo) della SCIA.
Ricordiamo pure che l’esercizio del potere di annullamento in autotutela non può essere paralizzato dalla mancanza di un giudicato penale, rilevante per il solo caso di dichiarazioni sostitutive o atti di notorietà mendaci o falsi (art. 21 nonies, comma 2 bis, l.n. 241 del 1990).
Conclusioni e consigli
Infine vediamo il termine “ragionevole” di decorrenza per l’adozione dell’annullamento d’ufficio: esso decorre soltanto dalla scoperta dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto/pratica edilizia.
Quindi una gatta da pelare, se pensiamo al rischio potenziale di quelle pratiche edilizie effettuate senza essere precedute dal sopravvenuto obbligo di verifica di Stato Legittimo dell’immobile.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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