Insufficiente la relazione del Tecnico perchè occorre la dichiarazione espressa nel rogito
Spesso confuse e scambiate tra loro dalla committenza, in verità sono due definizioni distinte
Nell’immaginario collettivo si fa spesso riferimento alle categorie catastali per individuare la destinazione d’uso ufficiale di un immobile, ed è sbagliato.
Troppe volte si assiste a situazione in cui il proprietario promuove in vendita l’immobile facendo riferimento ai soli dati catastali, dimenticandosi che invece la destinazione d’uso ufficiale è quella derivante dalle pratiche edilizie.
La destinazione d’uso ufficiale, quella che intendiamo come legittimamente abilitata tramite permessi e pratiche, si può desumere da un solo documento altrettanto ufficiale: l’Agibilità/Abitabilità.
Sempre che esista, vorrei aggiungere.
Infatti non va escluso che al termine di certe pratiche edilizie non sia stato rilasciato dal Comune competente, oppure risulti assente la relativa attestazione asseverata dal Direttore dei lavori (procedura vigente in alcune regioni), e le motivazioni possono essere le più disparate.
In quel caso, anche in assenza di Agibilità/Abitabilità si deve andare a far riferimento alla storiografia delle pratiche edilizie dell’unità immobiliare e, riscontrato la loro continuità o meno, si deve valutare l’effettiva destinazione d’uso legittimata.
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Catasto e Urbanistica sono due mondi separati e poco comunicanti tra loro: sarebbe giunta l’ora di connetterli digitalmente.
Per prassi amministrativa, leggendo in molti PRG e regolamenti edilizi d’Italia, in assenza di documentazione urbanistica e pratiche edilizie comprovanti la destinazione d’uso, si può far riferimento alle documentazioni catastali, tenuto conto che negli anni Trenta fu effettuato un censimento totale con l’istituzione del NCEU.
Un approfondimento è già stato affrontato con un precedente articolo sulla differenza tra conformità urbanistica e catastale.
Ciò può capitare spesso quando si tratta immobili situati in contesti antichi, centri storici ed agricoli, in cui l’immobile non abbia subito trasformazioni sostanziali di sorta e con pochi trasferimenti di proprietà.
La divergenza tra destinazione d’uso e categoria catastale può dare luogo ad Aliud pro alio nei contratti.
La verifica della destinazione d’uso è indispensabile per delineare l’effettiva suscettibilità di utilizzo dell’immobile; occorre evitare soprattutto in fase di trasferimento la divergenza di destinazione d’uso in senso urbanistico dalla categoria catastale, evitando di incorrere nella casistica di risoluzione per inadempimento derivante da inidoneità all’uso promesso col preliminare o col rogito notarile finale.
Il caso ricorrente è il sottotetto adibito ad uso abitativo in assenza di pratiche edilizie e requisiti di abitabilità.
Ad esempio la fattispecie trattata dalla sentenza di Cass. Civ. sez. II n. 18261/2015 con cui un immobile proposto in vendita un superattico accatasto in categoria A/7 (abitazioni in villini) quando invece dal certificato di abitabilità 1964 risulta uso ripostiglio, di fatto trattandosi di quattro locali di soffitta.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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