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La perdita di ruralità può avvenire dai requisiti soggettivi e oggettivi dell’immobile

Il cambio d’uso da destinazione rurale verso una funzione diversa comporta generalmente il pagamento degli oneri di urbanizzazione per l’incidenza sui carichi insediativi, da legittimare con idonea pratica edilizia. In gergo questo passaggio funzionale è chiamato deruralizzazione, applicabile perfino nel cambio d’uso da abitazione rurale ad abitazione civile.

In tal senso alcune legislazioni regionali si sono portate avanti da qualche decennio prevedendo apposito regolamentazioni normative, individuando procedure amministrative, i relativi oneri da pagare ed eventuali vincoli da applicare.

Ad cambiare ulteriormente il quadro della deruralizzazione degli immobili è stata la definizione del Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante, introdotto nell’articolo 23-ter DPR 380/01 dalla L. 164/2014; tale disposizione ha introdotto un principio con cui distinguere i cambi d’uso aventi incidenza a livello urbanistico, e generalmente assoggettati a Permesso di Costruire (vedi Allegato A del D.Lgs. 222/2016).

L’articolo 23-ter T.U.E. prevede la possibilità di ulteriori diverse previsioni delle leggi regionali, che comunque generalmente hanno recepito tale elenco con possibili integrazioni mantenendosi allineate ad esso.

Lo stesso articolo 23-ter D.P.R. 380/01 contiene un primo elenco generale delle categorie funzionali e autonome, il cui passaggio dall’una all’altra costituisce appunto mutamento rilevante della destinazione d’uso, sia per l’immobile che per la singola unità immobiliare, a prescindere dalla contestuale esecuzione di opere:

  • a) residenziale;
  • a-bis) turistico-ricettiva;
  • b) produttiva e direzionale;
  • c) commerciale;
  • d) rurale.

Diciamo che dalla L. 164/2014 la destinazione rurale è ufficialmente confermata come destinazione d’uso autonoma e funzionale, anche se molte norme regionali e giurisprudenza di riferimento avevano già provveduto a considerarla tale.

Perdita requisiti ruralità immobile: quando e come avviene

I requisiti di ruralità dell’immobili, individuati bene dalla disciplina catastale, sono necessari per legittimare il mantenimento della destinazione d’uso rurale, onde evitare di vedersi contestare il mutamento d’uso illegittimo, facendo riferimento all’articolo 9 comma 3 D.L. 557/1993, nella versione modificata dall’art. 42 bis D.L. n. 159/07, convertito con Legge 222/07.

La nozione di ruralità dell’immobile è connessa al rapporto strumentale instaurato per lo svolgimento dell’attività agricola in senso professionale/aziendale, escludendo invece la forma amatoriale/saltuaria, e neppure perchè l’edificio possieda apparenti caratteristiche tipologiche e formale della casa agricola o situato in zona agricola. Infatti nel regime vigente oggi non tutti possono edificare in zone agricole, ma soltanto per certe finalità e nel rispetto dei requisiti di ruralità.

Vediamo allora requisiti oggettivi e soggettivi di ruralità, strettamente connessi tra loro, previsti in base al predetto comma 3 articolo 9 D.L. 557/93:

3. Ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili agli effetti fiscali, i fabbricati o porzioni di fabbricati destinati ad edilizia abitativa devono soddisfare le seguenti condizioni:
a) il fabbricato deve essere utilizzato quale abitazione:
1) dal soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno per esigenze connesse all’attività agricola svolta;
2) dall’affittuario del terreno stesso o dal soggetto che con altro titolo idoneo conduce il terreno a cui l’immobile e’ asservito;
3) dai familiari conviventi a carico dei soggetti di cui ai numeri 1) e 2) risultanti dalle certificazioni anagrafiche; da coadiuvanti iscritti come tali a fini previdenziali;
 4) da soggetti titolari di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura;
 5) da uno dei soci o amministratori delle società agricole di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, aventi la qualifica di imprenditore agricolo professionale;
a-bis) i soggetti di cui ai numeri 1), 2) e 5) della lettera a) del presente comma devono rivestire la qualifica di imprenditore agricolo ed essere iscritti nel registro delle imprese di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580
b) (abrogata)
c) il terreno cui il fabbricato e’ asservito deve avere superficie non inferiore a 10.000 metri quadrati ed essere censito al catasto terreni con attribuzione di reddito agrario. Qualora sul terreno siano praticate colture specializzate in serra o la funghicoltura o altra coltura intensiva, ovvero il terreno e’ ubicato in comune considerato montano ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, il suddetto limite viene ridotto a 3.000 metri quadrati;
d) il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore alla meta’ del suo reddito complessivo, determinato senza far confluire in esso i trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura. Se il terreno e’ ubicato in comune considerato montano ai sensi della citata legge n. 97 del 1994, il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore ad un quarto del suo reddito complessivo, determinato secondo la disposizione del periodo precedente. Il volume d’affari dei soggetti che non presentano la dichiarazione ai fini dell’IVA si presume pari al limite massimo previsto per l’esonero dall’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
e) i fabbricati ad uso abitativo, che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero le caratteristiche di lusso previste dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, adottato in attuazione dell’articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, non possono comunque essere riconosciuti rurali.
3-bis. Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile e in particolare destinate:
a) alla protezione delle piante;
b) alla conservazione dei prodotti agricoli;
c) alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento;
d) all’allevamento e al ricovero degli animali;
e) all’agriturismo, in conformità a quanto previsto dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96;
f) ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;
g) alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;
h) ad uso di ufficio dell’azienda agricola;
i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
l) all’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso.
3-ter. Le porzioni di immobili di cui al comma 3-bis, destinate ad abitazione, sono censite in catasto, autonomamente, in una delle categorie del gruppo A.

La perdita dei requisiti di ruralità può avvenire congiuntamente o disgiuntamente sui profili soggettivi e oggettivi. Per esempio, già con l’acquisto dell’immobili per fini di abitazione principale da parte di soggetto diverso dall’imprenditore agricolo, apre subito la problematica. Inoltre non è sufficiente neppure la giustificazione di un semplice accatastamento di deruralizzazione avvenuto in precedenza, al netto dell’unica eccezione di esenzione oneri concessori prevista dall’articolo 9 D.L. 557/93 relativa al Condono Edilizio o di diverse disposizioni regionali).

Infatti non determina l’automatico effetto del cambio di destinazione d’uso né può ritenersi sufficiente ai fini dell’utilizzo di un immobile come abitazione, in quanto per poter qualificare un edificio nei predetti termini occorrerebbe procedere anteriormente, previa autorizzazione comunale, alla modifica della destinazione, da rurale a residenziale (Cons. di Stato n. 3278/2023).

E’ necessario effettuare il cambio d’uso funzionale da rurale a quella effettivamente praticata, nel rispetto di tutte le condizioni, disciplina urbanistico edilizia e regolamentazione pianificatoria locale, ogni volta che vengono a mancare uno dei due requisiti soggettivi e oggettivi di ruralità. Ci sarebbe da riflettere su quelli avvenuti in epoca risalente, che richiedono trattazione separata.

Come già accennato più volte, il cambio d’uso non può essere legittimato con la semplice variazione catastale, eludendo invece quel controllo amministrativo ai fini urbanistico edilizi.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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