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Le categorie di intervento sottoposte all’ottenimento di titolo abilitativo in passato erano diverse, lasciandone altre libere da licenza

Prendiamo in esame quel poco di quadro normativo edilizio che ha avuto vigenza tra la L. 1150/1942 e la legge ponte n. 765/1967. In quei venticinque anni sono state fatte moltissime costruzioni e trasformazioni edilizie sul patrimonio (allora) esistente, e in questo articolo voglio analizzare proprio le opere di ristrutturazione e modifiche di edifici situati fin da allora nei centri abitati.

Quindi NON parlerò di edifici costruiti o trasformati “Ante ’67” situati in zone e/o epoca allora non sottoposte ad obbligo di licenza edilizia.

Sugli edifici situati nei centri abitati, anche il più modesto degli interventi edilizi era sottoposto all’obbligo di licenza edilizia nel periodo compreso da L. 1150/42 e n. 765/67?

Svolgendo accesso agli atti per verificare le trasformazioni compiute in quel periodo su edifici già esistenti, spesso riscontriamo modifiche interne e opere minori effettuati in assenza di licenza edilizia.

Eppure viene da domandarsi: per quale motivi non chiedevano licenze edilizie per trasformazioni simili? Oppure, come faceva il cittadino a individuare il confine tra l’obbligo di licenza edilizia per opere “minori”, e sopratutto quanto minori?

Perchè posso immaginare che “ieri”, a poche persone veniva in mente di andare prima da un Tecnico professionista e chiedere dei relativi permessi, autorizzazioni o titoli abilitativi vari per opere di modesta rilevanza edilizia.

Sicuramente questo aspetto è divenuto sempre più rilevante col passare degli anni dello sviluppo economico e urbanistico: infatti le definizioni e termini da usare nel settore edilizio diventano oggetto di approfondimento della Circolare Ministero LL.PP. n. 1820 del 23 luglio 1960, che utilizzerò nel proseguimento del post. Anche in questo caso ci tengo a rammentare che le circolari ministeriali non sono da considerare fonti normative, ma utili riferimenti e comportamento di prassi forniti dall’Amministrazione centrale verso gli uffici periferici competenti.

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Le categorie di intervento soggette a Licenza edilizia erano quelle che oggi diremmo rilevanti.

Partiamo dalla disciplina degli interventi era formalmente più semplice, a giudicare dall’originaria versione dell’art. 31 della legge “fondamentale” urbanistica n. 1150/1942, rimasta invariata fino al 1 settembre 1967 (entrata in vigore legge ponte n. 765/1967):

Art. 31. – Licenza di costruzione – Responsabilità comune del committente e dell’assuntore dei lavori. Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificare la struttura o l’aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del Comune.

Sempre l’art. 31, nella versione indica in maniera scarna gli interventi soggetti al previo rilascio della licenza edilizia, e si riportano per esteso per una migliore comprensione:

  • nuove costruzioni edilizie
  • ampliare quelle esistenti
  • modificare la struttura
  • modificare l’aspetto

Sul primo punto c’è poco da aggiungere, se non il fatto che la definizione di “nuova costruzione edilizia” non era definita in maniera specifica, e pertanto resta da capire cosa si intendesse all’epoca per manufatto da realizzare ex novo. Sul punto la Circolare Min. LL.PP. 1820/1960 al punto E suggerisce che «Per nuova costruzione si intende una costruzione interamente nuova, anche se sorga su area risultante da demolizione

Categorie di intervento sul patrimonio edilizio esistente

I successivi punti riguardano il patrimonio edilizio esistente, e trovo interessante poterli tradurre e associare ad oggi (2023) le rispettive categorie corrispondenti.

Gli ampliamenti sono un termine anch’esso chiarissimo, per cui non c’è bisogno di approfondire. La Circolare Ministeriale LL.PP. n. 1820/1960 a tal proposito indica:

«Per ampliamento si intende quel complesso di lavori che hanno l’effetto di ingrandire il fabbricato creando uno spazio supplementare.»

Per “modificare la struttura” si deve intendere oggi come ristrutturazione, senza però riferimenti quantitativi e qualitativi di sorta.

Inoltre non è dato sapere se sia riferito ad una struttura globale dell’organismo edilizio/fabbricato, o se sia circoscrivibile alla sola struttura portante/statica della costruzione. Svolgendo molti accessi agli atti di vecchie licenze, posso concludere che la prassi applicata all’epoca riguardasse la ristrutturazione in senso lato, prescindendo da una visione puramente strutturale e statica. In particolare c’era consapevolezza della necessità di licenza edilizia nei casi di ricostruzione totale o parziale e sopraelevazione come riprenderò più avanti.

Tuttavia la Circolare Ministeriale LL.PP. n. 1820/1960 a tal proposito indica una definizione generale e perfino assorbente di tutte le altre, ovvero:

«Per trasformazione si intendono le modifiche strutturali effettuate all’interno del fabbricato.»

Sappiamo quindi che l’indicazione ufficiosa che circolava all’epoca fosse questa, cioè che individuasse lo spartiacque con l’esecuzione o interessamento delle parti strutturali degli edifici.

Effettivamente l’indicazione di prassi risulterebbe coerente con quanto ho potuto riscontrare nella mia attività professionale e dai tanti accessi agli atti svolti:

in quel periodo gli interventi di minore rilevanza e non incidenti la statica degli edifici, erano creduti in “edilizia libera”, diremmo oggi.

Se ci pensiamo bene, la successiva revisione delle categorie di intervento edilizio è avvenuta con la legge ponte n. 765/67 (senza cambiamenti eccessivi), mentre il vero cambio di passo è avvenuto con legge n. 10/1977 e legge n. 457/78.

Riporto anche le altre tipologie di intervento menzionate nella predetta Circolare ministeriale:

«Per ricostruzione si intende la riedificazione di un fabbricato avente una cubatura dello stesso ordine di grandezza di quello preesistente.»

«Per ricostruzione parziale si intende quel complesso di lavori di ricostruzione indispensabile per ripristinare uno o più alloggi o altri locali, utilizzando una parte importante della costruzione esistente. Per ampliamento si intende quel complesso di lavori che hanno l’effetto di ingrandire il fabbricato creando uno spazio supplementare.»

«Per sopraelevazione si intende un ampliamento della costruzione in senso verticale.»

Infine anche le modifiche dell’aspetto: difficile dire quale fosse il livello o spartiacque tale da far scattare la necessità di ottenere la licenza edilizia. Ritengo che il legislatore fascista del 1942 volesse in qualche modo tutelare quello che allora i regolamenti edilizi individuavano come “decoro architettonico” in rapporto allo spazio pubblico e/o alla visibilità pubblica.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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