Cambiamenti funzionali, sociali e tecnologici hanno svilito gli insediamenti antichi fino al degradoa
Lo sfruttamento intensivo del territorio potrebbe richiedere il piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata
Normalmente all’università chi studia un percorso di ingegneria e architettura si deve misurare con lo studio della legge n. 765/1967, meglio nota come “legge ponte”, uno dei tanti provvedimenti “correttivi” dell’urbanistica all’italiana.
Tra le pieghe di essa vi è l’articolo 17, che ha inserito l’articolo 41-quinques nella L. 1150/1942, contenente la seguente clausola generale quanto residuale nei confronti degli strumenti urbanistici comunali e applicabile in caso di interventi costruttivi ad alta densità edificatoria:
Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area edificabile, ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25, non possono essere realizzati edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti, se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi alla intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa.
La disposizione prevede una generale esclusione del regime di edilizia diretta a favore dello strumento urbanistico attuativo (piano particolareggiato o piano di lottizzazione convenzionata), in caso di superamento di uno dei seguenti parametri:
- indice edificabilità 3 mc/mq;
- altezze 25 metri;
Ciò significa che il soggetto interessato a fare questo tipo di interventi non può effettuarli “in edilizia diretta” col semplice ottenimento del permesso di costruire, bensì deve essere preceduto dai predetti strumenti urbanistici attuativi.
La ratio della citata disposizione dell’articolo 41-quinquies L. 1150/42 è chiaramente quella di impedire una edificazione “intensiva”, pur in astratto consentita dallo strumento generale, in carenza di un disegno urbanistico di dettaglio prestabilito e di adeguate garanzie che alla edificazione intensiva si accompagni la realizzazione delle necessarie opere di urbanizzazione primaria e secondaria; la previa redazione del piano particolareggiato garantisce in questa prospettiva sia l’esistenza di un valido disegno urbanistico che la certezza dei tempi di realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Peraltro tale norma è ritornata in auge anche dall‘inchiesta avviata sulla costruzione di alcuni grattacieli a Milano: tra i tanti motivi figura il (presunto) mancato rispetto di questa disposizione nazionale tuttora vigente in materia di altezze e densità edificatoria nei piani regolatori.
In effetti l’anzidetta disposizione contenuta ancora oggi nell’articolo 41-quinques L. 1150/42 fa “pandan” col proprio decreto attuativo, il famigerato D.M. 1444/1968. Però intendiamoci: il D.M. 1444/68 non sostituisce o supera questa disposizione, piuttosto la integra in una lettura complessiva.
L‘obbligo di assoggettare a pianificazione attuativa, o piano particolareggiato, la realizzazione di edifici ad alta densità insediativa costituisce un limite alla cosiddetta “edilizia diretta” e agli strumenti urbanistici comunali. Questo limite ha lo scopo di conciliare delicati interessi contrapposti:
- l’edificazione ad alto indice fondiario da parte del privato;
- un equilibrato assetto del territorio, costituito anche dalla adeguatezza degli standard urbanistici e dotazioni territoriali.
Riprendo anche quanto scritto in Cass. Civ. n. 1995/2020:
La disposizione era volta ad autorizzate la realizzazione di costruzioni con le altezze e le volumetria già consentite ai sensi dello strumento locale solo nel complesso di un più ampio assetto del territorio, allo scopo di subordinare lo sfruttamento intensivo del territorio all’elaborazione di un disegno urbanistico complessivo della zona, in modo che il processo edificatorio fosse visto nel suo insieme e fosse accompagnato dalla realizzazione delle necessarie opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nel quadro di una razionale distribuzione dei volumi (cfr., in senso testuale, Cons. Stato n. 635/1980).
Eccezione all’obbligo di piano attuativo in funzione dell’urbanizzazione circostante
La disposizione prevista dall’articolo 41-quinques L. 1150/42 si preoccupa principalmente di tutelare l’ordinato ed equilibrato assetto del territorio come regola generale, anche in presenza di strumenti urbanistici attuativi: l’obbiettivo è valutare l’adeguatezza o potenziamento delle urbanizzazioni e dotazioni territoriali, per garantire una migliore qualità insediativa.
Tale assoggettamento obbligatorio a piano attuativo/particolareggiato trova applicazione anche quando la zona è inedificata, ma anche urbanizzata. Tuttavia la giurisprudenza ha più volte affermato che:
“i limiti di cubatura di cui all’art. 41 quinquies cit. non si applicano nel caso di zone quasi completamente edificate”.
Nella stessa direzione si è espressa la giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato n. 2606/2001, n. 1/1999, n. 351/1992, n. 712/1991, n. 308/1985):
La necessità del piano di lottizzazione ai fini del rilascio delle concessioni di costruzione ai fini del rilascio delle concessioni di lottizzazione, se esula dalle situazioni di zone completamente urbanizzate, sussiste non soltanto nelle ipotesi estreme di zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle, intermedie, di zone parzialmente urbanizzate, nelle quali si configuri un’esigenza di raccordo col preesistente aggregato abitativo o di potenziamento delle opere di urbanizzazione, tenendo presente che per escludere l’obbligo della lottizzazione deve essersi verificata una situazione di pressoché completa e razionale edificazione, tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo.
L’esigenza di un piano attuativo quale presupposto per rilascio del permesso di costruire relativo a fabbricati si rende necessaria quando si tratta di asservire per la prima volta un’area non ancora urbanizzata, o per raccordarne l’edificazione al tessuto insediativo esistente, valutando la realizzazione o potenziamento di opere, urbanizzazioni e servizi necessari collettivi (vedi anche Consiglio di Stato Adunanza plenaria n. 18/1980, Adunanza plenaria n. 12/1992).
Sulle opportune modalità di valutare l’adeguatezza o potenziamento delle dotazioni territoriali e urbanizzazioni si rinvia a quanto scritto per i lotti interclusi in ambito già urbanizzato.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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