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Nel DPR 380/01 non viene prevista una procedura univoca per calcolare il contributo

Il Testo Unico Edilizia DPR 380/01 dispone l’assoggettamento al pagamento di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate dall’articolo 16. In particolare esso è previsto per gli interventi edilizi rilevanti e quelli comportanti/incidenti sul carico urbanistico insediativo.

Ci tengo a premettere che l’argomento è molto complesso, pertanto si rinvia a specifici approfondimenti e si adotta un approccio volutamente riduttivo.

Focalizziamo su una parte di questo contributo, cioè sulla quota parte relativa al costo di costruzione, tralasciando d’ora in avanti i più noti “oneri di urbanizzazione”.

Intanto si deve ricordare che tale contributo fu introdotto con la L. 10/1977 e relative modifiche, per essere poi traslato nel vigente articolo 16 e seguenti del DPR 380/01. Il riferimento generale era appunto il costo di costruzione riferito a nuovi edifici, sul quale iniziare a orientarsi; in tal senso in passato fu emanato apposito DM LLPP 801/1977. Tale competenza a determinare il costo di costruzione è stata trasferita alle Amministrazioni Regionali con L. 537/1993.

Sulla regolamentazione di questo contributo sul costo di costruzione sono intervenute anche le norme regionali, sopratutto per disciplinarlo negli interventi sul patrimonio edilizio esistente e ristrutturazioni, per cui in questo post si preferisce rimanere nel perimetro nazionale della norma.

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Determinazione del costo di costruzione e relativa quota oggetto di versamento

Il punto è che il DPR 380/01 non dispone un metodo e criterio di calcolo della quota del contributo relativa al costo di costruzione (quota, quindi una parte in termini percentuali), e delega ciò ai Comuni in tal senso col comma 3 art. 16 del TUE:

3. La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio, è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione.

Per quanto attiene invece la determinazione del costo di costruzione (e non della quota %), si ritiene utile riportare i commi 9 e 10 del medesimo articolo 16 TUE:

9. Il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell’art. 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l’edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione è adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell’intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.

10. Nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni.(comma così modificato dall’art. 17, comma 1, lettera g), legge n. 164 del 2014).

Parlando con vari colleghi e consultando diversi portali istituzionali, ho potuto riscontrare una mancanza di uniformità circa la determinazione del costo di costruzione, a cui dover applicare la relativa quota in termini percentuali; in particolare per mia esperienza ho visto applicare diversi metodi, fatti salvi gli altri eventualmente applicati in giro:

Perizia di stima del costo di costruzione, in forma giurata o asseverata

Ritengo che possa essere quella più vicina al reale costo dell’intervento edilizio assoggettato al pagamento del contributo sul costo di costruzione.

Il Tecnico abilitato redige una perizia da rendere in forma asseverata o giurata, nella quale stima e quantifica il costo dell’opera oggetto di intervento. Ho constato che la quantificazione dei costi richiesta al Tecnico viene richiesta con:

  1. computo metrico appoggiato a prezziario regionale vigente;
  2. stima sintetica utilizzando i costi relativi all’Edilizia Residenziale Pubblica, spesso in base ai rilevamenti ISTAT;
  3. versioni similari

Probabilmente quella più “macchinosa” ma puntualmente verificabile dalla PA e Tecnico è la prima (computo col prezziario regionale), ed è anche quella che ho riscontrato maggiormente.

Stima del costo di costruzione riferito all’intera unità immobiliare interessata

Questo metodo consiste nella quantificazione del calcolo del costo di costruzione riferito all’intera superficie dell’unità immobiliare oggetto di intervento. Il riferimento utilizzato spesso è un costo di costruzione “base” determinato e aggiornato annualmente dal Comune sulla base di apposita determina; in alternativa ho visto rinviare al costo di produzione massimi ammissibili per l’edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni (coerente con l’art. 16 TUE).

Finchè l’intervento coinvolge davvero l’intera unità immobiliare, cioè in nuove costruzioni o ristrutturazioni integrali, il criterio si può ritenere accettabile.

Tuttavia può diventare eccessivo quando applicato a una ristrutturazione conservativa e parziale dell’unità immobiliare; un caso estremo potrebbe essere una ristrutturazione leggera, senza demolizioni dell’edificio, dove si interviene in una sola stanza con contestuale modifica di prospetto (vedasi art. 22 c.1 DPR 380/01).

Si arriva cioè ad estendere la quantificazione del costo di costruzione all’intera unità immobiliare anche nei casi in cui la ristrutturazione edilizia (conservativa dell’edificio, senza demolizione) riguardi una limitata porzione ben localizzata dell’edificio e perfino della singola unità immobiliare.

Personalmente questo metodo non lo condivido molto.

Stima del costo di costruzione parzializzato alle sole stanze interessate dalle opere

Consiste in una varia più “mite” di quella precedente riferita all’intera superficie dell’unità immobiliare: il criterio di calcolo del costo di costruzione rimane invariato, tuttavia esso rimane circoscritto alle sole superfici delle stanze e porzioni interessate dagli interventi.

Un esempio potrebbe essere lo stesso accennato al precedente paragrafo, cioè di limitare il computo della superficie di riferimento alla stanza dove si apre una nuova finestra in regime di ristrutturazione edilizia “leggera” (art. 22 c.1 lettera c) del TUE).

Questo criterio riduce il possibile sbilancio tra effettivo costo di costruzione dell’opera e quello risultante dalla stima secondo i vari parametri imposti dalla P.A.

Conclusioni e consigli

In base a quanto già premesso, non si escludono altri e diversi metodi di calcolo del costo di costruzione applicati nei Comuni. Certamente i vari metodi di calcolo potrebbero apparire assai diversi, perfino tra Comuni confinanti.

Non sarebbe una cattiva idea uniformare il metodo di calcolo di questo contributo, almeno a livello regionale; potrebbe essere l’occasione anche per standardizzare e applicare lo stesso criterio, e ridurre anche il contenzioso che nasce sulla loro determinazione.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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