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In edilizia privata esistono tre specifici regimi di regolarizzazione degli abusi edilizi.

Si espongono in via sintetica, omettendo le eccezioni e riserve relative alla vincolistica e casi specifici, esponendo quindi i soli principi di fondo, omettendo inoltre la circostanza sull’obbligatorietà degli oneri concessori.

Esistono diversi strumenti di regolarizzazione del patrimonio edilizio, e in questo articolo vorrei distinguere le differenze tra quelli più conosciuti, oltre ad una modalità non prevista dalla normativa e per la quale la giurisprudenza in passato si è mostrata favorevole all’uso per poi dichiararla inutilizzabile.

  1. Condono Edilizio
  2. Sanatoria edilizia a regime ordinario
  3. Sanatoria “giurisprudenziale” o imperfetta.

1) Condono Edilizio

si tratta di un provvedimento normativo a carattere straordinario che consente la regolarizzazione di certi abusi che in via ordinaria non sarebbe mai possibile sanare; esso ha consentito la regolarizzazione di una ampia gamma di abusi, da quelli minori fino a quelli sempre più gravi e rilevanti, in particolare quelli che in nessuna ipotesi avrebbero potuto ottenere alcun tipo di sanatoria in quanto difformi agli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi (quest’ultimi contenenti prescrizioni assolute in ambito igienico sanitario e sicurezza, ecc).
Il Condono edilizio prevedeva il pagamento della c.d. oblazione, una sanzione in funzione dell’epoca di abuso e della sua quantitizzazione in termini volumetrici/superfici.

Il termine oblazione ricorda la parola latina oblatio, ovvero la possibilità di pagare in denaro l’indulgenza (perdono per certi peccati) nei confronti della Chiesa cattolica durante il Medioevo.
In Italia ci sono stati tre provvedimenti simili, ovvero il primo Condono che fu istituito con la L. 47/85; il secondo, che con la L. 724/94 consistette nella semplice riapertura dei termini del primo condono introducendovi alcune limitazioni volumetriche; infine l’ultimo condono edilizio L. 326/2003, a cui furono apportate diverse modifiche su base regionale in funzione del Titolo V della Costituzione.

2) Sanatoria a regime ordinario

Il Legislatore ha statuito una procedure valevole in regime ordinario fin dalla L. 47/85.
Essa consente la sanatoria degli abusi che rientrano in due casistiche:
– gli abusi doppiamente conformi agli strumenti/regolamenti urbanistici sia all’epoca dell’abuso che al momento della domanda di regolarizzazione. In tal caso le sanzioni sono applicate in misura meno pesante.
– gli abusi non doppiamente conformi ma che per comprovati/oggettivi motivi tecnici non possono essere rimossi senza penalizzare o compromettere pesantemente la parte legittimata dell’immobile (Es: una casa interamente costruita 30 cm più in alto rispetto al piano di campagna progettuale).
In quest’ultima ipotesi la sanzione necessaria per regolarizzare la parte abusiva a livello nazionale ammonta all’aumento di valore dell’unità immobiliare conseguita alla realizzazione degli interventi stessi determinato in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, e con riferimento all’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso.
Tale metodo di stima varia in ogni Regione, per esempio in Toscana il calcolo della sanzione si attesta al doppio dell’aumento del valore venale.

3) Sanatoria “giurisprudenziale” o imperfetta.

Da alcuni decenni si è fatta strada questa terza via di regolarizzazione per alcune tipologie di abusi, ed essa pur non essendo coniata dalla normativa si è creata dalla giurisprudenza amministrativa (TAR, Consiglio di Stato, ma anche dalla Cassazione).
Buona parte della casistica rientra nella legittimazione urbanistica di un abuso che rispetta il requisito di conformità solamente al momento della domanda di regolarizzazione stessa, e non anche della conformità alla normativa vigente all’epoca dell’abuso.
La sanatoria giurisprudenziale esisteva anche prima della L. 47/85, infatti molti provvedimenti e ricorsi amministrativi avevano in qualche modo fondato il suo impianto fondativo da decenni (CdS sez. V n. 9668 del 27/08/1996, CdS sez. V n. 168 del 14/03/1972, CdS sez. V n. 755 del 8/07/1977, CdS sez. V, n. 193 del 25/03/1986, (CdS sez. V, n. 238 del 15/02/1995, ecc).
Il fondamento, o ratio, che sottende la sanatoria giurisprudenziale risiede nella logicità, razionalità ed economicità delle azioni amministrative come previste dall’art. 97 della Costituzione.
Come dire: non emerge nessuna ragionevole utilità economica per nessun attore coinvolto dall’azione amministrativa eccessivamente squilibrata nei propri effetti ripristinatori.

Esempio pratico: la signora Marcella ha ereditato un’abitazione unifamiliare a un piano fuori terra e decide di venderla, incaricando un proprio Tecnico per avviare le verifiche urbanistiche; esso accerta un’altezza dell’edificio maggiorata di 20 cm, magari avvenuta contestualmente alla sua originaria realizzazione del 1976.
All’epoca dell’abuso il PRG comunale non consentiva in nessuna ipotesi l’altezza oggi maggiorata, ma il vigente PRG lo consente per vari motivi.
Applicando filologicamente la normativa vigente alla Signora Marcella non rimarrebbero che due possibilità:
– demolire la copertura per riabbassarla di 20 cm alla quota progettuale del 1976, spendendo una enorme somma di denaro;
– sanare l’addizione volumetrica abusiva pagando un’altrettanta somma di denaro in termini di sanzione per l’aumento del valore venale;

La ratio amministrativa in questi casi si esprime a favore della Signora Marcella, consentendo la terza possibilità: la sanatoria giurisprudenziale.
Infatti un tribunale amministrativo non avrebbe difficoltà a capire che l’addizione volumetrica risulta abusiva rispetto al progetto del 1976, ma per assurdo se ella avesse fatto ristrutturare oggi l’immobile per demolire e ricostruire la copertura 20 cm più in alto ( inserimento di un cordolo in cemento) avrebbe potuto legittimamente farlo nel rispetto del vigente PRG o delle NTC antisismiche.

I giudici amministrativi hanno espresso in più sentenze tale orientamento a non applicare una configurazione normativa eccessivamente sproporzionata e rigida nei confronti del cittadino.
In effetti l’applicazione filologica della normativa sarebbe kafkiana, aspetto a cui si assiste troppo spesso.

Tuttavia segnalo che la sanatoria giurisprudenziale non può essere utilizzata perchè si pone in contrasto con l’unica procedura di regolarizzazione a regime, cioè l’accertamento di conformità.

Concludiamo il seguente post segnalando anche un’interessante articolo correlato:

Proposta per una nuova “Sanatoria Giurisprudenziale” in edilizia

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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