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La norma sulla commerciabilità degli immobili ha subito modifiche nel tempo cambiando dettagli non trascurabili.

In sede di rogito notarile di compravendita la normativa ha imposto fin dalla L. 47/85 la menzione obbligatoria di certi elementi pena nullità dell’atto stesso.

Col tempo la norma su tale aspetto si è evoluta per gradi, in questo caso ho trovato interessante evidenziare le modifiche apportate dalla L. 662/96 sulla menzione dei condono edilizi in atto notarile di compravendita.

Stiamo quindi parlando dei casi in cui sugli immobili oggetti di compravendita siano pendenti domande di condono edilizio, cioè quelle inevase e per le quali non sono stati rilasciati i relativi titoli abilitativi in sanatoria, ovvero di Concessione/Autorizzazione edilizia in sanatoria.

Fin dalla sua prima stesura, l’art. 40 della L. 47/85 disponeva la nullità dell’atto di compravendita o l’impossibilità della sua stipula qualora non fossero dichiarati dal venditore gli estremi della domanda di condono edilizio, unitamente agli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate della relativa oblazione ex art. 35 del Condono edilizio.

In sostanza era sufficiente prova dell’avvenuta presentazione del condono e pagamento delle prime due rate, e tale disposizione è tuttora vigente in quella stessa forma (consulta qui).

Si rammenta che la domanda di condono è appunto… una domanda.

Con la legge 662/96 aumenta la restrizione sulle menzioni in atto di compravendita.

In particolare l’art. 2 comma 58 entra in merito e deve essere letto in maniera coordinata con l’art. 40 della L. 47/85 (Cass. Civ. n. 4671/2018).

Nel dettaglio viene disposto che:

Gli atti di cui al secondo comma dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aventi per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricati costruiti senza concessione edilizia sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultino gli estremi della domanda di condono con gli estremi del versamento, in una o più rate, dell’intera somma dovuta a titolo di oblazione e di contributo concessorio nonché, per i fabbricati assoggettati ai vincoli di cui all’articolo 32, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, introdotto dal comma 44 del presente articolo, l’attestazione dell’avvenuta richiesta alle autorità competenti dell’espressione del parere di cui alla citata disposizione. Verificatosi il silenzio assenso disciplinato dall’articolo 39, comma 4, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nei predetti atti devono essere indicati, a pena di nullità, i seguenti elementi costitutivi dello stesso: data della domanda, estremi del versamento di tutte le somme dovute, dichiarazione dell’autorità’ preposta alla tutela dei vincoli nei casi di cui al periodo precedente, dichiarazione di parte che il comune non ha provveduto ad emettere provvedimento di sanatoria nei termini stabiliti nell’articolo 39, comma 4, della citata legge n. 724 del 1994. Nei successivi atti negoziali e’ consentito fare riferimento agli estremi di un precedente atto pubblico che riporti i dati sopracitati. Le norme del presente comma concernenti il contributo concessorio non trovano applicazione per le domande di sanatoria presentate entro il 30 giugno 1987 (omissis).

La lettura coordinata comporta l’applicazione della prima disposizione ex L. 47/85, per quanto non diversamente e successivamente integrato dalla successiva L. 662/1996 (Cass. Civ. II 04671/2018).

Tale innovazione ha quindi ridotto il concetto di “commerciabilità provvisoria” di certi immobili, basati sulla semplice presentazione della domanda di sanatoria senza la relativa conclusione positiva. Lo scopo di questa innovazione normativa è quello di portare alla conclusione delle domande di condono inevase.

A nulla vale il fatto che vi sia stato già un atto traslativo precedente alla L. 662/96, redatto nel rispetto delle allora vigenti norme in tema di commerciabilità: in tal senso «ciò non esclude che, se esse vengano a mutare per effetto del sopravvenire di nuove norme, se ne debba tener conto nei successivi atti traslativi» (Cass. Civ. II. 4671/2018).

Dal 1996 occorre menzionare ulteriore elementi relativi alle domande di condono pendenti.

In estrema sintesi, qualora sull’immobile vi siano domande di condono pendenti e presentate ai sensi della L. 47/85 (quindi per tutti e tre i condoni edilizi), gli atti di cui al secondo comma dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, aventi per oggetto fabbricati o porzioni di fabbricati costruiti senza concessione edilizia sono nulli e non possono essere rogati se non sono menzionati:

  • estremi della domanda di condono (qui è invariato);
  • estremi degli avvenuti pagamenti dell’intera somma dovuta per oblazione;
  • attestazione avvenuta richiesta alle competenti autorità in caso di fabbricati soggetti ai vincoli di cui all’art. 32 L. 47/85 (es. Soprintendenze, Enti Parco, ecc): la questione potrebbe complicarsi quando i suddetti vincoli siano sopravvenuti rispetto alla domanda iniziale;
  • qualora si sia formato il silenzio assenso per presentazione di fabbricati soggetti ai vincoli ex art. 32 L. 47/85, nei casi e condizioni previsti dall’art. 39 comma 4 L. 724/1994, allora devono essere menzionati data della domanda, estremi versamenti di tutte le somme dovute, dichiarazione dell’autorità preposta alla tutela dei vincoli, dichiarazione del Comune che non ha provveduto ad emettere provvedimento di sanatoria nei termini dell’art. 39 c.4 L. 724/1994.

Poi sulla questione del silenzio assenso eventualmente formatosi sulle domande di condono, la questione diventa spinosa, in quanto devono esserci inconfutabilmente tutti i requisiti e presupposti previsti dalle norme. Per questo aspetto rinvio a apposito approfondimento.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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