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condono edilizio 47/85 vincolo paesaggistico

Alla Soprintendenza non spetta esercitare competenze riservate al Comune sulla vigilanza urbanistico-edilizia nel condono

Interessante la sentenza del TAR Salerno n. 2432/2024 che rimarca i limiti dei poteri concessi in materia di condono edilizio, visto che possono capitare “sconfinamenti” di competenze. E’ vero che anche le Soprintendenze hanno poteri di vigilanza in materia di tutela del territorio, ma esistono competenze ben precise: qualora siano riscontrate irregolarità edilizie, possono essere rilevate e segnalate all’ente pubblico competente.

La fattispecie prende in esame la definizione di due pratiche di condono edilizio per un ampliamento di alloggio al piano primo e una sopraelevazione senza titolo del secondo piano, presentate nel 1986, per le quali in sede di valutazione compatibilità paesaggistica la competente Sovrintendenza provinciale ha espresso il parere previsti dall’articolo 32 della L. 47/1985. La Soprintendenza ha espresso parere contrario in quanto ha ritenuto che «lo stato attuale dell’immobile sarebbe stato variato rispetto alle istanze di condono originariamente presentate: sarebbero state realizzate ulteriori opere, successive alle istanze di condono, ravvisate nella realizzazione di una scala a chiocciola esterna, in modifiche prospettiche con incremento di superficie del ripostiglio al piano terra, in modifiche prospettiche al primo piano, in modifiche prospettiche con incremento di superfici e di volumi dell’ambiente cucina al secondo piano. Le discordanze tra la documentazione grafica allegata all’istanza di condono e la documentazione attestante la consistenza attuale dall’edificio sarebbero state riconosciute dalla parte privata interessata che le ha ricondotte ad errori negli elaborati tecnici allegati alle istanze di condono, senza tuttavia dimostrare la corrispondenza dello stato attuale dell’immobile a quello esistente alla data di presentazione del condono. Al riguardo, la Soprintendenza aveva chiesto al Comune la trasmissione della documentazione fotografica, allegata alle domande, sullo stato dei luoghi al momento della richiesta di condono, ma tale documentazione fotografica è risultata assente nei fascicoli, come attestato dal responsabile comunale, pur trattandosi di documentazione fotografica obbligatoria per cristallizzare la consistenza immobiliare e delle opere abusive, al fine di evitare ulteriori modifiche o aggiunte. Le dichiarazioni sostitutive prodotte da terzi, attestanti la corrispondenza tra lo stato attuale del fabbricato e lo stato dello stesso alla presentazione dell’istanza di condono, non sono ritenute probanti. Pertanto, ha espresso parere contrario e si qualifica il parere come atto vincolato».

Il ricorso al TAR è stato effettuato per contestare l’eccesso di potere all’anzidetta Sovrintendenza, in quanto anziché valutare i profili paesaggistici delle opere oggetto della domanda, si sarebbe appropriata delle prerogative comunali, esprimendo valutazioni urbanistico-edilizie sulla difformità tra lo stato attuale dell’edificio e quello rappresentato nelle istanze di condono. La sentenza si è espressa a favore del cittadino, accogliendo il ricorso e stabilendo che a prescindere dalla realtà dei fatti, non spetta alla Sovrintendenza esercitare competenze riservate all’Amministrazione comunale, investita del potere di sorveglianza urbanistico-edilizia e competente all’istruttoria della domanda di condono sotto il profilo urbanistico-edilizio, acquisendo ogni elemento utile per accertare l’eventuale modificazione apportata alle opere edilizie dopo la presentazione della domanda di condono. La Sovrintendenza, da parte sua, avrebbe dovuto valutare la compatibilità con i vincoli paesaggistici delle opere abusive così come attualmente esistenti, al fine di esprimere il parere vincolante al riguardo. Non essendovi traccia nel parere impugnato di tali valutazioni, soffermandosi il parere esclusivamente sulle suddette questioni di procedibilità della domanda di condono, riservate alla competenza comunale, il parere deve essere ritenuto illegittimo.

Il caso è diverso invece da immobili abusivi incompleti situati in zona vincolata, per i quali sono necessarie ulteriori opere di completamento ai sensi dell’articolo 35 L. 47/85, e sui quali si è consolidata una giurisprudenza sfavorevole ad essi.

Come è noto, nelle procedure di condono per opere effettuate su aree sottoposte a vincolo, il potere consultivo di cui all’art. 32 della L. 47 /1985 ha ad oggetto non un immobile ancora da realizzare, per come fisiologicamente previsto dall’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004, ma un’opera edilizia, preesistente, realizzata senza titolo, della quale la Soprintendenza è tenuta a valutare la compatibilità paesaggistica (T.A.R. Lazio, Roma n. 1075/2022). La valutazione di compatibilità paesaggistica postuma, avendo ad oggetto opere abusive, ex se contrastanti con le previsioni urbanistico-edilizie comunali e che, come tali, hanno già, in qualche misura, inciso sul bene giuridico “paesaggio”, presuppone l’attuazione di un’istruttoria ponderata e puntuale, compendiata in adeguato corredo motivazionale, finalizzata ad accertare se, specie a fronte di interventi edilizi datati, gli stessi possano ritenersi compatibili con il contesto circostante, per come modificatosi nel tempo e, quindi, per come appare all’Amministrazione nel momento dell’esercizio del potere (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II quater, 14/10/2023, n. 15252). Nel caso specifico, il parere reso dalla Soprintendenza non si è espresso sulla compatibilità paesaggistica dell’immobile abusivamente modificato, ma si sofferma su considerazioni attinenti ai profili urbanistico-edilizi che, ad avviso della Soprintendenza stessa, impedirebbero il condono delle opere. Ancorché sostanzialmente corretto, e con riserva di verifiche da parte del competente ufficio tecnico comunale, la Soprintendenza non può esprimersi su questi profili, al massimo avrebbe dovuto formulare dovute osservazioni al predetto ufficio comunale affinché avviasse opportuni approfondimenti (magari sfuggiti in base di istruttoria).

Sotto questi profili, non vi è dubbio che la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, i quali, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi. Gli immobili condonati, pertanto, non possono costituire la base per successivi ampliamenti o ristrutturazioni; d’altra parte, v’è anche la necessità di preservare lo stato originario delle opere oggetto di condono, per consentire all’Amministrazione di accertare la sussistenza delle condizioni di ammissibilità e di concedibilità del beneficio, oltre che per valutare l’effettiva natura e portata dell’intervento da condonare (Cons. di Stato 10172/2023, n. 6114/2022; cfr. anche Cons. giust. amm. Sicilia n. 228/2024, per cui l’art. 35 della L. n. 47/1985 sul condono richiede che non venga mutato lo stato dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la realizzazione di opere aggiuntive, ciò facendo venire meno la continuità tra vecchia e nuova costruzione e l’attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell’istanza di condono; v. inoltre Cons. di Stato n. 8713/2023 e T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 16/02/2023, n. 378, per cui, in linea di principio, è tassativamente impedita la prosecuzione dei lavori e la modificazione dello stato dei luoghi su un immobile per il quale pende istanza di condono, se non con l’osservanza delle cautele previste dalla legge).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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