Comune non poteva certificare Agibilità con illegittimità edilizie, ma Salva Casa ha disciplinato l'argomento
Lo Stato legittimo dell’immobile deriva dai titoli edilizi ordinari e da quelli rilasciati in sanatoria
La definizione contenuta nel comma 1-bis art. 9-bis del DPR 380/01, introdotta col D.L. 76/2020 “Decreto Semplificazioni” pone fine anche a una diatriba sui titoli abilitativi edilizi.
Per molto tempo qualcuno ha ritenuto che gli immobili regolarizzati con domande di condono edilizio o accertamento di conformità in sanatoria non fossero dotati del pieno Stato legittimo.
Per dirla meglio il rilascio di concessioni edilizie, autorizzazioni edilizie e permessi di costruire in sanatoria non chiudeva del tutto il passato degli illeciti edilizi; per molto tempo alcuni operatori (enti pubblici in particolare) hanno ritenuto che su questi edifici rimanesse una specie di cartellino rosso, una macchia indelebile che avrebbe precluso l’accesso a interventi sistematici e rilevanti.
E molto spesso questo tipo di impostazione l’abbiamo trovata riscontrata negli strumenti urbanistici comunali (Piani Regolatori) e nei regolamenti edilizi comunali. Si trovavano spesso discipline di trasformazione differenziate e limitanti per immobili regolarizzati con condoni e sanatorie edilizie.
INDICE:
- le restrizioni comunali su immobili condonati
- Condono edilizio e sanatoria, interventi legittimanti
- Stato legittimo degli immobili, con o senza condono?
Anche gli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi comunali possono prevedere restrizioni in base al Condono
Fino a tutti gli anni Novanta si era manifestata una specie di “moralismo edilizio” contro questi immobili condonati: come se fosse una discriminazione posteriore al fatto che “lo Stato non è riuscito a impedirti l’abuso, ma io Comune ti aggiungo una punizione postuma“.
Tuttavia si veniva a creare davvero una irragionevole discriminazione tra proprietari di fabbricati condonati e quelli di fabbricati non condonati (Corte Costituzionale, sentenza n. 238/2000)
Per esempio mi colpì molto un articolo di un Regolamento edilizio comunale che poneva norme restrittive alla demolizione e ricostruzione parziale o integrale del manufatto condonato, condannandolo di fatto al puro mantenimento in opera, negando ogni possibilità di rigenerazione o riqualificazione anche per motivi strutturali antisismici.
Il concetto vale anche per le restrizioni e limitazioni inserite negli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi comunali: essi non possono inserire limitazioni di intervento e restrizioni al riutilizzo in funzione della passata condizione di illegittimità, poi regolarizzata.
Suggerisco anche questo approfondimento sui PRG con restrizioni verso immobili condonati.
In questo senso il principio che leggerai sotto, si applica anche alle norme secondarie, come confermato dalle sentenze del Consiglio di Stato n. 5358/2016.
Condono edilizio e sanatoria edilizia, sono procedure che legittimano l’intervento illecito
Il loro rilascio porta l’immobile da una situazione di Stato illegittimo di conformità urbanistica ad una situazione di pieno Stato legittimo immobiliare (vedi art. 9-bis TUE).
Lo dice perfino la Corte Costituzionale in due sentenze, la n. 238/2000 e n. 529/1995; la prima sentenza dichiarò incostituzionale una parte dell’art. 8 c.7 L.R. Umbria n. 53/1974 (modificato dalla LR 31/1997) in quanto poneva restrizioni di intervento agli immobili condonati rispetto a quelli legittimati coi titoli edilizi ordinari.
Estratto dalla sentenza Corte Costituzionale n. 238/2000:
3. – Al contrario, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 529 del 1995), la privazione della possibilità (in via assoluta e generale, senza alcuna valutazione di compatibilità concreta, circa il modo e l’entità degli interventi, con le esigenze di tutela ambientale e – si può aggiungere – anche urbazistica) per il titolare del diritto di proprietà su ai un immobile, di procedere ad interventi di manutenzione, aventi quale unica finalità la tutela della integrità della costruzione e la conservazione della sua funzionalità, senza alterare l’aspetto esteriore (sagoma e volumetria) dell’edificio, rappresenta certamente una lesione al contenuto minimo della proprietà. Infatti l’anzidetto divieto incide addirittura sulla essenza stessa e sulle possibilità di mantenere e conservare il bene (costruzione) oggetto del diritto, producendo un inevitabile deterioramento di esso, con conseguente riduzione in cattivo stato e un progressivo abbandono e perimento (strutturale e funzionale) del medesimo.
Deve, pertanto, escludersi la legittimità di una disposizione che comporti per il proprietario, ancorché non espropriato della titolarità, uno svuotamento del contenuto del suo diritto nel modo più irrimediabile e definitivo, e cioè con graduale degrado e perimento del bene (costruzione) ed una progressiva inutilizzabilità e distruzione dell’edificio, in rapporto alla destinazione inerente alla sua natura (conforme a licenze, concessioni e autorizzazioni ancorché in sanatoria).
Si tratta in ogni caso di edifici legittimamente esistenti e ovviamente regolarmente assentiti (fin dall’origine o con valido condono in sanatoria non oggetto di successivi interventi repressivi o di annullamento) dal punto di vista urbanistico o sotto il profilo di speciali vincoli (assistiti da specifiche autorizzazioni e pareri ove richiesti: sentenza n. 529 del 1995).
Il principio si è mantenuto anche successivamente, in tal senso suggerisco Consiglio di Stato n. 5358/2016, CdS n. 362/2014, TAR Latina n. 362/2014, TAR Genova n. 603/2010.
Stato legittimo degli immobili, con o senza condono?
Il comma 1-bis dell’art. 9-bis DPR 380/01 è stato aggiunto col D.L. 76/2020, e va a chiudere anche questo dilemma del passato:
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.
Senza dubbio adesso emerge il principio che il titolo abilitativo edilizio è un titolo legittimante. E con questa forma non emerge una differenza tra titoli rilasciati in sanatoria da quelli ordinari.
Infatti nel primo periodo di questo comma c’è una doppia distinzione inclusiva.
Lo stato legittimo è quello stabilito dal titolo abilitativo che:
- ha previsto la costruzione;
- o che ne ha legittimato l’intero immobile;
Lo stesso discorso vale anche per interventi parziali successivi all’intera costruzione del manufatto. Pertanto adesso abbiamo la definizione che toglie qualsiasi dubbio.
Non si può affermare la stessa cosa invece per gli immobili che sono stati oggetto di “fiscalizzazione”, cioè di sanzione pecuniaria pagata per evitare la demolizione dell’opera illecita, di cui offro molti approfondimenti da leggere.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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