La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
Esclusa la possibilità di sanatoria parziale perchè la costruzione deve essere valutata in senso complessivo e non per single parti considerate autonomamente.
Il normale regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere aggirato suddividendo o frazionando l’attività edificatoria globale in singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale.
Ipotizziamo per esempio che nel corso del tempo siano stati effettuati diversi illeciti edilizi, a più fasi o più riprese, stratificati tra di loro; oppure cerchiamo di ipotizzare che una data configurazione illecita dell’immobile si possa asseritamente “scorporare” in diverse categorie di intervento edilizio riferite all’articolo 3 D.P.R. 380/01.
In entrambe le situazioni il nostro attuale ordinamento non ammette la cosiddetta “parcellizzazione” dell’intervento edilizio, in quanto l’opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti (Cass. Pen. n. 36772/2021, n. 30147/2017, n. 5618/2011, n. 15442/2014, n. 4048/2002).
Lo stesso approccio applicato al regime edilizio ordinario e di sanatoria edilizia ordinaria, vale anche per il regime straordinario di Condono Edilizio.
In definitiva, per individuare la corretta categoria di intervento relativa ad un insieme di opere è necessaria una valutazione complessiva, applicando anche il criterio di “assorbenza nella categoria superiore”.
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Divieto di Condono edilizio “parziale” per opere plurime
Anche nelle pratiche di condono edilizio possono presentarsi relative a diversi illeciti edilizi compiuti nel tempo, ed è per questo che bisogna porsi il corretto approccio di valutare complessivamente la configurazione dell’immobile. Se guardiamo bene, è proprio l’approccio richiesto anche dalla normativa recentemente introdotta dal D.L. 76/2020 sullo Stato Legittimo dell’immobile.
Anche la giurisprudenza amministrativa risulta coerente con l’impossibilità di scindere, partizionare o scorporare gli interventi illeciti nei casi di Condono edilizio.
Il principio ormai consolidato e pacifico in materia di condono afferma che “tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto, non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa (cfr. Cass., sez. III, n. 4752/2018, Cons. di Stato n. 7922/2023, n. 2768/2022, n. 4033/2018).
Tale principio è tra quelli che obbliga la valutazione unitaria e complessiva degli abusi edilizi oggetto di condono quando vi siano, ad esempio, i limiti volumetrici di 750 metri cubi imposti dal secondo e terzo condono, rispettivamente L. 724/94 e L. 326/03. Questo criterio è stato già ampiamente dibattuto e chiarito pure nella sentenza di Corte Costituzionale n. 302/1996.
Per cui non risulta ammissibile nessuna ipotesi di “parzializzazione” della domanda di condono; il vero problema nasce quando invece si sono stratificati domande di condono legati alle tre diverse norme, cioè dove si sono sommati nel tempo abusi su situazione già abusiva. Lì bisogna comportarsi con altro approccio.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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