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Dal 1999 il Consiglio di Stato ritiene necessario il parere anche per gli abusi effettuati prima del vincolo sopravvenuto ad essi

Portiamo indietro le lancette dell’orologio in un caso di condono edilizio in cui anni dopo vede applicare un vincolo postumo alla sua domanda inevasa

In un’Italia intrisa di vincoli paesaggistici e urbanistici può benissimo accadere che di fronte ad una domanda di condono presentata nel lontano 1985, relativa ad abusi edilizi perfino anteriori al 1967, possa diventare difficile ottenere la sanatoria a causa di un vincolo intervenuto pochi anni fa.

Ovviamente, ciò riguarda una domanda di condono inevasa, cioè “dormiente” negli uffici comunali per oltre trent’anni principalmente a causa dell’inerzia degli interessati.

In casi simili, nel momento in cui la domanda viene ripresa in istruttoria e riavviata ad un esame per la sua conclusione, il soggetto interessato avrà una certa sorpresa: scoprirà infatti che dovrà ottenere un parere, previsto dall’art. 32 della L. 47/85, emesso dall’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Tutto ciò anche se la domanda, con tutti i necessari presupposti rispettati, è stata presentata assai prima.

L’obbligo della pronuncia dell’Autorità preposta sussiste al momento in cui deve essere assunta la decisione sulla domanda di sanatoria e non all’epoca di presentazione della stessa.

Quanto sopra è stato ribadito con sentenza n. 4638/2016 emessa dalla IV sezione del Consiglio di Stato, che ricalca a piene mani quanto già statuito dallo stesso istituto con Adunanza Plenaria 22 luglio 1999 , n. 20, ovvero che:

«Ai fini del rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, il parere – previsto dall’art. 32 l. 28 febbraio 1985 n. 47 – dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, è necessario con riferimento all’esistenza del vincolo nel momento in cui deve essere valutata la domanda di condono; tale obbligo sussiste quindi anche per le opere eseguite prima che il vincolo sia stato apposto”».

Era dunque necessaria una valutazione della compatibilità delle opere, comunque abusive, con l’assetto del territorio conformato dal vincolo.

Nel caso in cui il vincolo sia successivo, deve essere comunque accertata la compatibilità delle opere con il contesto seguendo una precisa e dettagliata istruttoria procedurale, che invece non deve essere assolutamente omessa dall’organo comunale.

Il vincolo sopravvenuto al Condono è sempre più frequente in molte parti d’Italia

Ti propongo una sintesi in questo breve video pubblicato su YouTube:

In sostanza, l’autorità preposta al vincolo, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 deve esprimere non una valutazione di conformità delle opere alle relative prescrizioni, trattandosi di un vincolo non esistente al momento della loro realizzazione, ma comunque un parere positivo di compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio abusivo (Cons. di Stato VI n. 01941/2016).

La sopravvenienza di un vincolo quindi può diventare un temibile ostacolo per raggiungere il tanto agognato permesso di costruire in sanatoria, motivo per cui è consigliato chiudere quanto prima le domande dormienti per non correre eventuali rischi.

Infatti, non è neppure tanto remota la probabilità che la domanda di condono possa essere negata per parere negativo della sola autorità preposta a tutelare il vincolo.

Come già scritto in passato: il condono è una domanda, e non una risposta. E non è neppure un diritto acquisito per l’eternità.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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