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Occorre valutare la rilevanza di omissioni e inesattezze riscontrate nell’istanza di condono per ritenerla dolosamente infedele

Come tutte le richieste di titoli autorizzativi o abilitativi, anche quella del Condono Edilizio è soggetta al rispetto della veridicità e rispondenza delle informazioni rese.

L’ottenimento di vari benefici tramite provvedimento autorizzativo della P.A. è condizionato alla veridicità, ed è altrettanto controbilanciato nel punire il soggetto che fornisce informazioni non veritiere, facendolo decadere dai benefici.

Questo è il principio pressoché generale, ma il legislatore per il Condono Edilizio della L. 47/85 ha ricalcato il concetto al comma 1 articolo 40:

Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all’art. 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione dovuta.

La procedibilità e rilascio favorevole del provvedimento di condono edilizio ai sensi della Legge n. 47/1985 è condizionato alla correttezza e veridicità delle informazioni, circostanze e rappresentazioni depositate.

Chiaramente essendo state depositate oltre trent’anni fa, cioè quando il quadro normativo, la sensibilità e la strumentazione tecnica era incomparabile a quella di oggi, possono contenere informazioni o rappresentazioni grafiche errate.

Volendo fornire altre attenuanti generiche, molte istanze di condono furono depositate generalmente in fretta a furia per cercare di rispettare i termini di scadenza (puntualmente prorogati più volte), e per sopperire alla gigantesca richiesta di regolarizzazione immobili.

I colleghi più anziani mi hanno raccontato che in certi casi la domanda di condono andava presentata alla svelta, al punto che alcune furono compilate sulla base delle indicazioni e informazioni fornite dai proprietari. Figurarsi se avevano il tempo e possibilità di fare le odierne verifiche di Stato Legittimo e relativi accessi agli atti.

E’ pur vero che c’è errore ed errore, pensiamo a quelli allora ricorrenti nei rilievi architettonici e nelle relative rappresentazioni grafiche. Errori di quotature, discrepanze di rappresentazione tra piante e prospetti, e via dicendo.

Quindi, non tutti gli errori possono configurare domanda presentata dolosamente infedele: infatti il termine “dolosamente” presuppone un intenzione del richiedente, consapevole di non avere tutti i presupposti oggettivi e soggettivi per accedere ai benefici del Condono.

Ecco perchè ormai in quasi tutti i Comuni è pacificamente accettata la prassi di rettificare formalmente e sostanzialmente le istanza di condono edilizio, compreso anche quelle già rilasciate, previa adeguata dimostrazione.

Vediamo allora il criterio spartiacque utile per distinguere gli errori materiali rettificabili del Condono edilizio rispetto a quelli inquadrabili per infedeltà dolosa.

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Il presupposto di validità della domanda di condono edilizio L. 47/85

Tralasciamo un attimo l’argomento facilmente estendibile anche ai due successivi provvedimenti normativi di sanatoria edilizia straordinaria (L. 724/94 e DL 269/03).

Partiamo dal principio fondamentale ricavabile dall’articolo 40 c.1 L. 47/85, collegato al possibile esito negativo dell’istanza e conseguente applicazione del vigente regime repressivo sanzionatorio:

la domanda si considera dolosamente infedele a causa della rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate.

Tutto ruota attorno al concetto di “rilevanza” relativa alle:

  1. omissioni: informazioni/rappresentazioni mancanti e omesse
  2. inesattezze: informazioni/rappresentazioni presenti, ma non corrette o congruenti con altre;

Da questo tipo di inquadramento dovrà emergere la chiara volontà dolosa del richiedente, cioè la consapevolezza di voler giungere a dei benefici altrimenti non spettanti.

Ciò significa che non tutte le inesattezze e omissioni riscontrate dalla P.A. possono comportare diniego all’istanza, o possibilità di annullamento dopo il suo rilascio.

Infatti la concessione edilizia in sanatoria ottenuta grazie a elementi non veritieri e falsa prospettazione dei fatti, può essere annullata anche a distanza di anni, e non consentono di configurare una posizione di legittimo affidamento; al contrario, essi legittimano l’amministrazione a limitare l’onere motivazionale alla dedotta falsità non sussistendo un interesse privato meritevole di tutela da porre in comparazione con quello pubblico (comunque sussistente) al ripristino della legalità violata (Cons. di Stato n. 4959/2022, Consiglio di Stato, Ad. Plen. 8/2017).

In materia di condono edilizio la formazione del silenzio assenso per decorso del termine di ventiquattro mesi, postula che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti di accoglibilità, non determinandosi ope legis la regolarizzazione dell’abuso, in applicazione dell’istituto del silenzio assenso, ogni qualvolta manchino i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla norma quando la documentazione allegata all’istanza non risulti completa ovvero quando la domanda si presenti dolosamente infedele (Cons. di Stato n. 7543/2022, n. 209/2021).

Ed ecco che allora la P.A. dovrà valutare entità e grado di rilevanza di omissioni o inesattezze.

Esempi di istanza dolosamente infedele

Nella categoria di istanze di condono suscettibili di diniego (o annullamento in caso di rilascio) per infedeltà dolosa vi rientrano quelle basate su false attestazioni.

In altre parole sono tutti quei casi in cui viene attestata la sussistenza di un requisito di accesso al condono, non corrispondente a verità.

Ad esempio potrebbero rientrarvi:

  • documentazione fotografica viziata o contraddetta da altre documentazioni probanti, vedasi aerofotogrammetria
  • epoca realizzazione abuso successiva a quella ammessa al Condono;

Secondo la giurisprudenza, l’indicazione di una data di ultimazione delle opere diversa da quella successiva effettiva, finalizzata proprio al conseguimento indebito del titolo edilizio sanante, configura una fattispecie macroscopica e radicale di dolosa infedeltà (nel senso che addirittura già l’omissione della data di ultimazione delle opere integri dolosa infedeltà vedi Cons. di Stato n. 5336/2013, n. 4011/2009).

La giurisprudenza ha costantemente affermato che costituisce domanda dolosamente infedele, tale quindi da comportare il diniego di condono edilizio, quella che “presenti inesattezze ed omissioni tali da configurare un’opera completamente diversa per dimensione, natura e modalità dell’abuso dall’esistente, purché tale difformità risulti preordinata a trarre in errore il Comune su elementi essenziali dell’abuso” (da ultimo Cons. di Stato n. 528/2023, n. 5927/2021; n. 5201/2021, n. 4399/2018).

In linea generale va rilevato che la domanda di condono, attesa l’eccezionalità della misura, richiede inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto da sanare; la prova non può che essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi e non di parte (cfr. Consiglio di Stato n. 4959/2022, n. 2524/2020).

Tutto ciò è coerente con la scelta di politica legislativa adottata in materia di sanatoria degli abusi edilizi che, se da un lato, prevede una deroga alla disciplina edilizia, dall’altro richiede per la sua attuazione – sulla base dei canoni di buona amministrazione – che la deroga sia consentita in quelle ipotesi in cui vi sia la certezza delle opere realizzate sulla cui realizzazione, invero, l’ente locale avrebbe dovuto vigilare (Consiglio di Stato n. 4959/2022).

Conclusioni e consigli

Sia nei casi di conclusione di istanze pendenti di condono, ma anche per quelli rilasciati, si rende necessario approcciarsi col criterio dello Stato Legittimo dell’immobile coniato col DL 76/2020 e inserito nel DPR 380/01 all’articolo 9-bis comma 1-bis.

In altre parole è opportuno accertare con precisione se le istanze di condono edilizio siano state elaborate correttamente, e siano dotate di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi di accesso alla L. 47/85.

Stesso discorso, come già detto, vale anche per i condoni edilizi emanati successivamente.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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