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La procedura della sanatoria speciale è condizionata alla permanenza dell’immobile da regolarizzare.

Molte pratiche di condono edilizio sono state presentate decenni fa, e ciò possiamo dirlo in riferimento a tutti e tre i provvedimenti straordinari di sanatoria edilizia, cioè quelli emanato con L. 47/85, L. 724/94 e L. 326/03.

Risultano esserci ancora moltissime istanze di condono edilizio inevase, cioè mai esaminate dalla Pubblica Amministrazione, e molto spesso a causa dell’inerzia dei soggetti interessati alla loro conclusione (proprietari, ndr).

Forse qualcuno di questi proprietari pensa di considerare la domanda aperta del condono edilizio una sorta di “carta jolly” con cui effettuare ulteriori opere abusive, da regolarizzare in un futuro momento opportuno.

Poi ci sono quelli che hanno presentato la domanda di condono edilizio in passato depositando documentazione fotografica ed elaborati grafici, e dopo ciò hanno effettuato interventi edilizi postumi. Tali interventi posteriori possono essere effettuati secondo due regimi:

  • Con regolari titolo abilitativi, pratiche e comunicazione previste dalle norme sopravvenute;
  • In assenza di titolo e permessi vari;

In entrambe le ipotesi, l’esecuzione di opere postume alla domanda di condono edilizio inevasa compromette il rilascio positivo della stessa istanza.

L’esecuzione di opere postume incide sulla riconoscibilità degli abusi oggetto di condono.

Esiste infatti un fermo principio per cui è preclusa l’esecuzione di interventi modificativi della consistenza materiale del manufatto oggetto di condono, in quanto la normativa sul condono edilizio postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, nuove opere ad eccezione di quelle dirette a garantirne l’integrità e la conservazione (Cons. di Stato n. 4743/2020, n. 1929/2020 e 470/2020 ).

Durante il periodo della pendenza della domanda di condono non è consentito alcun intervento modificativo della consistenza materiale del manufatto edilizio che ne è oggetto, pena il diniego e archiviazione della domanda di condono (Cons. di Stato n. 470/2020).

L’esecuzione interventi edilizi potrebbe infatti incidere negativamente perché fanno venire meno l’oggetto del condono: la normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare, senza ammettere ulteriori opere aggiuntive (Cons. di Stato n. 4386/2014).

Infatti l’onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la domanda, dal momento che solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto; in difetto di tali prove, resta integro il potere dell’Amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso (Cons. di Stato n. 470/2020, n. 1837/2020, 4703/2017).

Interventi ammessi o meno su immobili oggetto di istanza di condono pendente.

Il notevole lasso di tempo trascorso dalla presentazione della domanda di condono può rendere necessario interventi di manutenzione sulle opere o immobili oggetto di regolarizzazione.

Tuttavia gli interventi postumi alla domanda del condono inevasa non sono ammessi perché incidono sulla loro sostanza e pregiudicano una loro valutazione da parte della P.A. preposta all’istruttoria, in quanto essa deve accertare veridicità e consistenza di quanto oggetto di regolarizzazione.

Ed ecco perché in attesa della definizione del condono edilizio possono essere effettuati soltanto interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, purché gli stessi non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d’uso dell’immobile (Cons. di Stato n. 470/2020, n. 4397/2019, n. 5248/2018, n. 2738/2018).

Ad esempio la sostituzione dei materiali di costruzione impiegati sulle parti oggetto di condono, diversi da quelli originari, supera il concetto di conservazione dell’opera e interrompendo la continuità tra la situazione oggetto di condono e quella attuale. In questo caso infatti si inciderebbe sulla riconoscibilità del manufatto originari (Cons. di Stato n. 2738/2020, n. 4386/2014, n. 6550/2008). Ad esempio anche l’accertamento della datazione dell’opera potrebbe divenire più difficoltosa.

Per questo ritengo sia consigliabile una certa prudenza, evitando interventi di qualsiasi tipo su manufatti oggetto di condono edilizio (idem dicasi per l’accertamento di conformità), limitandosi davvero a fare solo mere opere conservative di manutenzione ordinaria. Sconsiglio anche di confidare sulla presunta formazione del Silenzio assenso sul condono, per i motivi descritti nell’apposito articolo.

La questione diventa ancora più rilevante se la domanda di condono riguarda opere effettuate su immobili sottoposti a vincoli di vario tipo.

Il rischio infatti è che la domanda di condono edilizio possa essere respinta, e di vedere pure dichiarare illecite le opere compiute posteriormente anche con pratiche edilizie.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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