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La richiesta di condono può essere negata se il richiedente non risponde alle richieste di integrazione entro i termini, e ciò apre scenari incerti sulle svariate istanze di condono ancora pendenti e magari già integrate.

Per quanto riguarda in particolare i cosiddetti provvedimenti di Secondo e Terzo Condono edilizio, rispettivamente L. 724/1994 e L. 326/2003 esiste una possibilità di diniego alla domanda per mancato o errato adempimento alle richieste di integrazioni dal Comune.

Diciamo pure che il legislatore, poco tempo dopo l’emanazione del Secondo Condono ex L. 724/1994 ha voluto aggiungere restrizioni per evitare l’eccessiva dilatazione temporale per chiudere i procedimenti, con L. 662/96 articolo 2 comma 37 lettera d).

Non contento, è tornato ad estendere queste restrizioni perentorie di nuovo con legge 449/1997 articolo 49 comma 7 ultimo periodo. Ma vediamo di analizzare meglio di seguito.

La buona notizia è che per le istanze di condono presentate con la L. 47/85, qualora adeguatamente integrate anteriormente a questa disposizione restrittiva, essa non trova applicazione.

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Condono improcedibile per errata o tardiva integrazione documentale

La legge 662/1996, con l’articolo 2 comma 37 lettera d), nel modificare l’art. 39 comma 4 della L. 724/94, ha introdotto tra le cause di improcedibilità e diniego delle domande di condono il tardivo deposito dell’integrazione documentale oltre novanta giorni dalla espressa richiesta notificata dal Comune:

«la mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal Comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione».

Il termine è da considerare perentorio, come anche confermato dalla sentenza di Consiglio di Stato n. 5768/2023 («comporta l’applicazione del termine perentorio di cui al richiamato comma 4 dell’art. 39»).

Peraltro la stessa L. 662/96 articolo 2 comma 38 intende precisare che l’inserimento del nuovo termine di novanta giorni relativo alla mancata presentazione dei documenti, trova applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa legge:

I termini di uno o due anni di cui all’articolo 39, comma 4, quarto periodo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le disposizioni di cui al penultimo periodo del comma 4 dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni, introdotte dal comma 37, lettera d), del presente articolo, relative alla mancata presentazione dei documenti, si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. (omissis)

La stessa causa di improcedibilità si applica anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi del cosiddetto Terzo e ultimo Condono edilizio, il quale richiama le stesse procedure di cui alla l. 47/85 e alla l. 724/94 tramite il rinvio di cui al comma 25 dell’art. 32 D.L. 269/2003 convertito con modifiche in legge n. 326/2003 (vedi anche Consiglio di Stato n. 8594/2023).

Infine la predetta causa di improcedibilità invece trova applicazione anche per le istanze di Condono edilizio presentate col Primo condono L. 47/85, in base ad una successiva disposizione retroattiva introdotta con Legge 449/1997 articolo 49 comma 7 ultimo periodo, che riporto integralmente, praticamente un ripensamento postumo:

Le disposizioni di cui al penultimo periodo del comma 4 dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come modificato dal decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, introdotte dall’articolo 2, comma 37, lettera d), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, relative alla mancata presentazione dei documenti, si applicano anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per cui non sia maturato il silenzio assenso a causa di carenza di documentazione obbligatoria per legge.

Quindi per le vecchie istanze già presentate ai sensi del Primo Condono L. 47/85 la disposizione retroattiva sulla mancata integrazione non troverà applicazione nei casi in cui la domanda abbia raggiunto il grado di completezza documentale, formale e sostanziale, praticamente pronta per il rilascio si potrebbe dire.

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Sulla questione il Consiglio di Stato si è espresso nuovamente con sentenza n. 8594/2023, confermando i principi e termini analizzati, e meglio dettagliati di seguito.

Peraltro la sentenza ha chiarito pure che la richiesta documentale non poteva essere ulteriormente reiterata, al contrario di quanto sostenuto dalla parte appellante, laddove fa riferimento alla necessità di ulteriori contestazioni circa la completezza della documentazione trasmessa; come si può evincere da essa, nella richiesta di integrazioni inviata è stato chiaramente rappresentato che tutti i documenti richiesti dovessero essere trasmessi nel termine assegnato (novanta giorni), pena l’improcedibilità della domanda.

Di conseguenza comporta improcedibilità e diniego alla domanda di Condono presentato ex L. 724/94 e L. 326/03, una integrazione documentale avvenuta oltre il termine di novanta giorni dalla richiesta notificata al soggetto richiedente, anche in modalità “parcellizzata” a più riprese”.

Lo stesso dicasi anche per la casistica di risposta integrativa “parziale” alle richieste di integrazioni inviate dal Comune, perchè la tassatività e la rigidezza della disposizione non ammettono rimedi o integrazioni all’integrazione già presentata. O si fa giusta alla prima, o diventa un problema.

Questa normativa, nel prevedere espressamente la richiesta di integrazione documentale, ha disciplinato positivamente la materia, indicando una precisa tempistica, così dando la possibilità al privato di integrare la documentazione entro un termine ragionevolmente congruo, bilanciando le esigenze del richiedente il condono con quelle dell’azione amministrativa. Ciò, tuttavia, non significa che in precedenza l’inottemperanza alla richiesta di integrazione documentale potesse lasciare la situazione procedimentale pendente sine die, sospendendo l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sulle istanze del privato (Cons. di Stato n. 16/2022)

La mancata presentazione o di integrazione tardiva oltre tale termine è sufficiente per negare la domanda, motivata dal semplice fatto di carenza documentale.

In tal caso diviene pure inutile il proseguimento dell’istruttoria anche per questioni di inquadramento delle opere abusive sotto i diversi profili (vincolistici in particolare).

L’onere di adempiere alla produzione dell’intera documentazione è posto in capo al privato avente titolo e interesse; qualora questi rimanga inadempiente, anche a distanza di anni, di nulla può dolersi e non può certo censurare la condotta dell’Amministrazione che si è conformata alla legge (Cons. di Stato n. 5693/2020, n. 3739/2016).

Di fronte all’avvenuto scorrimento del termine di tre mesi dall’espressa richiesta di integrazione documentale, alla P.A. non resta altro che applicare il procedimento amministrativo in quanto non vi sono altre opzioni.

E il silenzio assenso può risolvere la mancata o errata integrazione al Condono?

Il termine biennale per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di condono edilizio, è previsto dall’articolo 35 Legge 28 febbraio 1985, n. 47. Per costante giurisprudenza il termine del silenzio-silenzio nel Condono non decorre qualora la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente le opere oggetto della richiesta sanatoria e, dunque, quando manchi la prova concreta della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti.

Di conseguenza il termine di ventiquattro mesi, fissato dall’Amministrazione comunale per esprimere determinazione sull’istanza stessa decorre, in caso di incompletezza della domanda o della documentazione inoltrata a suo corredo, soltanto dal momento in cui dette carenze sono state eliminate ad opera della parte interessata (Consiglio di Stato n. 6325/2022, n. 5693/2020, n. 1440/1995).

La formazione del silenzio-assenso sulla istanza di condono presentata ai sensi dell’art. 35, comma 18, Legge n. 47/1985 presuppone quindi la completezza della domanda di sanatoria, accompagnata dall’integrale pagamento di quanto dovuto a titolo di oblazione.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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