La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
Se l’abuso edilizio è rilevante e si trova in zona vincolata, è preclusa la possibilità di sanarlo con la procedura del terzo Condono Edilizio ex L. 326/2003 e diviene inutile il parere della Soprintendenza.
Il caso riguarda la realizzazione di una civile abitazione costruita abusivamente ex novo in area sottoposta a vincoli idrogeologico e paesaggistico imposti prima della sua esecuzione.
Tra gli altri aspetti, si rileva che il manufatto, di 33 mq circa, non era idoneo ai fini abitativi e quindi difforme ai vigenti regolamenti/strumenti comunali.
Il proprietario nel dicembre 2004 ha presentato domanda di Permesso di Costruire in Sanatoria inquadrando l’abuso nella tipologia 1 – Allegato A – di cui alla Legge n. 326/2003 ed all’art. 3 lettera c) del d.P.R. 380 del 2001, versando poi oblazione e oneri concessori.
Dopo sei anni il Comune ha notificato preavviso di diniego in quanto in zona vincolata la tipologia non rientrava tra quelle condonabili (lo stesso provvedimento normativo limita la sanabilità per i cosiddetti abusi minori cioè agli interventi compresi nei numeri 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria).
Nella stessa Legge 326/2003 il comma 27 lettera D dell’allegato 1 esclude espressamente la sanabilità per le opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo e non conformi alle norme urbanistiche/prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Il proprietario effettua ricorso al TAR Campania motivando come illegittima l’omessa richiesta di parere alla competente Soprintendenza violando l’art. 32 della L. 47/85, tesi accolta da tale livello di giudizio.
Tale sentenza è stata impugnata dal Comune, sostenendo l’inutilità procedurale sull’acquisizione di parere della Soprintendenza in quanto tale casistica è preclusa a priori dalla normativa.
L’appello al Consiglio di Stato accoglie la tesi del Comune mediante sentenza n° 2518 del 18/05/2015, con la quale ribadisce quanto già espresso con sua precedente sentenza Sez. VI n° 1200/2010 e 3174/2010, ribadendo che ai sensi dell’Art. 32 c. 27 lettera D in zona vincolata sono sanabili gli abusi che rispettano congiuntamente queste condizioni:
a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo;
b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
d) che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta al vincolo.
Per questi motivi, ha accolto la tesi e motivazione di diniego emessa dal Comune.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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