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ponteggio cantiere edile

DL 269/2003 consente di condonare alcune tipologie di intervento rispettando alcune condizioni negli immobili sottoposti a vincolo

Il cosiddetto Terzo Condono edilizio è stato emanato con D.L. 269/2003 e convertito in legge 326/2003, prevedendo una complessa serie di esclusioni dai benefici di sanatoria speciale. Era un momento storico particolarmente delicato perchè c’era stata la riforma del Titolo V. della Costituzione, il nuovo Testo Unico Edilizia DPR 380/01 e la preparazione dell’imminente Codice del Paesaggio D.Lgs. 42/2004.

Sulla condonabilità di illeciti e abusi edilizi effettuati su immobili sottoposti a vincolo di vario tipo, e in particolare sulle esclusioni, si sono formati due orientamenti giurisprudenziali che distinguono l’applicazione congiunta o meno delle condizioni stabilite dall’articolo 32 commi 26 e 27 D.L. 269/03. Per comprendere bene i due orientamenti occorre fare una necessaria premessa.

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Distinzione generale per categorie di abusi edilizi compiuti

Partiamo da una prima definizione generale, a cui seguono poi una serie di ulteriori specificazioni ed esclusioni. Nel terzo condono edilizio è fondamentale distinguere le due principali categorie di opere abusive ammissibili da quelle non suscettibili di condono, partendo dal comma 26 art. 32 DL 269/2003, riferiti all’Allegato 1:

  • a) numeri da 1 a 3, nell’ambito dell’intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
  • b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale e’ determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l’ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio.

Quelli della lettera a) si possono sintetizzare come:

  • abusi “primari” in zone libere;
  • abusi “minori” in zone vincolate.

Quelli in lettera b) si possono sintetizzare come abusi minori in aree non soggette a vincoli, la cui definizione dei margini di condonabilità è stata rinviata alle regioni (grosso errore, a mio avviso).

Non sussiste distinzione tra vincoli relativi e assoluti nel DL 269/2003

E’ importante sottolineare che nel Terzo Condono edilizio non opera una differenziazione tra vincoli di inedificabilità relativa e assoluta, come invece avvenuto coi due precedenti condoni L. 47/85 e L. 724/94, i quali facevano capo all’articolo 32 L. 47/85.

Al contrario, il DL 269/2003 ha operato una severa distinzione tra consistenza di abusi edilizi e vincoli in generale, richiamando gli immobili soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 L. 47/85 (correlato al successivo articolo 33).

L’applicabilità del Terzo condono su immobili già esistenti in zone vincolate, è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, ed è del tutto irrilevante la distinzione tra inedificabilità assoluta e relativa, come quelli paesaggistici e idrogeologici (Cons. di Stato n. 785/2024).

Anche in questi casi l’incondonabilità è preclusa a prescindere se si possa ottenere o meno il rilascio di autorizzazione o nulla osta favorevole dall’ente preposto alla tutela del vincolo, in quanto è una incondonabilità imposta per legge, ancorché criticata da più autori.

Vincoli e rapporto col DL 269/2003

Il Terzo Condono edilizio DL 269/03 ha stabilito anche ulteriori limiti rispetto a quelli descritti ai precedenti paragrafi, e rispetto al “primo” e “secondo” condono (leggi nn. 47/1985 e 7284/1994), escludendo la possibilità di conseguire il condono nelle zone sottoposte a vincolo (per esempio paesaggistico) qualora sussistano, tra le tante, le seguenti condizioni ostative (art. 32 c. 27 lettera d):

d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;

Praticamente possiamo rinvenire due gruppi di condizioni all’interno della condizione generale espressa nella lettera d), riassunte così:

a) il vincolo preesistente all’esecuzione delle opere abusive;

b) le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Ciò significa che l’incondonabilità non è superabile nemmeno con l’ipotetico parere positivo dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo; in questi termini, Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4619, ove si evidenzia che il d.l. n. 269 cit., con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici, ma anche quello idrogeologico), preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell’Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria. Sul punto, si veda anche Cons. Stato, Sez. V, 24 settembre 2009 n. 4373 e Id., Sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5467, ove si legge che “sebbene la presenza di un vincolo idrogeologico non comporti l’inedificabilità assoluta dell’area, la sua presenza impone ai proprietari l’obbligo di conseguire, prima della realizzazione dell’intervento, il rilascio di apposita autorizzazione da parte della competente amministrazione, in aggiunta al titolo abilitativo edilizio.

Vincoli e condizioni congiunte o disgiunte: i due orientamenti

Sulla verifica congiunta o disgiunta delle due “sotto-condizioni” (opere anteriori al vincolo e assenza/difformità dal titolo conformi a prescrizioni urbanistiche) contenute nella lettera d) comma 27 articolo 32 DL 269/2003 si sono formati due orientamenti giurisprudenziali amministrativi::

  • restrittivo, prevalente: afferma che l’incondonabilità si applica anche in presenza di una sola delle predette condizioni ostative;
    (ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico come quelli di specie, sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) vi sia il previo parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo” (Cons. di Stato n. 1312/2024, n. 3487/2016).
  • ampliativo, non prevalente: ritiene che l’incondonabilità si applica quanto le due condizioni ostative ricorrano congiuntamente
    (escludendo la possibilità di conseguire il condono nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico qualora sussistano congiuntamente due condizioni ostative: a) il vincolo di inedificabilità sia preesistente all’esecuzione delle opere abusive; b) le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.Cons. di Stato n. 785/2024).

Conclusioni

Effettivamente la norma è scritta in maniera capziosa e si presta a due possibili interpretazioni, e sarebbe opportuno un rapido intervento chiarificatore da parte del legislatore.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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