La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
Le opere oggetto di condono vanno valutate all’attualità indipendentemente dalla situazione vincolistica esistente all’epoca di realizzazione
Ancora oggi pendono migliaia di domande di condono edilizio riguardanti illeciti edilizi effettuati prima del 1° ottobre 1983, e magari anche decenni prima di tale data, e sulle quali nel frattempo è sopravvenuto un vincolo come quello paesaggistico. Nel tentare la conclusione e rilascio dell’agognata concessione edilizia a sanatoria, bisogna anche ottenere il relativo atto di assenso favorevole dalla competente pubblica amministrazione preposta alla tutale del vincolo.
E possono diventare guai, perchè anche a quasi quarant’anni di distanza dal suo deposito è inutile invocare la formazione del silenzio assenso; vediamo allora i dettagli, rammentando che d’ora in avanti si affronta soltanto la procedura del cosiddetto Primo Condono edilizio, ai sensi della L. 47/85.
Prolungata inerzia sull’istanza di condono
Intanto va rimarcato che non è di aiuto la circostanza che l’istanza di condono edilizio venga definita a distanza di molto tempo dalla presentazione della relativa domanda, attesa l’assenza di una specifica norma di legge che valorizzi, sotto il profilo giuridico, tale circostanza di fatto in favore del richiedente (oltre alla formazione del silenzio-assenso, istituto tuttavia, per quanto si è sopra chiarito, non applicabile nel caso di specie stante la sopravvenuta apposizione del vincolo sull’area ove insistono le opere oggetto della domanda di condono), con conseguente irrilevanza patologica del tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e la conclusione dell’iter procedimentale di condono (Consiglio di Stato n. 2372/2020).
Infatti la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione senza titolo) è sin dall’origine illegittimo.
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Apposizione del vincolo posteriore al deposito dell’istanza di condono L. 47/85 e Parere favorevole necessario
E’ pacifico che l’apposizione del vincolo in epoca successiva alla realizzazione dei manufatti abusivi rende comunque necessaria l’acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, ai sensi degli art. 32 e 33 l. 47/1985. In caso di vincoli sopravvenuti nei procedimenti di condono edilizio ha consolidato una giurisprudenza di cui si riporta i principi ben noti:
- in caso di sopravvenienza di un vincolo di protezione, l’amministrazione competente ad esaminare l’istanza di condono proposta ai sensi della l. 47/1985 deve acquisire il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sopravvenuto, la quale deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi.
La giurisprudenza continua ad applicare (cfr. Cons. di Stato n. 2307/2023, n. 6671/2022, n. 3603/2017, n. 2297/2015), la decisione n. 20/1999 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in cui è stato evidenziato come il vincolo paesaggistico su un’area, ancorché sopravvenuto all’intervento edilizio, non possa restare senza conseguenze sul piano giuridico, di talché, in tali casi, deve ritenersi sussistente l’onere procedimentale di acquisire il prescritto parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo in ordine alla assentibilità della domanda di sanatoria, indipendentemente dall’epoca d’introduzione del vincolo, essendo tale valutazione funzionale all’esigenza di vagliare l’attuale compatibilità dei manufatti realizzati abusivamente con lo speciale regime di tutela del bene compendiato nel vincolo.
- a prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo rispetto al compimento dell’opera illecita e al deposito dell’istanza, per quanto sussista l’onere procedimentale di acquisire il necessario parere in ordine alla assentibilità della domanda di sanatoria, l’autorità preposta deve esprimere non una valutazione di “conformità” delle opere alle predette previsioni, trattandosi di un vincolo non esistente al momento della loro realizzazione, bensì un parere di “compatibilità” paesaggistica dell’intervento edilizio abusivo (vedi Cons. di Stato n. 2372/2020, n. 4564/2015);
- quando le previsioni di tutela sono sopraggiunte alla realizzazione dell’intervento edilizio, la valutazione paesaggistica non potrebbe compiersi come se l’intervento fosse ancora da realizzare, e ciò è tanto più vero nei casi in cui le previsioni di tutela successivamente sopraggiunte ad integrare la disciplina dell’area non risultano compatibili con la tipologia dell’intervento già realizzato;
- il sopravvenuto regime di protezione dell’area non può considerarsi una condizione ex se preclusiva e insuperabile alla condonabilità degli edifici già realizzati (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2007 n. 6177 e Sez. VI, 17 gennaio 2014 n. 231), dovendo l’amministrazione valutare se vi sia compatibilità tra le esigenze poste a base del vincolo – anche sulla salvaguardia della pubblica incolumità – e la permanenza in loco del manufatto abusivo (al contrario di come opera il divieto previsto dalla procedura a regime di Compatibilità paesaggistica a regime art. 167 c.4 D.Lgs. 42/2004).
Silenzio assenso in 24 mesi e vincoli sopravvenuti
E’ vero che la L. 47/85 ha disposto da subito una ipotesi di avvenuta formazione della concessione edilizia in sanatoria con silenzio assenso, tuttavia potrebbero nascere incidenti di percorso con la sopravvenienza di vincoli: con quale certezza si può affermare che si sia formato prima il silenzio assenso rispetto all’arrivo del vincolo?
Pertanto il primo nodo è verificare dettagliatamente se si siano consolidate tutte le condizioni per la corretta formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono edilizio al momento della sua presentazione (completezza documentale, elaborati grafici, documentazione fotografica, pagamento diritti, oblazioni ed eventuali oneri concessori, il riferimento epoca di ultimazione lavori, all’ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché potessero essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell’amministrazione comunale); si deve aggiungere anche l’eventuale richiesta di integrazioni da parte del Comune al richiedente, e se questa sia stata evasa nel migliore dei modi per completezza ed esaustività degli elaborati.
Superato questo tipo di dubbio previa valutazione caso per caso, occorre citare anche il seguente consolidato orientamento del Consiglio di Stato: esso stabilisce che in base al combinato disposto degli articoli 32, 33 e 35 L. 47/1985 si desume il principio che non sono suscettibili di sanatoria tacita immobili siti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico-ambientale, essendo all’uopo in ogni caso richiesto il parere espresso dell’autorità competente alla gestione del vincolo, ragione per cui in tali ipotesi non è configurabile la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono (cfr., tra le tante, Cons. di Stato n. 220/2022, n. 4226/2014, n. 2395/2013, n. 4945/2012, n. 4573/2012).
Ancora una volta, consiglio di non far troppo affidamento al silenzio assenso.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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