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Cassazione esclude buona fede se il promissario acquirente non concede tempo per ripristinare la conformità dell’immobile

La scoperta di irregolarità sull’immobile oggetto di preliminare di vendita stipulato non è una buona notizia per il promissario acquirente. Egli infatti constatando l’assenza di conformità urbanistico edilizia e catastale inizierà a non fidarsi più del suo interlocutore, preferendo la scelta di interrompere l’intera operazione.

Effettivamente si può comprendere bene lo stato d’animo di chi si è fidato delle promesse di un venditore dell’immobile, e magari dopo aver stipulato il contratto cosiddetto “compromesso” dove gli è stata promessa la regolarità dell’immobile.

Il promissario acquirente nel sentirsi “tradito” dalla promessa mancata tenderà ad irrigidirsi, fino al punto di voler “buttare all’aria tutto” e risolvere il contratto preliminare di vendita.

Premesso che la risoluzione per inadempimento è una valutazione che spetta al giudice competente e caso per caso, nel caso in cui il promissario acquirente scopra irregolarità edilizie prima dell’atto definitivo non può risolvere (interrompere) unilateralmente il contratto.

Il promissario acquirente fonda la sua tesi considerando inadempiente il promittente venditore in quanto alla data fissata per la stipula dell’atto definitivo l’immobile risultava privo di conformità catastale e urbanistica, nonchè sprovvisto di certificato di agibilità dell’immobile, comportando l’inidoneità del contratto a realizzare la propria funzione economico-sociale per assenza dei requisiti che spetta al venditore attestare e garantire.

Questa tesi non è stata ritenuta convincente per dichiarare la risoluzione per inadempimento a carico del promittente venditore.

Al contrario, il promissario acquirente nel contestare abusi e illeciti edilizi al promittente venditore, deve concedergli del tempo per ripristinare lo Stato Legittimo dell’immobile. Tale principio è stato confermato anche dall’ordinanza di Cassazione Civile n. 18051/2023, di cui riporto il passaggio centrale:

ha ritenuto contraria a buona fede la condotta del promissario acquirente, che non ha concesso al venditore un congruo termine per la rimessione a conformità delle parti dell’immobile ancora irregolari, ravvisando in questa condotta la gravità di cui all’art. 1455 c.c. e imputando a lui l’inadempimento contrattuale che legittima la risoluzione contrattuale.

Ma c’è di più, viene rovesciata la responsabilità per inadempimento “grave” proprio al promissario acquirente.

Questo “rovesciamento” di responsabilità e di inadempienza si pone congruente ai principi di giurisprudenza consolidati, quali ad esempio:

  • l’esclusione di ogni automatismo tra mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità/agibilità e risoluzione del contratto, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene (Cass. Civ. n. 18051/2023, n. 3419/2023, n. 34882/2022);
  • impossibilità di pronunziare la risoluzione qualora in corso di causa si accerti che l’immobile presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio, e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate (Cass. n. 18051/2023, n. 29090/2017);

Prendiamo allora come esempio un altro caso precedente, dove il promissario acquirente ha inviato una diffida ad adempiere al promittente venditore affinché potesse ottenere le necessarie regolarizzazioni, indicando un termine congruo.

Conclusioni e consigli

Possiamo concludere che l’accertata presenza di irregolarità edilizie non comporti in automatico una condizione sufficiente per dichiarare inadempienza “grave” da parte del promittente venditore.

Al contrario bisogna sempre valutare le reciproche posizioni soggettive e oggettive, e soprattutto concedere una seconda possibilità dando un po’ di tempo per rimediare.

E’ molto probabile che certe irregolarità edilizie siano insanabili e mantenibili in opera, per cui il problema potrebbe semplicemente spostarsi più avanti nel tempo; tuttavia se risultassero opere illecite di modesta entità e rimediabili, difficilmente può scattare la risoluzione per inadempimento, soprattutto per quella “aliud pro alio”.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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