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Pochi giorni fa è stato promulgato il tanto atteso Regolamento uniformante le definizioni edilizie, facciamo una breve disamina

Ci sono voluti “solo” due anni per vederne la luce, e adesso il lavoro prevede due step sequenziali tra regioni e comuni

Tutto ebbe inizio nel settembre 2014 col provvedimento Sblocca Italia che apportò una modifica al testo unico edilizio nazionale: fu aggiunto all’articolo 4 il comma 1-sexies con cui fu raggiunto l’intesa tra Stato, Regioni e autonomie locali sulla procedura che avrebbe portato allo sviluppo di questo tanto reclamato Regolamento.

Il problema della mancanza di uniformità nelle definizioni e parametri urbanistici attanaglia il settore urbanistico da molti decenni, la raggiunta complessità della disciplina urbanistica e della strumentazione di pianificazione territoriale ha reso questa esigenza di uniformità sempre più impellente.

Tanto per farla breve, non si fa errore dicendo che in Italia ci sono oltre 8000 definizioni diverse di altezza in gronda o di superficie coperta.

Era praticamente costante trovare definizioni edilizie e parametri urbanistici scritti in forma diversa perfino tra comuni confinanti.

Da qui emerge anche un altro aspetto, o meglio ancora un altro sintomo qualitativo, di come sia stata considerata è trattata urbanistica italiana dagli enti locali.
Questa deriva delle definizioni urbanistiche comunali poteva essere quantomeno limitata è contenuta attraverso appositi provvedimenti regionali, come avvenuto in Toscana con regolamento 64/R nel 2013,  oppure più semplicemente i comuni avrebbero potuto associare le funzioni in materia di pianificazione urbanistica secondo ambiti territoriali sub provinciali; ma questo cozzava con interesse strettamente locali e clientelari (De Luca Docet).

Veniamo al merito di questo nuovo Regolamento edilizio tipo: intanto non è un regolamento edilizio unico come invece esistono in altri paesi europei, cioè non è un regolamento che definisce in maniera “ultima” procedure e parametri, piuttosto stabilisce principi e criteri generali per semplificare e uniformare in tutto il territorio nazionale i regolamenti edilizi comunali, comunque denominati.

E’ un provvedimento “tipo” uniformante, non è un provvedimento “unico” e perentorio.

IL RUOLO DELLE REGIONI (Ordinarie)
E’ previsto un primo termine  di  centottanta  giorni  dall’adozione  del Regolamento entra il quale le regioni ordinarie provvedono a:

  • recepire lo schema di regolamento edilizio tipo;
  • recepire le definizioni  uniformi;
  • integrare e modificare,  in conformità alla normativa  regionale  vigente,  la raccolta  delle disposizioni sovraordinate  in  materia  edilizia. 

Sarebbe interessante capire meglio cosa si intende come raccolta delle disposizioni sovraordinate (alle regioni, ndr) in materia edilizia: il pensiero va alla materia paesaggistica, antisismica, acustica, risparmio energetico e sicurezza.
Dobbiamo quindi aspettarci che ogni regione abbia potere di integrare (o meno) nella versione regionale anche aspetti settoriali dell’edilizia? Se così fosse sarebbe una buona notizia.
Ad esempio ci sarebbe da raccordare subito le definizioni edilizie contenute nel Codice dei Beni Culturali; ma forse tutto questo è un sogno, perchè il Codice segue un proprio profilo disciplinare indipendente, e tanto meno risulta menzionata espressamente la sua integrazione col Regolamento Edilizio Tipo.

Il Codice dei Beni Culturali rimane disgiunto e non coinvolto dal Regolamento Edilizio Tipo

Le regioni, col medesimo  recepimento, nel  rispetto  della  struttura  generale uniforme dello schema di regolamento edilizio tipo approvato, possono specificare  e/o  semplificare  l’indice: cosa significa “semplificare l’indice” non è ben chiaro, né tanto meno di quale indice si tratti.
Che si possa trattare dell’elenco delle definizioni uniformi contenute nell’allegato A contenuto proprio nel Regolamento Tipo ?
Così facendo non si rischia di avere regolamenti regionali che possano avere (di nuovo) sfumature proprio su quegli aspetti di uniformità nazionale ? Vedremo nel merito come si adopereranno le Regioni.

REGIONI A STATUTO SPECIALE E PROVINCE AUTONOME

Ancora mi sfugge il motivo per cui esistano regioni e province autonome, a mio avviso dovevano essere “declassate” a ordinarie con la riforma costituzionale. Ma transea!

In questi territori l’applicazione del regolamento avrà un diverso cammino, infatti queste regioni non sono sottoposte all’obbligo di recepimento di 180 giorni dalla promulgazione del regolamento edilizio.

Le regioni a statuto speciale e le province di Trento e Bolzano avranno solamente facoltà di recepirle in conformità dei principi indicati nei rispettivi statuti di riferimento, senza obbligo temporale.

A mio avviso è stato un obiettivo mancato perché significa che ci saranno cinque ambiti regionali in cui questo interessante vantaggio verrà mancato o quanto meno rimandato chissà quando. Ad esempio, la Sicilia ha recepito il Testo Unico Edilizio nazionale “solo” nell’Agosto 2016.

Revisioni dimensionali  degli  strumenti  urbanistici vigenti
Anche qui si presenta un modo interessante: essendoci circa 8000 versioni di regolamenti edilizi comunali, automaticamente esistono altrettanti modalità di dimensionamento degli strumenti urbanistici.

La pianificazione del territorio, a livello nazionale, non ha mai provveduto ad uniformare i parametri dimensionali coi quali progettare il carico degli insediamenti umani: quindi non c’è da stupirsi che un comune posso utilizzare indici edilizi e riferiti al cubaggio lordo e il Comune confinante invece si riferisca alla superficie utile lorda e via dicendo, fatto salvo alcuni provvedimenti legislativi regionali in materia di pianificazione territoriale.

Alle regioni è riservata la facoltà di dettare indicazioni tecniche di dettaglio ai fini della corretta interpretazione di tali definizioni uniformi in fase di prima applicazione.
Penso che ci sarà da tenere gli occhi aperti: in alcuni casi sarà come passare dal sistema metrico ad un altro.

SEMPLIFICAZIONE DEI PROCEDIMENTI
Molto interessante è intelligente appare la disposizione che prescrive l’obbligo di fare riferimento nei regolamenti edilizi alle procedure, categoria di intervento e modulistica, limitando al semplice rinvio e richiamo alle norme statali e regionali di riferimento, compreso le norme settoriali.
Questo aspetto consentirà di evitare la ripetizione di quanto già riportato da altre norme e discipline edilizie, e quindi avrà l’indubbio vantaggio di risparmiare tempi e procedure di aggiornamento dei regolamenti edilizi ogni qualvolta le norme e discipline superiori subiscono cambiamenti.

E ovviamente consentirà di risparmiare tempo agli operatori che dovranno leggerlo: sicuramente ti sarà capitato di leggere definizioni e termini obsoleti nei regolamenti edilizi, addirittura che citavano norme ormai abrogate.

COMUNI vs REGIONI
Ai comune è prescritto l’obbligo di adeguare i propri regolamenti in conformità ai principi del Regolamento Edilizio Tipo, e alle norme integrative regionali di recepimento, entro il termine di ulteriori (secondi) centottanta giorni dal recepimento regionale e comunque non oltre il decorso dei (primi) centottanta giorni entro i quali la regione deve recepire.

Decorso tale termine (i secondi centottanta giorni) entro il quale i comuni sono tenuti ad adeguare i propri regolamenti edilizi, trovano diretta  applicazione le definizioni uniformi e le disposizioni sovraordinate in materia edilizia, prevalendo sulle disposizioni comunali con esse incompatibili.

Non è previsto, nè tanto meno impedito, il caso in cui una regione non faccia recepimento entro i primi centottanta giorni, ma che lo faccia nei successivi “secondi” centoottanta giorni ovvero nel periodo in cui il compito di recepimento passa ai Comuni.

Le Regioni ordinarie possono recepire il Regolamento tipo oltre i termini previsti dall’Intesa ?

Peggio ancora non risulta neppure scritto né espressamente vietato il recepimento regionale effettuato dopo trecentosessanta giorni, cioè dopo il secondo periodo di recepimento comunale.

Resta da auspicare che tutte le regioni si comportino con diligenza, in ossequio dell’art. 2 comma 2 del provvedimento d’Intesa, che sembra somigliare ad un patto di impegno “tra galantuomini”.

REGIME TRANSITORIO E PRATICHE EDILIZIE IN CORSO
Sicuramente in questa fase che dovrebbe avvenire entro un anno potrebbero presentarsi alcune ripercussioni sul piano delle pratiche edilizie già presentate o che saranno presentate entro breve termine:  pratiche edilizie come permesso di costruire e Scia potrebbero avere anche una estensione temporale di 3 anni e quindi andare oltre il termine di un anno con quale Regione e Comuni dovranno aver recepito questo regolamento edilizio tipo.

Esiste la concreta probabilità che un intervento edilizio sia ha iniziato con una previgente serie di definizioni urbanistiche al contorno e che venga terminato con un nuovo impianto uniformato delle definizioni.

Dal provvedimento d’intesa che ha promulgato il regolamento edilizio tipo appare evidente l’intenzione di non incidere sul dimensionamento degli strumenti urbanistici. Comunque viene da sottolineare che la prudenza da usare nelle pratiche edilizie, soprattutto di una certa rilevanza, debba essere elevata.

Si può presentare il concreto caso in cui un certo intervento edilizio, o addirittura una sua specifica fare, sia pienamente legittima alla presentazione della pratica è che per alcune circostanze  possa diventare non più ammissibile: da qui l’invito a tenersi aggiornati soprattutto nelle fasi di cantiere per variante in corso d’opera oppure variante finale al progetto in funzione delle definizioni correnti.

Tale raccomandazione scaturisce anche alla luce dell’esperienza toscana che ha visto l’entrata il rigore pionieristica di un apposito regolamento molto simile al regolamento edilizio tipo.

OCCASIONI PERSE
A margine di questa trattazione mi viene anche da pensare che questo provvedimento poteva essere tale da risolvere o integrare alcuni aspetti dell’ordinamento urbanistico, primo fra tutti l’annosa questione delle tolleranze da cantiere che a mio avviso avrebbero potuto (e dovuto) essere assolutamente introdotte proprio in questo tipo di provvedimento, andando a superare quelle esigua definizione del 2% riferita alle parziali difformità dal Testo Unico per l’Edilizia.

La seconda occasione persa è stata la mancata estensione di questo regolamento unificante le definizioni edilizie anche alle norme settoriali come paesaggistica ed antisismica; Per la paesaggistica vediamo se il provvedimento di semplificazione prossimo venturo sara capace di disinnescare l’incoerenza delle rispettive definizioni.

Terza occasione mancata: mi sembra che il Regolamento Tipo abbia sorvolato su un aspetto sostanziale per il quale aveva avuto specifica delega proprio dal T.U. dell’edilizia DPR 380/01 art. 4 comma 1-sexies, di cui riporto un estratto:
<<Il regolamento edilizio-tipo, che indica i requisiti prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico.>>

Se andiamo a leggere con attenzione il provvedimento d’Intesa e relativi allegati del Regolamento Edilizio Tipo si evince che l‘efficientamento energetico degli edifici è integralmente demandato ai regolamenti edilizi comunali, in particolare alla (vedi Allegato 1, Seconda Parte di essi denominata “Disposizioni regolamentari comunali in materia edilizia”, rispettivi titoli e articoli di riferimento).

Le regioni possono entrare in merito anche sui requisiti prestazionali energetici e sicurezza ? Direi di si, perchè ad esse è demandato di recepire anche la raccolta  delle   disposizioni sovraordinate  in  materia  edilizia (art. 2 dell’Intesa).

Tuttavia non era forse più efficace una serie di previsioni minime prestazionali nella sede del Regolamento edilizio tipo ?
In un’ottica di armonizzazione e uniformità delle definizioni, non era forse più efficace indicare livelli prestazionali minimi nel regolamento con ulteriore facoltà integrativa regionale ? Da una prima lettura mi viene da pensare che ai regolamenti edilizi comunali sia consentito specificare e integrare ulteriormente gli aspetti edilizi connessi a sicurezza ed energetica, col rischio di avere (di nuovo) ottomila modi diversi di interpretare aspetti inerenti la trasmittanza termica e l’accesso in sicurezza sulla copertura.

CONCLUSIONI
Staremo a vedere l’effettiva applicazione sul campo, anche in vista del probabile arrivo dei due provvedimenti di semplificazione paesaggistica ed edilizia (leggi la mia intervista su INGENIO).
Disclaimer: la presente trattazione va intesa come una riflessione personale, e quindi come interpretazione soggettiva, non utilizzabile per nessuna ragione per vantaggi o pretese di alcun tipo in nessuna sede.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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