La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
L’intervento di restauro e risanamento non può alterare le caratteristiche formali e tipologiche dell’organismo edilizio
Definire la linea di confine tra Restauro e Ristrutturazione edilizia è importante sotto diversi profili.
Queste due categorie di intervento sono attualmente previste nel Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01, all’articolo 3 comma 1, nei rispettivi commi C e D.
Tra l’altro, la categoria del Restauro e Risanamento conservativo è stata suddivisa in due sottocategorie “leggera” e “pesante” dal D.lgs. 222/2016 (ECCO LA DEFINIZIONE), tuttavia si tratterà nel suo insieme. In più, ad essa è stata ufficialmente consentita la possibilità di effettuare cambi di destinazione d’uso, a certe condizioni.
Tra esse scorre una differenza sostanziale riguardante l’organismo edilizio nel suo insieme. Si può sintetizzare in questo modo lo scopo di queste categorie d’intervento:
- Restauro e Risanamento conservativo: conservazione dell’organismo edilizio, tramite opere rispettose e compatibili degli elementi tipologici, formali e strutturali;
- Ristrutturazione edilizia: insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente;
Comparati assieme, emergono due distinte finalità: conservazione e trasformazione.
Si può affermare che la prima non ammette cambiamenti, se non di tipo compatibili con l’organismo; la seconda invece è rivolta a modificare la configurazione, anche in maniera pesante.
VIDEO: Restauro e Risanamento, i titoli necessari.
E’ molto facile sconfinare dal Restauro alla Ristrutturazione, per cui occorre prudenza nella qualifica delle opere.
Appunto, lo spartiacque tra queste due possibili modalità di intervento è il livello di diversità sostanziale e significativa dell’immobile.
Trovo corretto il principio espresso nella sentenza di Cass.Pen. n. 17732/2019, di cui riporto l’estratto essenziale:
<<ai fini della configurabilità di un intervento quale restauro e risanamento conservativo non possono essere mutati la qualificazione tipologica del manufatto preesistente, ovvero i caratteri architettonici e funzionali che ne consentono la qualificazione in base alle tipologie edilizie, gli elementi formali che configurano l’immagine caratteristica dello stesso e gli elementi strutturali, che materialmente compongono la struttura dell’organismo edilizio.>>
Certamente non è facile per un professionista tecnico (e per la Pubblica Amministrazione) individuare con sicurezza questo confine.
Un errore in tal senso potrebbe comportare una serie di effetti collaterali sotto i profili urbanistici, amministrativi e pure penali.
Infatti l‘errata qualificazione di opere di restauro/risanamento conservativo, verso quella di ristrutturazione edilizia, potrebbe comportare:
- rischio di contestazione opere compiute in assenza di idoneo titolo abilitativo, con conseguenti sanzioni amministrative ed ordinanze;
- eventuale rischio contestazione illecito penale (potrebbe aver sconfinato nella ristrutturazione edilizia “pesante” soggetta a PdC;
- eventuale recupero minori importi versati di oneri urbanizzazione;
- eventuale rischio di insanabilità dell’opera: molti strumenti urbanistici e regolamenti edilizi per certi edifici ammettono interventi non superanti il livello di restauro e risanamento;
- altri ed eventuali rischi;
In caso di dubbio, è preferibile salire “uno scalino” della categoria di intervento e passare direttamente alla ristrutturazione edilizia.
Personalmente sconsiglio la tattica di far effettuare Ristrutturazioni edilizie sotto mentite spoglie di Restauro e risanamento conservativo.
Il problema si porrà sicuramente per gli immobili in cui il Piano Regolatore Comunale li esclude dalle opere di ristrutturazione edilizia.
Per i committenti sarà sempre preferibile evitare opere insanabili e costi esorbitanti, piuttosto che avviarsi in strade incerte.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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