Chiarimenti interpretativi su Articolo 10 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120.
Interpretazione della legge n. 765 del 1967 (Articolo 17 Comma 6).
Il comma 6 art.17 legge 6-8-1967, n.765 – entrata in vigore il 1 settembre 1967 – stabilisce il divieto di realizzare, nelle zone in cui il piano regolatore generale od il programma di fabbricazione consentano volumi superiori a mc.3 di area edificabile od altezza superiore a m.25, nuovi edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti prima dell’approvazione del piano particolareggiato o della lottizzazione convenzionata, estesi all’intera zona e contenenti la disposizione planivolumetrica.
La norma – come è stato chiarito con la circolare di questo Ministero 28-10-1967, n.3210, ha lo scopo di evitare che densità eccessive o altezze troppo elevate comportino soluzioni tali da produrre inconvenienti per il traffico, ovvero di carattere igienico ed estetico, o, più in generale, urbanistico ed a tal fine rende obbligatorio lo studio e l’approvazione di adeguate indicazioni planivolumetriche per la distribuzione delle costruzioni sul terreno, prima della realizzazione dei singoli edifici.
Poiché risulta che in sede di prima applicazione del sesto comma art.17, sono sorti dubbi e perplessità di carattere interpretativo soprattutto per quanto concerne il campo di applicazione della norma, questo Ministero ritiene opportuno illustrarne il significato e la portata, anche allo scopo di assicurare una applicazione agevole ed uniforme della disposizione.
1) E’ da precisare, preliminarmente, che la disposizione del sesto comma art.17 si applica nelle zone in cui i piani regolatori generali ed i programmi di fabbricazione consentono l’edificazione per volumi superiori a mc.3 per metro quadro ovvero con altezze superiori a m.25: il che significa che la norma va osservata quando ricorre l’una o l’altra delle condizioni suindicate, non essendo necessario che sussistano ambedue.
L’edificazione vietata in mancanza di piani particolareggiati o di lottizzazioni è soltanto quella eccedente i limiti di volume e di altezza previsti. Possono essere quindi legittimamente autorizzate ed eseguite costruzioni per le quali il volume o l’altezza, pur essendo consentiti in misura maggiore dal piano regolatore o dal programma di fabbricazione, vengono ridotti entro i limiti di legge.
E’ da far presente che il predetto sesto comma trova applicazione non solo nei comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati, ma anche in quelli nei quali detti strumenti siano stati soltanto adottati. E pertanto non potranno essere rilasciate licenze edilizie per la costruzione di edifici aventi volume ed altezza superiori a quelle sopraindicate, fino a quando non saranno stati approvati gli strumenti esecutivi, anche se siano trascorsi i termini di cui al quarto comma dell’art.17. Va precisato che, mentre l’approvazione del piano particolareggiato postula la già avvenuta conclusione dell’iter formativo dello strumento primario, così non è per le lottizzazioni, alle quali si applica il disposto del terzo comma art.8 legge n.765.
Si precisa, infine, che la lottizzazione convenzionata di cui si parla al sesto comma art.17 è certamente intesa – in conformità, del resto, ad un principio accolto dalla legge-ponte – come strumento di esecuzione alternativo del piano particolareggiato. La previsione delle opere di urbanizzazione, quindi, pur costituendo un criterio atto a distinguere la lottizzazione dalle semplici iniziative edilizie, non costituisce una componente necessaria della lottizzazione, in quanto il suo contenuto urbanistico non si esaurisce nella predisposizione delle opere di urbanizzazione.
Pertanto, il ricorso al piano di lottizzazione è ammissibile e può essere necessario anche nei casi in cui esso non preveda, in quanto già esistenti, la predisposizione delle opere di urbanizzazione.
2) L’art.17 prevede la formazione dei piani particolareggiati o di lottizzazione estesi all’intera zona.
Va chiarito in primo luogo che il termine zona viene qui usato con un significato diverso da quello attribuito alle zone di cui all’art.7 della legge urbanistica, anche se in pratica la zona ex art.17 può coincidere con una delle zone nelle quali il piano regolatore generale divide, ai sensi del predetto art.7, il territorio comunale.
La dizione della norma fa ritenere che si debba trattare di zona di una certa estensione, nella quale sia possibile la realizzazione di più edifici, in alcuni casi per l’ampiezza delle aree libere, in altri per la possibilità di demolire e ricostruire costruzioni esistenti. D’altra parte, scopo della norma – come afferma anche la ricordata circolare ministeriale – è quello di evitare inconvenienti di carattere estetico, igienico, di traffico e, più in generale, urbanistico: ciò che può essere conseguito con una razionale articolazione – sulla base delle previsioni del piano regolatore generale – dei volumi edilizi sul terreno.
In relazione a quanto sopra si è affermato, possono verificarsi le seguenti ipotesi con riferimento alle diverse modalità di intervento previste nelle zonizzazioni ex art.7 e nelle relative norme di attuazione degli strumenti urbanistici:
A) Zone di espansione: sono quelle destinate a nuovi insediamenti in aree prive di strutture urbane, nelle quali, pertanto, l’edilizia può svilupparsi senza alcun condizionamento derivante da preesistenti edificazioni, di qualche entità, sulla base dei piani esecutivi.
In tali zone il piano particolareggiato o quello di lottizzazione devono essere estesi, di norma, ad un intero comprensorio, così come definito dal piano regolatore o dal programma di fabbricazione. Qualora, peraltro, manchi la delimitazione dei comprensori o risulti non opportuno estendere la progettazione ad un intero comprensorio, possono essere prese in considerazione zone che – in rapporto alla ampiezza dello stesso comprensorio – consentano la progettazione di insediamenti organici, inquadrata in uno studio generale dell’intero comprensorio o di un’area sufficientemente vasta.
B) Zone di completamento: sono quelle zone nelle quali preesiste una diffusa edificazione ed è consentita, dallo strumento urbanistico, l’utilizzazione edilizia degli spazi liberi nell’ambito delle esistenti o previste attrezzature urbane.
In tali zone il rilascio delle licenze, per edifici aventi cubatura o altezza superiori a quelle indicate dall’art.17, sesto comma, deve essere subordinato all’approvazione dello strumento esecutivo, sempreché esistano aree nelle quali possa realizzarsi una pluralità di edifici.
Nelle zone suddette il piano particolareggiato o di lottizzazione dovrebbe comprendere in linea di massima almeno un isolato, anche se parzialmente costruito.
Non rientrano, invece, nell’ambito di applicazione della menzionata norma gli edifici, pur aventi altezza superiore a m.25 e cubatura superiore a mc/mq.3, da realizzare su singoli lotti inedificati interclusi tra l’esistente edificazione: in tal caso l’attività costruttiva potrà essere autorizzata in base alle previsioni del piano regolatore o del programma di fabbricazione, mediante singole licenze edilizie.
C) Zone di ricostruzione urbanistica: possono così definirsi le zone nelle quali il piano regolatore od il programma di fabbricazione prevede modifiche delle strutture esistenti, la realizzazione di nuove attrezzature e la demolizione di vecchi edifici.
A parte la considerazione che, di norma, in tali zone gli strumenti urbanistici esistenti prevedono come obbligatoria la formazione di piani esecutivi, va precisato che in esse la ripetuta norma dell’art.17 deve trovare integrale applicazione. Pertanto, nessuna licenza edilizia può essere rilasciata fino all’approvazione del piano particolareggiato o della lottizzazione convenzionata per volumi od altezze superiori a quelle sopra indicate.
D) Zone di sostituzione edilizia: si tratta di quelle zone nelle quali esiste una struttura urbana ben definita ed in cui non sono previsti interventi di natura propriamente urbanistica e sono consentiti la sostituzione (demolizione e ricostruzione) ed il risanamento igienico-edilizio di singoli edifici, con mantenimento della volumetria esistente.
In tali zone potranno essere rilasciate, di norma, licenze per la realizzazione di singoli edifici aventi misure superiori a quelle indicate dalla legge. Sarà, invece, necessaria l’approvazione preventiva dello strumento esecutivo, qualora si tratti della sostituzione di gruppi di edifici.
Per le eventuali aree libere edificabili e ricadenti nelle zone in parola vale quanto detto per le zone di completamento.
E) Centri storici: nei centri storici lo strumento esecutivo deve considerarsi indispensabile per garantire la conservazione dei valori storici, estetici, artistici ed ambientali o per attuare un organico risanamento; e pertanto nessun intervento dovrebbe essere consentito in assenza di detto strumento, del resto è noto che i piani regolatori subordinano di norma qualsiasi intervento nei centri storici all’approvazione dei piani particolareggiati o di strumenti equivalenti.
3) In relazione a specifici quesiti di carattere generale rivolti a questo Ministero si precisa che:
a) per area edificabile deve intendersi l’area di pertinenza della costruzione, con esclusione, pertanto, di sedi stradali o di altre aree pubbliche;
b) ai fini del calcolo del volume deve essere considerato tutto ciò che è realizzabile fuori terra – nonché la parte di volume interrato eventualmente destinato a residenze, ad uffici o ad attività produttive – con la sola esclusione dei volumi tecnici;
c) si ritiene che le sopraelevazioni (anche quando l’edificio esistente raggiunge già i mc/mq.3 o i m.25 di altezza) non siano subordinate alla formazione dello strumento urbanistico esecutivo, e ciò perché esse si configurano generalmente come singoli interventi edilizi tendenti a consentire, per singoli edifici, il raggiungimento di cubature ed altezze già raggiunte dagli edifici adiacenti. Ove peraltro le sopraelevazioni non si configurino in tal senso, e derivino invece dalla possibilità di adeguare le costruzioni di intere zone o isolati a indici di piani regolatori o di programmi di fabbricazione superiori a quelli esistenti, in tal caso non di singoli interventi edilizi può parlarsi, ma di ristrutturazione di intere zone o isolati: valgono allora le limitazioni del sesto comma, con le precisazioni di cui al punto C del precedente punto 2;
d) debbono considerarsi validi, anche se non contengono gli elementi planivolumetrici previsti dal sesto comma art.17, i piani particolareggiati approvati prima dell’entrata in vigore della legge ed i piani di lottizzazione posti in essere prima di tale data, sempre che questi ultimi rispondano alle norme transitorie di cui all’art.8 della predetta legge;
e) la norma dell’art.17 non si applica né agli edifici od impianti pubblici né agli edifici industriali.
E’ tuttavia da raccomandare la preliminare formazione del piano particolareggiato quando si tratti di complessi pubblici di notevole entità ovvero di impianti industriali la cui realizzazione comporti implicazioni di carattere urbanistico, specialmente per quanto concerne il traffico; ciò perché tali implicazioni pongono problemi che non possono essere valutati e risolti se non nell’ambito di strumenti urbanistici esecutivi.
4) Nel prescrivere la disposizione planivolumetrica degli edifici previsti nella zona la norma di cui al sesto comma evidentemente si riferisce a strumenti urbanistici esecutivi estesi a zone di limitata ampiezza, di cui sia prevedibile una utilizzazione edilizia relativamente accelerata. Non sembra infatti opportuno vincolare per tempi troppo lunghi le tipologie edilizie e le caratteristiche morfologiche degli insediamenti, come, inevitabilmente, accadrebbe se si estendessero le prescrizioni planivolumetriche a zone molto estese, tali quindi da essere investite dagli interventi edilizi in un numero notevole di anni.
Tuttavia, sembra del tutto chiaro che la norma di cui trattasi – proprio per gli obiettivi che si propone di raggiungere e che sono stati dianzi illustrati – impone la precisazione della disposizione planivolumetrica degli edifici quale necessario momento di passaggio tra lo strumento urbanistico generale e il rilascio della licenza edilizia.
Si ritiene pertanto che – mentre nel caso di piani particolareggiati e di lottizzazioni convenzionate relativi a zone di non grande estensione, la disposizione planivolumetrica degli edifici debba costituire parte integrante dello strumento urbanistico – sia possibile comportarsi diversamente nel caso di piani particolareggiati estesi a zone di grande ampiezza. In questo caso, infatti, il piano particolareggiato potrebbe anche non contenere le indicazioni planivolumetriche, purché queste vengano precisate in un elaborato da redigersi in tempi successivi: il che potrà esser fatto sia ad opera del comune, sia per iniziativa di privati proprietari, purché in ogni caso l’elaborato sia sottoposto all’approvazione delle autorità comunali.
E’, comunque, opportuno precisare che per disposizione planivolumetrica degli edifici non deve necessariamente intendersi la rigida prefigurazione volumetrica degli stessi: che anzi, per consentire un sufficiente grado di libertà tipologica ed espressiva alla successiva fase di progettazione architettonica, potrebbe risultare opportuno formulare le indicazioni planivolumetriche in maniera flessibile e tale da evitare la cristallizzazione di forme precostituite che prescindano dai reali contenuti architettonici. A tal fine, per esempio, per ogni edificio, stabilita la cubatura massima ammissibile, potrebbe essere sufficiente la sola indicazione dei valori minimi e massimi da attribuire a taluni parametri fondamentali (altezza, larghezza, lunghezza, ecc.): la cubatura consentita potrà essere liberamente articolata purché la sagoma risultante sia contenuta tra l’involucro minimo e l’involucro massimo individuati dai parametri prefissati.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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