L'importanza dell'asseverazioni di conformità urbanistica edilizia riguarda anche le pratiche CILA
Per stabilizzarne l’intervento edilizio è possibile applicare poteri inibitori e autotutela mutuati dalla SCIA
Questa è davvero bella: il Consiglio di Stato con sentenza n. 4110/2023 si esprime favorevolmente sulla validità della dichiarazione di inefficacia verso una Comunicazione Inizio Lavori Asseverata (CILA). Si ringrazia il Geom. R. Soru per la cortese segnalazione.
Partiamo dall’inizio perchè la questione è importante, visto che alcuni mesi fa avevo già affrontato il nodo della procedura di annullamento o inefficacia per quelle CILA riguardanti opere non conformi o in contrasto alla disciplina urbanistico edilizia, ai regolamenti edilizi, piani regolatori e norme edilizie in generale. Il discorso è importante perchè si estende automaticamente anche a quella particola forma di CILA Superbonus, meglio conosciuta come CILAS.
Fino a pochi mesi fa si è riportata la prevalente linea dei T.A.R., che ha ritenuto inammissibile la dichiarazione di inefficacia del Comune avverso una CILA irregolare, con tanto di inibizione o sospensione lavori. In altre parole avevano ritenuto non corretto applicare procedure inibitorie e repressive espressamente previste per la Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA) dall’articolo 19 L. 241/90.
Prima di illustrare il nuovo principio espresso dal Consiglio di Stato a favore della declatoria di inefficacia CILA, è meglio riportare una sintesi dell’orientamento contrario.
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L’orientamento che esclude poteri inibitori e autotutela alla CILA
Esiste una giurisprudenza amministrativa in via di consolidamento sulla natura della CILA (cfr. TAR Salerno, Sez. II, 10 ottobre 2022, n. 2627; TAR Lombardia – Brescia, Sez. II, 3 agosto 2021, n. 721), che ritiene dubbio che l’Amministrazione possa esercitare poteri inibitori rispetto ai lavori oggetto di comunicazione (previste per le SCIA), rimanendo tuttavia salvi i poteri repressivi in caso di edificazione abusiva (TAR Catanzaro ordinanza n. 175/2023).
Secondo queste coordinate un Comune di fronte alla ricezione di una CILA:
- non può effettuare una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell’intervento con CILA facendo dichiarazioni di inefficacia o similari, in quanto nulli perchè emanati fuori da norme (vedi art. 21-septies L. 241/90).
- può usare i poteri di controllo della conformità dell’immobile oggetto di CILA alle prescrizioni vigenti in materia (TAR Salerno 3101/2022, n. 2627/2022, n. 1383/2021, n. 1935/2020);
- può usare i poteri sanzionatori per interventi effettuati in difformità o in contrasto alla disciplina urbanistico edilizia, norme di settore, strumenti urbanistici e regolamenti edilizi, quali ordinanze di divieto prosecuzione attività e ordinanze di rimessa in pristino
In sintesi: nel caso di irregolarità, illeciti e abusi edilizi commessi contestualmente con la CILA (e CILAS), oppure già preesistenti all’intervento sull’immobile, il Comune non possiede strumenti “moderati” o rimedi ammissibili come in SCIA; ciò significa che l’invio di informative e comunicazioni di vario tipo, oltre a non avere carattere provvedimentale (in quanto non tipizzate dalla legge), non escludono l’interesse concreto del soggetto coinvolto di tutelarsi contro queste comunicazioni.
Nuovo orientamento riconosce al Comune stessi poteri SCIA verso la CILA
La Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA), in conformità col Decreto Legislativo n. 222/2016, costituisce il titolo generale residuale obbligatorio per tutte le operazioni edilizie per le quali il DPR 380/01 non richiede una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), un Permesso di Costruire o attribuzione in Edilizia libera.
Tuttavia, va notato che la CILA non è contemplata nella legge generale sull’azione amministrativa (L. 241/90), ma trova applicazione nel DPR 380/01; ciò produce un maggiore grado di responsabilità per il soggetto privato, il quale si assume personalmente il rischio di avviare un’attività in potenziale contrasto con le intricate normative, potendo egli contare solo in parte sull’asseverazione del Tecnico abilitato.
Inoltre il vero nodo irrisolto è la possibilità o meno di impugnare la CILA da parte di un soggetto terzo.
A differenza di quanto previsto per la SCIA, nella CILA non sussiste per il Comune l’obbligo di effettuare un controllo ordinario postumo entro un termine stretto in merito alla conformità tecnico-legale, di conseguenza, viene a mancare un chiaro indicatore del legittimo avvio dell’attività oggetto della comunicazione. L’articolo 6-bis D.P.R. 380/01 si limita a introdurre una sanzione pecuniaria fissa di mille euro, ridotta di due terzi se la comunicazione viene presentata in modo spontaneo mentre l’intervento è in corso di esecuzione: il DPR 380/01 non disciplina in alcun modo i casi in cui la CILA si configuri contraria alla legge o in contrasto alle varie norme edilizie e discipline locali.
Come accennato nel precedente paragrafo, l’assenza di una espressa procedura amministrativa della CILA condurrebbe il Comune ad usare l’unico potere di vigilanza e repressivo ai termini generali dell’articolo 27 DPR 380/01, quali opere compiute senza titolo. Questa conclusione è stata anche sancita dal parere n. 1784/2016 espresso dal Consiglio di Stato affermando che
«In tali casi l’amministrazione non può che disporre degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell’abuso, come peraltro implicitamente previsto dalla stessa disposizione, laddove fa salve «le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia […]”»
Tuttavia nella sentenza n. 4110/2023 del Consiglio di Stato viene rilevata una contraddizione riguardante la CILA: la mancata previsione di sistematicità dei controlli rischia di tradursi in un sostanziale pregiudizio per il privato, che non vedrebbe mai stabilizzarsi la legittimità del proprio progetto, di talché la presentazione della CILA, considerata anche la modesta entità della sanzione per la sua omissione, avrebbe in sostanza l’unico effetto di attirare l’attenzione dell’amministrazione sull’intervento, esponendolo ad libitum, in caso di errore sul contesto tecnico-normativo di riferimento, alle più gravi sanzioni per l’attività totalmente abusiva, che l’ordinamento correttamente esclude quando l’amministrazione abbia omesso di esercitare i dovuti controlli ordinari di legittimità sulla SCIA o sull’istanza di permesso.
Per tale ragione il Consiglio di Stato ha preferito la ricostruzione già operata in sua precedente sentenza n. 3275/2021, con cui ha inteso mutuare in questa materia i principi via via consolidatisi con riferimento alla separazione tra autotutela decisoria e esecutiva in materia di SCIA/DIA, in particolare dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 45/2019.
Siccome la CILA «condivide l’intima natura giuridica» della SCIA/DIA, trovano applicazione i limiti di tempo e di motivazione declinati nell’art. 19, commi 3, 4, 6 bis e 6 ter della l. n. 241/1990, in combinato disposto con il richiamo alle «condizioni» di cui all’art. 21 novies della medesima normativa.
E per questi motivi la sentenza n. 4110/2023 accoglie l’appello e riconosce corretta e legittima l’ordinanza del Comune con cui era stata dichiarata l’inefficacia della CILA, preceduta dalle tempestive Comunicazioni di avvio del procedimento di ripristino stato dei luoghi, di divieto e inibizione all’attività edilizia e successivo annullamento in autotutela.
In altre parole, è stato ritenuto corretto il comportamento del Comune che ha equiparato la ricezione della CILA ad una SCIA, rispettandone i relativi termini dei poteri inibitori e di autotutela. E quindi, la dichiarazione che rende inefficace una CILA adesso ha una base giurisprudenziale.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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