Mancato o ritardato pagamento degli oneri concessori non impedisce il rilascio del titolo abilitativo
Proliferano offerte di case mobili fattibili senza alcun permesso edilizio
Proposte di case in bioedilizia a prezzi modici con scritto “non servono permessi”: occorre fare molta attenzione.
Premesso che non tutti possono permettersi un certo tipo di alloggio e soprattutto, un certo prezzo di acquisto o locazione.
Ergo che allora alcuni, leggendo questo tipo di offerte, sceglie di acquistare una casa in “bioedilizia” e farsela collocare in un piccolo fazzoletto di terra che ha acquistato, magari in zona agricola e pure con altrettanti vincoli paesaggistici, idrogeologici e quant’altro.
Consiglio di fare molta attenzione, soprattutto agli aspetti penali che potrebbero derivare nel momento in cui, prima o poi, verranno fatti accertamento sull’assetto del territorio dagli opportuni organi di vigilanza.
Sfatiamo un mito: non è una novità, ma consolidato principio fin dall’emanazione del DPR 380/2001.
La collocazione su un’area di una “casa mobile” con stabile destinazione abitativa integra il reato penale di costruzione edilizia abusiva (art. 44 c.1 lett. B del DPR 380/01) in assenza di permesso di costruire:
Chi compie questo reato è punito come segue:
b) l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5164 a 51645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di sospensione;
In tema di case mobili, manufatti leggeri, anche prefabbricati, il Permesso di Costruire non è necessario in rare condizioni
Ai sensi dell’art. 3 del citato d.P.R. per i soli interventi in cui ricorrono contestualmente i requisiti di cui al comma primo, lett. e 5), del predetto art. 3:
- collocazione all’interno di una struttura ricettiva all’aperto;
- temporaneo ancoraggio al suolo;
- conformità alla normativa regionale di settore;
- destinazione alla sosta ed al soggiorno, necessariamente occasionali e limitati nel tempo, di turisti;
Quanto sopra è ribadito anche dalle sentenze Cass. Pen. III n. 26924/2017, Cass. Pen. III n. 41067 del 15/09/2015, Cass. Pen. III n. 25015 del 23/03/2011.
La destinazione non provvisoria comporta l’adempimento dell’obbligo di ottenere il preventivo Permesso di Costruire.
L’esistenza di elementi tali da dimostrare un carattere permanente anziché transitorio è sufficiente da solo a rendere necessario il permesso di costruire.
Lo sono ad esempio la rimozione delle ruote e la collocazione sopra alcuni stabilizzatori sopra una piattaforma in cemento armato; inoltre gli elementi di decoro esterno e gli allacci ad una fonte idrica (recipiente contenitore con autoclave) e ad uno scarico, denotavano una struttura non provvisoria ma stabile (Cass. Pen. III n. 26924/2017).
Oppure anche se il manufatto, pur essendo dotato di piccole ruote, fosse privo di gancio per traino, di targa, di dispositivi di illuminazione e di documenti di circolazione ed stabilmente installato sul posto con tanto di cancello e recinzione, concretizza una durevole trasformazione del fondo (Cass. Pen. III n. 52834/2016).
Quindi l’abuso si configura anche nell’ipotesi di case mobili aventi destinazione duratura per soddisfare esigenze abitative: il legislatore statale intende, dunque, fare riferimento alla stabilità dell’opera e alla capacità di trasformare in modo durevole l’area occupata (Cass. Pen. III n. 52834/2016; Sez III 15 settembre 2015, n. 41067; Sez. III n. 38923/2013; Sez. III n. 25015 del 23 marzo 2011);
La casa mobile/prefabbricata stabilmente infissa al suolo attraverso sostegni che entrano nella pavimentazione con fondamenta in cemento e ferro, pur mantenendo la presenza di ruote, sostegni retrattili e ganci di traino, si configura come un tentativo di fornire una parvenza di mobilità alla stessa, non sufficiente a conferire carattere di temporaneità (Cass. Pen. III n. 38923/2013).
Anche la giurisprudenza amministrativa conferma lo stesso principio di stabilità sulle case mobili e prefabbricate
Una “casa mobile” (ancorchè dotata di ruote e, dunque, suscettibile di essere spostata in un qualunque momento sul suolo) non perde tale sua caratteristica solo perché sollevata dal terreno – mediante supporti di vario genere – e contestualmente allacciata alle reti dei servizi idrico, elettrico, fognario (Cons. di Stato VI n. 2297/2017).
La differenza che corre tra una vera e propria “casa mobile” e quella “apparente”, anche se le sue ruote restano nel tempo sempre aderenti al terreno, il suo stabile o durevole sollevamento dal suolo attraverso supporti impedisce anche solo accidentalmente lo scorrimento sul terreno, trasformandola de facto in una struttura che va assimilata ad una “nuova costruzione” (Cons. di Stato VI n. 2297/2017).
Il carattere di precarietà non può neppure derivare dall’utenza che l’utilizza.
La temporaneità dell’occupazione di una casa mobile (e a maggior ragione prefabbricata) da parte di utenti di tipo turistico, che la utilizzano per brevi o brevissimi periodi di tempo, rapportata alla “temporaneità della stasi” di una vera e propria “casa mobile”, non è sufficiente ad esentare la richiesta del Permesso di Costruire: l’avvicendamento, anche molto frequente, degli occupanti di tali manufatti non può certo distogliere l’attenzione dal fatto che l’alloggio stesso è, al contrario, sempre fermo al suo posto (Cons. di Stato VI n. 2297/2017).
La mobilità degli occupanti non determina, da sola, la mobilità della “casa” che li ospita.
Al tal proposito si richiama l’orientamento secondo cui i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie (Cons. di Stato. VI n. 4116/2016).
Ciò, in quanto il manufatto non precario non risulta in concreto finalizzato ad un suo uso per fini contingenti, ma viene destinato ad un utilizzo destinato ad essere protratto nel tempo.
La precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo.
Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di tal ché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (in tal senso: Cons. Stato, VI, 3 giugno 2014, n. 2842).
In strutture turistico-ricettive all’aperto sono ammesse eccezioni se aventi natura temporanea e precaria.
In questa ipotesi è essenziale che siano comunque autorizzate sotto il profilo (art. 3 c.1 lettera E.5 DPR 380/01):
- urbanistico e edilizio;
- ove previsto, paesaggistico;
- in conformità alle normative regionali di settore;
Aggiungo anche che tale rispetto deve essere comunque rispetto di tutte le ulteriori norme settoriali a prescindere, quali vincolo idrogeologico, di pericolosità idraulica, aree naturali protette, beni culturali e chi più ne ha più ne metta.
Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved
CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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