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Come comportarsi in caso di compravendite riguardanti edifici residenziali e per garantirsi un legittimo utilizzo.

La Cassazione torna sul tema a confermare la linea intrapresa da anni in tema di assenza del certificato di abitabilità (o Agibilità) per i fabbricati o porzioni di essi, nelle fasi di trasferimento immobiliare.

Capita spesso infatti di leggere atti come preliminari di compravendita o rogiti notarili aventi per oggetto immobili sprovvisti dell’apposito certificato, o relative forme più moderne di attestazione o certificazione.

Col D.P.R. 380/01 il certificato di Abitabilità, valevole solo per immobili residenziali, è stato assorbito nella procedura di Agibilità.

Da ultimo è stata infatti introdotta la Segnalazione Certificata di Agibilità col D.Lgs. 222/2016, con cui il proprietario congiuntamente ad un professionista abilitato provvede a depositarla presso la competente P.A. (Comune).

In tutte le varie forme e procedure di Agibilità/Agibilità che si sono susseguite nel corso dei decenni, il loro rilascio (o attestazione di parte) è sempre stato basato sul rispetto di molti requisiti [Storia normativa dell’Agibilità]

Tra quelli più importanti vi rientrano quelli di natura igienico sanitaria, il rispetto della conformità dell’opera eseguita ai progetti approvati, l’accatastamento, i collaudi statici ove previsti, eccetera (consulta qui gli approfondimenti).

Peraltro, l‘Agibilità può essere revocata a posteriori qualora emergano abusi e illeciti edilizi.

Al momento della compravendita molto spesso questo documento non viene menzionato tanto meno allegato, e figurarsi se la cosa affiora al preliminare di vendita o nelle proposte irrevocabili.

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Come comportarsi quando la compravendita è avvenuta senza citare il Certificato di Abitabilità

Secondo la sentenza di Cass. Civ. n. 4826/2019 il certificato di abitabilità integra un requisito giuridico essenziale ai fini non solo del legittimo godimento, ma anche della normale commerciabilità del bene.

Questo non significa che scatta automaticamente la nullità del contratto, al contrario la Cassazione ha stabilito come segue.

In materia di Certificato di Abitabilità/Agibilità, ai fini della compravendita presentarsi questi scenari:

  1. È assente in Comune ma ricorrono tutte le condizioni per il suo pieno conseguimento/rilascio/deposito: ciò non determina, di per sé, un inadempimento, né giustifica la risoluzione del contratto e/o il risarcimento del danno;
  2. E’ formalmente depositato in Comune al contrario, ma l’immobile non presenta tutti i requisiti imposti dalle norme (ergo inagibile): si è in presenza di un inadempimento idoneo alla risoluzione del contratto; ad esempio, potrebbero esservi insanabili violazioni di disposizioni urbanistiche (Cass. Civ. n. 30950/2017).

La Cassazione Civile ha che in caso di conclusione del contratto di compravendita ove il certificato di abitabilità non risulti rilasciato, il successivo rilascio esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio” e di ritenere l’originaria mancanza di per sé sola fonte di danni risarcibili (Cass. Civ. n. 4826/2019, n. 6548/2010).

Oppure anche nel caso in cui il venditore ometta di consegnare il certificato di abitabilità e, tuttavia viene accertata l’utilizzabilità del bene, il compratore non può chiedere il risarcimento del danno commisurato all’importo dei canoni di locazione perduti.

Infatti il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso di un bene immobile o alla sua abitabilità non è in sé di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio (Cass.Civ. n. 12226/2018).

Ne parlo anche in questo podcast audio gratuito, augurandoti buon ascolto (e magari di condividerlo se trovi utile).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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