Convertire ad uso abitativo parti comuni esistenti qualifica aumento di carico urbanistico
Anche il passaggio all’interno della stessa categoria funzionale in Zone omogenee A costituisce ristrutturazione edilizia pesante
In Italia ci sono estesi centri abitati classificati come “centri storici”, o magari piccoli agglomerati abitati situati in territorio aperto con prevalente caratteristiche storiche.
Se da una parte siamo portati a pensare che il mutamento di destinazione d’uso abbia avuto maggiore liberalizzazione rispetto agli anni passati, bisogna ricordare che ci sono diversi paletti e condizioni da verificare negli ambiti territoriali storici.
Il legislatore ha escluso da qualsiasi forma di liberalizzazione edilizia (SCIA e CILA) il cambio di destinazione d’uso negli edifici situati in particolari ambiti urbanizzati o centri abitati storici. E come vedremo, non si tratta solo di quei tessuti insediativi abitualmente denominati “centro storico”, ma vi sono altre aree assoggettabili a questa particolare rigidezza sul cambio funzionale.
INDICE ARGOMENTI
- Inquadramento categoria del mutamento d’uso in centro storico
- Cambio d’uso in Zone A: categoria di intervento urbanisticamente rilevante
- Quali sono i centri storici e Zone omogenee A (DM 1444/68)
- Assoggettamento al permesso a costruire
- Cassazione: cambi d’uso in centro storico soggetti al Permesso, esclusi dalle opere minori
- Precedenti dal passato: la sentenza di Cassazione Penale n. 6873/2017
- Normative regionali sul cambio d’uso in centro storico, niente deroghe al DPR 380/01
- Conclusioni e consigli
ALTRI ARTICOLI SU:
🔴 VIDEO COMMENTO YOUTUBE:
Inquadramento categoria del mutamento d’uso in centro storico
Forse possiamo considerarla una sorta di eccezione alla regola, oppure un punto fermo inattaccabile dalle discipline regionali, ma qualsiasi mutamento di destinazione d’uso negli immobili situati nelle Zone Omogenee A forma categoria di intervento a parte.
Rammento anche la definizione di destinazione d’uso dell’immobile, riprendendola dalla consolidata giurisprudenza, scegliendo la sentenza di Cass. Pen. n. 57989/2018:
<< è un elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione. Essa individua il bene sotto l’aspetto funzionale, specificando le destinazioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici in considerazione della differenziazione infrastrutturale del territorio, prevista e disciplinata dalla normativa sugli standard, diversi per qualità e quantità proprio a seconda della diversa destinazione di zona. L’organizzazione del territorio comunale e la gestione dello stesso vengono realizzate attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d’uso in tutte le loro possibili relazioni e le modifiche non consentite di queste incidono negativamente sull’organizzazione dei servizi, alterando appunto il complessivo assetto territoriale>>
Cambio d’uso in Zone A: categoria di intervento urbanisticamente rilevante
Conviene partire dall’art. 10 c.1 lettera c) DPR 380/01, il Testo Unico Edilizia, che riporta espressamente la definizione della categoria di intervento e il conseguente assoggettamento a Permesso di Costruire:
Art. 10 (L) – Interventi subordinati a permesso di costruire
1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:
a) gli interventi di nuova costruzione;
b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
2. Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinate a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività.
3. Le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all’incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. La violazione delle disposizioni regionali emanate ai sensi del presente comma non comporta l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 44.
Da quanto sopra emerge chiaramente che, soltanto per gli immobili compresi nelle Zone omogenee A, il mutamento della destinazione d’uso rientri nella ristrutturazione edilizia “pesante”; di conseguenza, costituisce intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, subordinato a permesso di costruire.
La riprova che la predetta tipologia di mutamento d’uso per Zone Omogenee A riguardi quelli rilevanti si evince anche dalla voce n.7 sezione II Allegato A D.Lgs. 222/2016, dove viene specificato anche tra i suoi elementi costitutivi.
Quali sono i centri storici e Zone omogenee A (DM 1444/68)
La prima cosa da fare è consultare lo strumento urbanistico comunale (Piano Regolatore), nonché i relativi regolamenti edilizi comunali, per individuare l’azzonamento in cui è inserito l’edificio o la porzione di immobile.
Ci tengo a premettere che non tutti i piani regolatori comunali hanno individuato espressamente le zone omogenee A come previste dall’articolo 2 del DM 1444/1968; in altre parole è possibile che i Comuni abbiano suddiviso il territorio e le relative previsioni di intervento sulla base di zone, senza che siano precisamente collegate o assimilate a quelle del DM 1444/68.
L’articolo 2 DM 1444/68 individua le Zone Omogenee A come segue:
A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;
Spesso questa definizione viene automaticamente connessa al contesto territoriale più antico e consolidato: il centro storico. Ma non è così.
Vi rientrano in quest’area gli ormai noti centro storici, o centri commerciali naturali come li definiscono taluni. Occorre fare attenzione che possono rientrare nelle Zone Omogenee A gli svariati nuclei storici sparsi nel territorio, soprattutto in territorio agricolo o aperto dirsi voglia.
Ci sono due fondamentali caratteristiche che servono per individuare la Zona Omogenea A:
- Urbanistico: agglomerato urbano, ovvero un insieme di costruzioni ben definito, tale da costituire un nucleo connotato da propria identità; coincide nella stragrande maggioranza dei casi anche in centro abitato caratterizzato da una prevalente funzione abitativa; non vi è menzione circa la sua perimetrazione in termini quantitativi, e neppure in base alla densità edilizia;
- Rilevanza testimoniale: storicità e pregio artistico, culturale e ambientale, ovvero caratteristiche di pregio tali da contraddistinguere questo contesto da quello circostante. Questa definizione prevista dal DM 1444/68 non implica automaticamente l’apposizione di particolari vincoli, piuttosto fornisce elementi che consentono una qualificazione globale di questo agglomerato, a prescindere dalle dimensioni territoriali.
Mutamento d’uso in centro storico e Zone A: obbligo di permesso a costruire
Intanto è necessario premettere che la possibilità di modificare la categoria funzionale e di utilizzo dell’immobile deve essere espressamente prevista dalle norme regionali, dallo strumento urbanistico comunale (PRG), il Regolamento edilizio comunale, nonché dalle varie normative di settore e speciali.
Per esempio un particolare vincolo di interesse storico o monumentale potrebbe limitare queste modifiche, ancorché ammissibili sul profilo urbanistico edilizio.
Ammesso quindi che sia ammissibile da quanto sopra, occorre specificare che qualsiasi forma di cambio di destinazione d’uso in centro storico costituisce ristrutturazione edilizia “pesante” ex art. 10 c.1 lett. C) del TUE, e in particolare:
- È assoggettata obbligatoriamente al Permesso di Costruire; è possibile tuttavia procedere con la particolare procedura di Segnalazione Certificata Inizio Attività alternativa al PdC (Super-SCIA), prevista dall’art. 23 TUE. Non si tratta di una SCIA normale, è necessario ribadirlo.
- Non rientra nella ristrutturazione edilizia “normale” prevista dall’art. 3 comma 1 lettera d) TUE, cioè la categoria di intervento indicata come “limite massimo superiore” per accedere ai vari bonus edilizi e superbonus.
- Riguarda ogni tipologia di esecuzione, con o senza opere: l’eventuale esecuzione o meno di opere contestuali al cambio d’uso non modifica l’inquadramento della categoria o della procedura;
- Comprende anche i cambi d’uso all’interno della categoria funzionale, quindi anche il semplice passaggio tra sotto categorie non urbanisticamente rilevanti;
- Le regioni non possono modificare questa disposizione limitante i cambi d’uso in centri o nuclei storici.
- E’ soggetto anche alle sanzioni penali in caso di esecuzione senza permesso di costruire;
La disciplina dei cambi d’uso in centro storico e Zone Omogenee A è rimasta comunque invariata anche rispetto alle modifiche introdotte dal DL 76/2020.
Cassazione: cambi d’uso in centro storico soggetti al Permesso, esclusi dalle opere minori
In questa direzione si è espressa in maniera chiara anche la Cassazione, dichiarando illegittimo il cambio di destinazione d’uso effettuato in centro storico mediante restauro e risanamento conservativo, tra l’altro depositando semplice Denuncia di inizio attività (Cass. Pen. III n. 6873/2017).
In particolare in questa sentenza la Cassazione indica testualmente:
Resta, in ogni caso, il fatto che gli interventi di restauro e risanamento conservativo richiedono sempre il permesso di costruire quando riguardano immobili ricadenti in zona omogenea A dei quali venga mutata la destinazione d’uso anche all’interno della medesima categoria funzionale.
Addirittura si esprime nella maniera più categoria possibile, ovvero che ciò vale anche per cambi di destinazione d’uso compiuti all’interno della stessa categoria funzionale, quindi ciò esula l’art. 23-ter del TUE in materia di categorie urbanisticamente rilevanti.
Il fatto che l’art. 10 c.2 del TUE preveda che le Regioni possono stabilire con legge “quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a SCIA (una volta era DIA)”, non ha rilevanza sul precedente comma.
Normative regionali sul cambio d’uso in centro storico, niente deroghe al DPR 380/01
La rilevanza giuridica e penale dei cambi funzionali e mutamenti d’uso nei centri storici non risulta neppure modificabile da eventuali norme regionali più miti, finalizzate a liberalizzare questi interventi.
In altre parole, le norme regionali possono fare previsioni diverse sulla disciplina dei cambi d’uso, ma non su quelli su edifici situati nelle zone omogenee A.
Riporto la spiegazione tramite un passaggio della sentenza di Cassazione Penale n. 57989/2018, sulla quale non ci sono motivi per ritenere variati i principi con le norme sopravvenute, tra cui il DL 76/2020:
<<con l’art. 23 ter d.P.R. 380/2001 – introdotto dall’art. 17, lett. n), d.l. 12 settembre 2014, n. 133, conv., con modiff., in I. 11 novembre 2014, n. 164 – si attribuisce giuridica rilevanza, salve le diverse opzioni eventualmente assunte dalla legislazione regionale, ai mutamenti di destinazione d’uso, anche se non accompagnati da opere edilizie, che siano idonei a determinare la riconduzione dell’immobile (o della singola unità immobiliare) ad una diversa categoria funzionale tra quelle indicate nel primo comma della disposizione. Al di là delle questioni interpretative che possono insorgere rispetto al contenuto di tale comma (cfr., di recente, Sez. 3, n. 6060 del 13/01/2017, Caturano, Rv. 269941), balza subito agli occhi come la disposizione, non solo non consideri il caso particolare dei centri storici, ma espressamente statuisca che, «salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito» (art. 23 ter, comma 3, d.P.R. 380 del 2001).>>
Conclusioni e consigli
In caso di cambio di destinazione d’uso nei centri storici o più generalmente, nelle zone omogenee A, l’intervento configura ristrutturazione edilizia pesante soggetta a Permesso di Costruire.
Occorre molta attenzione perchè ciò si applica anche quando avviene il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, perchè si potrebbe sbagliare la qualificazione dell’intervento.
E si tratterebbe di un errore grave costituendo un abuso edilizio penalmente rilevante.
Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved
CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
CONTATTI E CONSULENZE
Articoli recenti
- CILAS Superbonus presuppone (davvero) legittimità dell’immobile
- Centri storici, siti Unesco e vincoli culturali: condizioni e regole
- Truffa con immobile viziato da abusi edilizi sottaciuti
- Pergotenda, Edilizia libera requisiti e divieto chiusura (dopo Salva Casa)
- Preliminare di vendita, vincoli nascosti e risoluzione per inadempimento
- Conformità Catastale, atto definitivo e preliminare di vendita