Convertire ad uso abitativo parti comuni esistenti qualifica aumento di carico urbanistico
La destinazione d’uso qualifica la connotazione dell’immobile e la congruenza con l’interesse pubblico della pianificazione urbanistica.
La destinazione d’uso è un elemento sostanziale caratterizzante il rapporto tra immobile e contesto territoriale chiamato “carico urbanistico”.
Gli atti di pianificazione e governo del territorio prevedono e prescrivono diverse tipologie di destinazione d’uso da effettuare all’interni dei rispettivi ambiti territoriali, alla ricerca di un delicato rapporto d’equilibrio tra gli stessi city users e la fruizione del luogo.
Le destinazioni d’uso ammissibili in una zona sono prefissate allo scopo di pianificarne le funzioni compatibili, sostenibili e capaci di conferire qualità alla normale vita dei fruitori.
Le funzioni di utilizzo idonee sulla proprietà sono pianificate al fine di programmare funzioni compatibili, sostenibili e in grado di raggiungere un obiettivo di vita di alta qualità per i cittadini
Essa individua sotto l’aspetto funzionale la caratteristica del bene immobile nei confronti della differenziazione infrastrutturale del territorio, degli standard e delle dotazioni, componenti che vanno a confluire nella definizione di carico urbanistico.
Il cambio destinazione d’uso degli immobili ha una enorme valenza sul territorio circostante, e influenza sostanzialmente il suo progetto pianificatorio previsto dalle istituzioni competenti.
Il perseguimento di obbiettivi qualitativi per raggiungere un efficace “land use” spetta agli strumenti di pianificazione generale e attuativi, e solo essi possono decidere le destinazioni d’uso degli immobili e dei suoli, assegnando per ciascuno di esse secondo criteri di qualità e quantità di servizi.
Questo coordinamento è indispensabile per non creare condizioni tale da creare squilibri sull’organizzazione dei servizi e sulla gestione ottimale del territorio, concetto tra l’altro ribadito da due sentenze di Cassazione Pen. sez. III n. 22269/2016 e n. 38005/2013.
Nel settembre 2014 il provvedimento “Sblocca Italia” ha definito un nuovo concetto di “Mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante“, andando a riscrivere il capitolo della possibilità di utilizzo degli immobili.
Fu introdotto col nuovo art. 23/ter del Testo Unico dell’edilizia DPR 380/01, definendo in via generale le categorie funzionali (modificate durante la conversione del decreto Sblocca Italia):
- residenziale;
- turistico-ricettiva;
- produttiva e direzionale;
- commerciale;
- rurale;
Il provvedimento configura come cambio di destinazione d’uso rilevante il passaggio tra diverse categorie funzionali, con o senza opere edilizie
Lo stesso articolo disponeva un’importante distinzione sull’ammissibilità di mutamento d’uso in relazione alle categorie funzionali:
- mutamento tra diverse categorie funzionali: condizionato dalle previsioni degli strumenti urbanistici generali e attuativi;
- mutamento all’interno della stessa categoria funzionale: sempre consentito;
Alle regioni è stato consentito adeguare la propria legislazione ai principi descritti fin sopra, consentendo loro di emanare previsioni in merito.
L’art. 23/ter appare scritto in maniera contraddittoria, in particolare ritengo ci siano reciproche incongruenze:
- al comma 3 viene disposto che le regioni debbano adeguarsi e conformarsi ai seguenti principi entro novanta giorni, decorsi i quali la disposizione nazionale prevale su quelle regionali;
- al comma 1 vengono fatte salve diverse previgenti previsioni regionali;
- al comma 3 vengono nuovamente fatte salve diverse previsioni di leggi regionali e strumenti urbanistici comunali;
Questo post si conclude con una massima interrogativa:
il principio della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante prevale sulle norme regionali oppure no ?
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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