La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
Nella valutazione di procedibilità in autotutela occorre verificare le condizioni al contorno, in particolare la rilevanza di pubblico interesse.
Interessante il caso esposto nella recente sentenza n. 5625/2015 [1] vertente l’annullamento di concessioni edilizie in sanatoria rilasciate.
Partiamo dai fatti: alcuni immobili edificati senza titolo a Roma negli anni Cinquanta divengono oggetto di domanda di condono edilizio nel 1985.
Per essi vengono rilasciate quattro distinte Concessioni edilizie in sanatoria relative a due corpi di fabbrica a destinazione commerciale di circa 160 mq ciascuno realizzati in aderenza dell’acquedotto Traiano-Paolo, acquistati poi nel 2005 da un’altra società.
Nel 2013 il comune, con propria determina dirigenziale, provvede ad annullare in autotutela i suddetti titoli rilasciati perchè riscontra l’assenza del preventivo assenso della competente Soprintendenza.
Nel Novembre 2014 il Tar del Lazio, accoglie il ricorso della società in quanto l’autotutela è stata esercitata in relazione a «concessioni edilizie in sanatoria rilasciate oltre undici anni prima (…) per fabbricati realizzati inizialmente sin dagli anni cinquanta».
Il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo ricorre in Appello in quanto:
- il provvedimento di condono dovrebbe considerarsi nullo, perché rilasciato senza il preventivo assenso della Soprintendenza, con conseguente impossibilità di configurare un legittimo affidamento in capo al privato;
- gli strumenti urbanistici non consentirebbero il rilascio di titoli abilitativi in aree come quella in esame e imporrebbero l’osservanza di una fascia di rispetto di inedificabilità che, nella specie, non è stata osservata.
La società di controparte si oppone rilevando che:
- le concessioni in sanatoria non sarebbero nulle, perché i vincoli non sussisterebbero, come accertato dal Tribunale amministrativo regionale, con sentenza passata in giudicato;
- sarebbe stato leso il principio del legittimo affidamento;
- sussisterebbe un difetto di istruttoria, essendo stati gli immobili costruiti prima della adozione degli strumenti urbanistici.
In sede di dibattimento al Consiglio di Stato, l’appello viene respinto e accogliendo quindi la tesi avanzata dal titolare dei condoni.
L’istituto dell’Autotutela è annoverato dall’art. 21-nonies [2] della legge 17 agosto 1990, n. 241, e consente l’annullamento d’ufficio di un provvedimento amministrativo illegittimo, a condizione che sussistano ragioni di interesse pubblico, sia effettuato entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e controinteressati, dall’ente che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.
L’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 indica, in modo tassativo, quali sono i casi di nullità del provvedimento:
- mancanza degli elementi essenziali dell’atto;
- difetto assoluto di attribuzione;
- violazione o elusione del giudicato;
- casi previsti dalla legge;
Nella fattispecie, il Consiglio di Stato rileva che non è riscontrabile nessuno dei casi sopra indicati: il Comune ha adottato un atto difforme dal procedimento legale per mancanza del parere della competente Soprintendenza, in quanto tale, potrebbe essere ritenuto bensì annullabile ma non nullo.
L’autotutela è stata revisionata imponendo un periodo di 18 mesi con lo Sblocca Italia
In materia di Autotutela il provvedimento “Sblocca Italia” (L. 164/2014) ha statuito uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, pari a «diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici».
La norma non essendo applicabile ratione temporis, in ogni caso, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti delle relative parti e dell’interesse pubblico.
Nella specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto ampiamente qualificato il principio di affidamento nel privato in ragione del lungo tempo passato dall’adozione delle concessioni annullate, tenuto conto che risultano trascorsi ben tredici anni dal rilascio dei condoni e 29 dalla presentazione della domanda in sanatoria.
Infine il CdS ritiene che le motivazioni avanzate sugli eventuali vizi di legittimità, da soli e in assenza di altri elementi costitutivi del provvedimento di Appello, non sarebbero comunque sufficienti a giustificare il disposto annullamento.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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Avvertenza:
trattasi di riflessione commentata in materia di normativa urbanistica, pertanto non deve essere intesa come trattazione giurisprudenziale avente valore verso o presso terzi.
Note e Riferimenti:
[1] Consiglio di Stato, Sez. VI, depositata il 10 dicembre 2015;
[2] Art. 21-nonies L. 241/1990, Annullamento d’ufficio. (vigente al 22/12/2015):
1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
2. è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonchè delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.