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giunto sismico tra edifici cemento armato

Confermato orientamento che ammette solo autorizzazione sismica preventiva, vietandone il rilascio postumo a opere

Anche stavolta si deve escludere da quanto segue l’unica forma “ufficiale” di regolarizzazione sismica e strutturale postuma all’abuso, inserita di recente con legge n. 105/2024 “Salva Casa” all’interno degli articoli 34-bis e 36-bis del D.P.R. 380/01.

Fatta questa necessaria premessa, la Cassazione Penale con sentenza n. 5536/2025 torna a ribadire il proprio orientamento che disconosce il rilascio postumo dell’autorizzazione sismica per abusi comminati in zona sismica. Secondo tale orientamento l’articolo 94 TUE contempla soltanto il rilascio preventivo dell’autorizzazione sismica, cioè prima dell’effettivo inizio lavori: si è privilegiata l’interpretazione letterale e rigida, senza poter ammettere forme autorizzative posteriori all’ultimazione lavori.

Si precisa che fino a poco tempo fa in giurisprudenza amministrativa invece si era consolidato un orientamento favorevole all’autorizzazione sismica in sanatoria, tuttavia nel frattempo è cresciuto l’orientamento conforme a quello sfavorevole persistente in Cassazione. Oltre a sostenere l’impossibilità di suo rilascio, tale indirizzo afferma che il permesso di costruire in sanatoria non dovrebbe essere rilasciato quando la zona ha carattere sismico (e dal O.P.C.M. n. 3274/2003 tutta l’Italia lo è diventata, anche se con livelli differenziati di rischio). Si riporta l’intero passaggio espresso dalla Cassazione Penale, evidenziando i tratti che dichiarano inammissibile l’autorizzazione sismica rilasciata in sanatoria:

«A tutto ciò peraltro si aggiunga, infine, che il permesso di costruire in sanatoria non avrebbe potuto comunque essere rilasciato, atteso il carattere sismico della zona sulla quale insiste l’abuso. Questo principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (tra le molte, Sez. 3, n. 2357 del 14/12/2022, Casà, Rv. 284058; Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212), trova sostegno anche in quella amministrativa, secondo cui la richiesta di autorizzazione ai fini sismici è sempre preventiva, non potendosi ammettere l’istituto dell’autorizzazione sismica in sanatoria.
7.1. In particolare, il Consiglio di Stato, dopo alcune pronunce contrastanti (in senso contrario alla “sanatoria sismica”, tra le altre, Sez. 6, n. 3086 del 2021; Sez. 3, n. 4142 del 2021; in senso favorevole, Sez. 2, n. 3645 del 2024) ha da ultimo affermato (Sez. 6, n. 9355 del 2024) che l’istituto della autorizzazione sismica in sanatoria non è riconosciuto nel nostro ordinamento e che l’art. 94, d.P.R. n. 380 del 2001, persegue il fine di eseguire una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico ed è espressione di un principio fondamentale in materia di governo del territorio; ne consegue che “la sussistenza di un evidente interesse pubblico legato all’incolumità pubblica, rispetto al quale l’interesse edificatorio del privato non può che essere recessivo, determina un assorbimento degli esiti relativi ad un permesso di costruire per l’assenza di un titolo attestante l’idoneità sismica dell’immobile, dovendo tale condizionamento riguardare anche l’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.”
7.2. D’altronde, la stessa giurisprudenza amministrativa che ha ammesso la sanatoria sismica, peraltro richiamando il rischio di una – invero non condivisibile – interpretatio abrogans dell’art. 36 citato (attesa l’ampiezza delle zone sismiche sul territorio nazionale), ha rilevato, in senso evidentemente contrario, che “il d.P.R. n. 380 del 2001 non contempla espressamente alcuna procedura di sanatoria c.d. strutturale, ovvero riferita alla mancata denuncia preventiva o alla mancata richiesta di autorizzazione sismica di cui agli artt. 65, 93 e 94. A ben guardare, anzi, il controllo esercitato dall’amministrazione competente per gli interventi in zone sismiche è costruito dal legislatore in maniera preventiva, come si ricava da una serie di indici testuali contenuti nelle norme di riferimento. L’art. 65 del Testo unico, ad esempio, prevede che le opere siano denunciate «prima del loro inizio»; l’art. 93, a sua volta, impone a chiunque intenda procedere ad interventi nelle zone sismiche, di darne «preavviso» scritto allo sportello unico, che provvederà alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale; il successivo art. 94 infine si riferisce ad una «preventiva autorizzazione», sicché la procedura deve essere inequivocabilmente completata prima dell’esecuzione dell’intervento, nel rispetto delle formalità richieste”, (C.d.S., n. 3645 del 2024). Ed ha quindi aggiunto – ancora il Consiglio di Stato – che “la Corte costituzionale ha già ricondotto in più occasioni tali regole procedurali a principi fondamentali cui le Regioni possono dare solo attuazione di dettaglio, non in deroga, in quanto rispondono ad esigenze di unitarietà di regime, particolarmente pregnanti di fronte al rischio sismico, che «non tollera alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali» (ex multis, sentenze n. 264 del 2019; n. 232 e n. 60 del 2017, n. 282 del 2016 e n. 300 del 2013). In tal modo infatti si garantisce infatti un capillare controllo sulle tecniche costruttive sul territorio caratterizzato da vulnerabilità sismica”; un controllo che, per contro, non sarebbe allo stesso modo assicurato ammettendo la sanatoria sismica.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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