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Il DPR 380/01 non fornisce esatte indicazioni per scegliere tra due categorie di intervento rilevanti

Quando si deve scegliere la procedura edilizia da applicare si fa riferimento a quelle previste nel Testo Unico Edilizia DPR 380/01, tenendo d’occhio anche quelle integrate dalle norme regionali.

A volte può capitare che la norma regionale sia “dissonante” con quella del TUE, lasciando un senso di disorientamento su quale norma prevalga sull’altra, e su quali procedure e titoli abilitativi edilizi applicare. E qui si dovrebbe ragionare sui possibili profili di incostituzionalità, ma non ci interessa in questo articolo.

Negli ultimi anni il DPR 380/01 è stato “rimaneggiato” diverse volte in maniera notevole, risolvendo criticità previgenti e creandone nuove; mi riferisco in particolare alle modifiche apportate dal D.Lgs. 222/2016 (con relativo allegato A) e D.L. 76/2020.

Tra le diverse “zone grigie” resta ancora irrisolta la distinzione tra ristrutturazione edilizia pesante (art. 10 c.1 lettera c) TUE) e nuova costruzione (art. 3 c.1 lettera e.1) del TUE), in base al parametro dell’aumento volumetrico al di fuori della demolizione e ricostruzione dell’edificio (parziale o integrale, poi ? ).

Stringendo il cerchio, ipotizziamo l’intervento di ristrutturazione edilizia “pesante” art. 10 TUE, comprensivo anche con demolizione e ricostruzione parziale (ma quanto parziale, dall’1% o fino al 99% ?) e non totale, contestuale all’incremento volumetrico.
Anche perchè, come vedremo, l’aumento di volume effettuato senza demolizione e ricostruzione parziale/totale dell’edificio, porta a configurare l’ipotesi di ampliamento rispetto alla sagoma esistente e quindi in nuova costruzione (punto e.1 art. 3 c.1 DPR 380/01).

Ed escludiamo in questa sede pure la presenza di immobili sottoposti a vincolo del D.Lgs. 42/2004 per pura semplicità.

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Infatti la definizione di ristrutturazione edilizia “pesante” è individuata dall’Allegato A del D.Lgs. 222/2016 e si riferisce all’articolo 10 c.1. lett. c) DPR 380/01. Occorre sottolineare che detto Allegato presentava già al suo interno alcune contraddizioni irrisolte, e non essendo stato oggetto di modifiche del D.L. 76/2020, ne rende ancora più difficile l’utilizzo.

Questa particolare “sottocategoria” di ristrutturazione edilizia pesante costituisce intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, e automaticamente assoggettata a permesso di costruire, assieme agli interventi rilevanti e disciplinati al comma 1 articolo 10 TUE:

Art. 10 (L) – Interventi subordinati a permesso di costruire

1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:

1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:
a) gli interventi di nuova costruzione;
b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
(lettera così sostituita dall’art. 10, comma 1, lettera e), della legge n. 120 del 2020)

(omissis).

Tra l’altro rilevo un ulteriore “assonanza”: gli interventi di nuova costruzione sono qualificati come trasformazione edilizia e urbanistica del territorio pure nell’art. 3 c.1 lettera e) DPR 380/01, qualora non siano inquadrabili nelle categorie edilizie definiti ai precedenti punti a-b-c-d comma 1 art. 3 DPR 380/01.

Rammento pure che per gli interventi di ristrutturazione edilizia pesante è consentita la possibilità di presentare apposita Scia Alternativa al Permesso di Costruire ex art. 23 TUE, al posto del Permesso di Costruire.

In quale misura può essere effettuato l’aumento di volumetria in ristrutturazione pesante, per non sconfinare in regime di nuova costruzione?

Non c’è una risposta a questa domanda, forse a ciò hanno provveduto le norme regionali.

Tuttavia neanche la giurisprudenza è riuscita a fornire indicazioni precise sul punto e quantità di incremento volumetrico ammissibili in ristrutturazione edilizia pesante e sforamento verso l’ambito della nuova costruzione. Infatti come vedremo, verrebbe a mancare la distinzione tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione.

Magari lo sforamento potrebbe superare quel livello indefinito, ed essere qualificato in ampliamento di edificio esistente compiuto all’esterno della sagoma di partenza, come sottocategoria di nuova costruzione lettera e.1) comma 1 art. 3 DPR 380/01:

e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);

Formano eccezione a ciò gli interventi pertinenziali, che sono espressamente sottoposti alla disciplina degli strumenti urbanistici comunali (ma anche regionale, a quanto ho potuto constatare).

Certamente gli interventi pertinenziali hanno un perimetro più circoscritto e definito dalle predette discipline, ma almeno hanno un termine quantitativo fissato al 20% del volume dell’edificio principale. Per maggiori dettagli sugli interventi pertinenziali rinvio a questo materiale.

Cassazione: incrementi volumetrici modesti non devono configurare apprezzabili aumenti di volumetria

E ancora una volta ci troviamo al capolinea: la Cassazione Penale in diverse sentenze ribadisce un criterio di principio, ma in assenza di termini quantitativi non è possibile fornire risposte precise.

Ad esempio Cass. Pen n. 43530/2019:
«Innanzi tutto, vi è stata una modifica volumetrica, sia pure senza modifica della sagoma esterna del fabbricato. Questa Sezione ha affermato che in materia edilizia, le “modifiche volumetriche” previste dall’art. 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 per le attività di ristrutturazione edilizia (assentibili, a scelta dell’interessato, o con permesso di costruire o con DIA) devono consistere in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ovvero in incrementi volumetrici modesti, tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria, perché altrimenti verrebbe meno la linea di distinzione tra la ristrutturazione edilizia e la nuova costruzione (Cass., Sez. 3, n. 47046 del 26/10/2007, Soldano, Rv. 238462).»

Sentenza di Cass. Pen. n. 38611/2019:
2.2. Si è precisato, nel quadro delle predette definizioni, che la ristrutturazione edilizia si caratterizza anche per la previsione di possibili incrementi volumetrici, ma ciò rende necessaria una lettura della norma nel senso che l’aumento di cubatura deve essere senz’altro contenuto, in modo da mantenere netta la differenza con gli interventi di nuova costruzione.
2.3. Solo gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati nell’art. 10, comma 1, lett. c) richiedono il permesso di costruire, essendo sufficiente per gli altri la s.c.i.a. Si tratta, in questo caso, di interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, individuati dalla giurisprudenza di questa Corte come quelli che determinano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica. Al contrario, le ristrutturazioni edilizie che comportano integrazioni funzionali e strutturali dell’edificio esistente, ammettendosi limitati incrementi di superficie e di volume, necessitano del permesso di costruire ovvero della denunzia di inizio attività alternativa al permesso (v. Sez. 3, n. 47046 del 26/10/2007, Soldano, Rv. 238460; Sez. 3, n. 40173 del 26/09/2006, Balletta, non massimata).

Quando sono modesti incrementi volumetrici?

Non ne ho la minima idea, perchè da quanto sopra si desume un termine qualitativo, ma a noi tecnici professionisti (e alla Pubblica Amministrazione) servono termini quantitativi per individuare con certezza le linee di confine che separano le varie categorie, e procedure. E questa incertezza normativa ci lascia brancolare nella nebbia della qualificazione di intervento e di conseguenza procedurale.

Purtroppo ad oggi il DPR 380/01 continua a presentare diverse zone di “frizione” tra categorie e procedure, proprio perchè è un continuo rimaneggiare e adattare gli articoli 3, 10, 22 e 23 del DPR 380/01.

Ormai si rende necessaria riscrittura totale del Testo Unico Edilizia, o meglio: la scrittura di un nuovo codice integrale e coordinato con le varie discipline, prime tra tutti la Paesaggistica del D.Lgs. 42/2004.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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