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Quando l’ascensore risulta escluso dalla nozione di costruzione e dal rispetto delle relative distanze per tutelare i soggetti beneficiari

Gli ascensori sono impianti che consentono di superare le barriere architettoniche, al fine di rendere fruibile l’immobile non soltanto ai soggetti diversamente abili anche temporaneamente (con o senza formale riconoscimento), ma anche a vantaggio di persone che per età avanzata o condizioni personali si trovano in difficoltà di accesso (Cons. di Stato n. 1682/2020, n. 4824/2017, TAR Milano n. 580/2020).

Il problema del rispetto delle distanze minime tra costruzioni può presentarsi quando si intende realizzare un nuovo ascensore esterno, cioè da realizzare al di fuori della sagoma esistente, in facciata e collocato su resede.

In particolare la realizzazione di ascensore si rende necessaria per adeguare l’accessibilità alle proprietà esclusive nell’ambito del condominio, dove può crearsi conflittualità tra interessi dei condomini beneficiari, quelli che non intendono sostenere la spese e perfino da soggetti terzi confinanti. In questo articolo pertanto non parleremo di ascensori realizzati al di fuori del contesto condominiale, tenuto conto che configura ipotesi abbastanza rara.

Inoltre anche nell’ambito delle distanze in deroga per ascensori occorre tenere separati tra loro i due profili amministrativi e civilistici.

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La deroga alle distanze ai fini regolamentari amministrativi e DM 1444/68

A livello normativo esiste l‘articolo 79 comma 1 del DPR 380/01: esso consente la realizzazione delle opere di abbattimento barriere architettoniche in ambito condominiale di cui al precedente articolo 78, in deroga alle distanze distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati. In questo modo, la deroga alle distanze regolamentari si riflette anche sul DM 1444/68, in quanto devono conformarsi ad esso in maniera tassativa.

Il comma 2 dell’articolo 79 DPR 380/01 esclude dalla deroga regolamentare l’obbligo di rispettare le distanze in base agli articoli 873 e 907 del codice civile (trattate separamente con apposita norma ai fini civilistici come vedremo), nell’ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni (cioè edifici diversi da quello di installazione) non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.

Faccio presente che i contenuti degli articoli 78 e 79 del DPR 380/01 ricalcano esattamente quelli indicati rispettivamente negli articoli 2 e 3 della L. 13/89, un vero duplicato normativo.

Nell’ambito puramente urbanistico amministrativo, la consolidata giurisprudenza considera gli ascensori come impianti tecnologici strumentali alle esigenze tecnico-funzionali dell’edificio, e quindi non rientrano nella nozione di costruzione di cui all’articolo 873 del codice civile. Ciò significa che tali disposizioni in tema di distanze non si applicano agli ascensori, come stabilito dal Consiglio di Stato (n. 1305/2023, n. 175/2015, n. 2363/2014, n. 6253/2012, TAR Liguria n. 1002/2015, TAR Abruzzo n. 134/2018, TAR Catania n. 1895/2021). In altre parole, l’ascensore non possedendo natura di costruzione, viene escluso dalla disciplina del rispetto delle relative distanze. Seguendo tale principio, la “declassificazione” da manufatto a impianto tecnologico si estenderebbe all’ambito amministrativo sia civilistico.

Ascensori, le distanze in deroga ai fini privatistici articolo 873 Codice Civile

Dello stesso tenore di quanto anticipato si ravvisa anche la Corte di Cassazione Civile in sentenza 2566/2011, che da una parte esclude dal rispetto delle distanze legali l’installazione dell’ascensore esterno, ma ricomprende quei volumi che invece ne fanno parte integranti come il torrino extracorsa sulla copertura:

Orbene, ai fini del calcolo delle distanze legali, integra la nozione di volume tecnico, non computabile nella volumetria della costruzione, solo quell’opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi di una costruzione principale per esigenze tecnico- funzionali della costruzione medesima: in sostanza, si tratta di impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione che non possono essere ubicati all’interno di questa, come quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore ecc., mentre va escluso che possa parlarsi di volumi tecnici in relazione a quelle parti del fabbricato che ne costituiscono parte integrante, come ad es. il vano scale, di cui il torrino ne rappresenta la necessaria prosecuzione.

Una migliore spiegazione possiamo trovarla nella sentenza di Cassazione Civile n. 25835/2018, la quale riesce a fare una valida distinzione tra ambito privatistico e amministrativo sulla deroga delle distanze.

Ripartiamo daccapo riportando l’articolo 3 L. 13/89 (ricalcato/duplicato anche dall’articolo 79 DPR 380/01), riferite agli interventi di abbattimento barriere architettoniche in ambito condominiale ex art. 2 L. 13/89 (ovvero articolo 78 DPR 380/01):

1) Le opere di cui all’articolo 2 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a piu’ fabbricati.
2) E’ fatto salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell’ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune”.

Il comma 1 introduce la deroga regolamentare edilizia, cioè quella di tipo amministrativo e sufficiente anche per DM 1444/68, mentre il comma 2 collega il rispetto delle distanze ai fini civilistici ex articoli 873 e 907 C.C.

Si ricorda che l’articolo 873 C.C. consente di maggiorare le distanze minime ai fini civilistici collegandole dinamicamente a quelle regolamentari (Piani Regolatori, Regolamenti Edilizi e DM 1444/68). Ciò significa ad esempio che si applicherebbero anche quelle minime tra costruzioni pari a 10 metri.

La giurisprudenza civile si è occupata di stabilire se, al di fuori dei rapporti condominiali, il richiamo alle distanze di cui al secondo comma art. 873 Codice Civile debba intendersi limitato alla sola distanza di tre metri indicata nella prima parte della norma oppure anche alle eventuali distanze maggiori previste dai regolamenti locali richiamate.

La Cassazione Civile ha ritenuto valida la prima tesi (cioè distanza minima di tre metri inderogabile a priori, senza maggiorazioni con quelle regolamentari), in quanto più corretta e aderente alla normativa: se il legislatore del 1989 avesse inteso estendere la portata interpretativa anche alle maggiori distanze regolamentari, lo avrebbe espressamente previsto mediante una semplice aggiunta dell’ inciso “o ai regolamenti edilizi” come ha fatto, seppur per scopi opposti, nel comma 1 disciplinando le opere all’interno di aree condominiali.

Il legislatore con la L. 13/1989 ha avuto una visione “statica” dell’art. 873 cc, evitando il più possibile disparità di trattamento rispetto alle opere all’interno di edifici condominiali, ove invece, è prevista espressamente la realizzazione “in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi.

Pertanto la predetta deroga delle distanze che rinvia all’articolo 873 del Codice Civile va interpretata in senso ristretto, cioè senza considerare le maggiori distanze regolamentari richiamate al comma 2 medesimo articolo.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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