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Interventi effettuati in assenza o difformità da titoli edilizi facoltativi Ante ’67

In generale si può sintetizzare che, anteriormente al 1° settembre 1967, qualora risulti accertata e dimostrata l’esecuzione di intervento edilizio (con elementi e documenti probanti secondo definizione di Stato Legittimo) in assenza di titolo abilitativo (comunque denominato) o in difformità da esso in epoca e zona territoriale:

1) sottoposta al relativo obbligo da normativa e/o disposizione regolamentareva considerato illegittimo e da regolarizzare;
2) non soggetta al relativo obbligo da normativa e/o disposizione regolamentaresi considera legittimata e non richiede regolarizzazione.

Fin qui potrebbe apparire logicamente semplice, ma la vera difficoltà richiede puntuali verifiche verso due fronti di indagini che il professionista deve svolgere diligentemente, senza lasciare nulla al caso:

  1. obbligo o meno di titolo abilitativo in base ad epoca e zonizzazione territoriale
  2. onere della prova sull’intervento compiuto, con documenti probanti in base alla nuova definizione di Stato Legittimo

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Le discordanze presenti sugli immobili possono considerarsi legittimate a certe condizioni, previa dimostrazione epoca di esecuzione

Per gli immobili risalenti la normativa sullo Stato Legittimo introdotta nel Testo Unico DPR 380/01 ammette alcune forme di “sanatoria automatica”, se così possiamo definirle, condizionate a diversi presupposti tutti da provare.

Il comma 1-bis dell’articolo 9-bis DPR 380/01 contiene la definizione integrale di Stato Legittimo dell’immobile, e nella seconda parte è disciplinata la categoria di immobili risalenti e datati, ovvero quelli realizzati in epoca (e zone territoriali) non soggette all’obbligo di titolo abilitativo.

Chiaramente, la dimostrazione dei necessari presupposti è posta a carico del soggetto interessato o proprietario dell’immobile: si parla infatti di onere della prova, con cui evidenziare che le presunte irregolarità edilizie sono state effettuate in regime di edificazione e trasformazione libera. Anche in questo caso bisogna fare le dovute distinzioni: la libertà ed esonero dal titolo abilitativo va limitata soltanto a quello “puramente” edilizio, non potendosi estendere anche contemporaneamente a quelli previsti da norme speciali e di settore, ad esempio con valenza paesaggistica, antisismica, beni culturali, eccetera.

Obbligo di titolo abilitativo secondo lo Stato Legittimo DPR 380/01

E allora come considerare le discordanze, difformità o irregolarità pregresse e riscontrate oggi tra lo stato effettivo dell’immobile nei confronti delle eventuali pratiche edilizie del passato, o verso i documenti con valenza probante accessibili oggi? In particolare come muoversi per le irregolarità effettuate:

A chiarire la questione arriva in soccorso da ultimo la sentenza di Consiglio di Stato n. 3793/2024, confermando correttamente il pregresso quadro normativo e giurisprudenziale per le nuove costruzioni e trasformazioni sostanziali di edifici esistenti entro cui muoversi:

  1. L’originario articolo 31 L. 1150/42 imponeva in via generale l’obbligo di licenza edilizia solo nei centri abitati e, per i comuni dotati di un piano regolatore generale, anche nelle zone di espansione esterne a essi (Corte cost. n. 217/2022). Per quanto attiene la perimetrazione dei centri abitati in epoca ante ’67 consiglio il seguente approfondimenti;
  2. Nel periodo antecedente al 1° settembre 1967 (L. 765/67) e anche prima del 31 ottobre 1942 (L. 1150/42) il regolamento edilizio comunale poteva aver legittimamente esteso l’obbligo di licenza edilizia o titolo autorizzativo a tutto o in parte del territorio comunale, in quanto emanati con potestà regolamentare attribuita ai comuni nella materia edilizia dai testi unici della legge comunale e provinciale susseguitisi nel tempo: R.D. 5921/1889, R.D. 268/1908 e R.D. 148/1915, oltre che al R.D. 297/1911. A quanto sopra, bisogna sovrapporre anche gli obblighi di titoli edilizi previsti dalle norme primarie previgenti alla L. 1150/42, quali R.D. 640/1935 e R.D. 2105/1937.
  3. Con L. 765/1967, entrata in vigore il 1° settembre 1967, fu modificato l’articolo 31 della legge n. 1150/1942 ed esteso l’obbligo di licenza edilizia a tutto il territorio comunale;

Quando gli illeciti Ante ’67 sono considerati legittimi

Ci troviamo nei casi in cui si notano discordanze e presunte violazioni edilizie tra l’attuale stato dei luoghi e il passato, per cui occorre stabilire un metodo di verifica, soprattutto se tali opere non risultano legittimate da eventuali titoli abilitativi.

Per prima cosa occorre acquisire tutti gli elementi probanti la consistenza ed esecuzione dell’intervento ad una certa data/epoca, sulla base anche dei documenti con valenza probante stabiliti dalla seconda parte della definizione di Stato Legittimo degli immobili (art. 9-bis c.1-bis TUE).

Una volta accertate le vicende costruttive temporali intercorse, vanno comparate ciascuna con gli eventuali obblighi di titolo edilizio.

Negli immobili risalenti e Ante ’67 è necessario prioritariamente accertare se la costruzione o l’intervento edilizio sia avvenuta in determinata epoca e zona territoriale soggetta all’obbligo di titolo abilitativo comunque denominato: in funzione della sua collocazione, strumentazione urbanistica e regolamentazione edilizia comunale allora vigenti per ciascun intervento, è possibile verificare se fosse stato soggetto a titolo edilizio.

Distinzione tra obbligo di licenza edilizia e denuncia formale dell’opera

Riprendendo la sentenza del Consiglio di Stato n. 3793/2024, riguardante l’annullamento del diniego di accertamento di conformità emesso dal Comune, per illeciti edilizi ed edificio compiuto quando erano situati al di fuori del centro abitato (anteriore al 1956 del primo PRG di Lucca, anche se dotato di regolamento edilizio al 1933). Per prima cosa occorre capire se un regolamento edilizio imponeva o meno l’obbligo di munirsi di un titolo abilitativo edilizio.

E’ molto interessante la distinzione tra interventi sottoposti ad obbligo di titolo edilizio e l’obbligo formale di denuncia dell’opera al Comune: nel regolamento edilizio comunale del 1933 era previsto soltanto l’obbligo di formale di denunciare al Podestà (Sindaco in epoca fascista) l’intervento edilizio, una sorta di comunicazione dell’epoca senza dover attendere il rilascio di un titolo.

Il Consiglio di Stato con l’anzidetta sentenza ha confermato quanto già stabilito in precedenza con sentenza n. 3899/2015, secondo cui l’«articolato regime normativo, che impone l’obbligo di munirsi del titolo abilitativo (da intendersi come licenza edilizia o simile), dovendosi intendere tale dovere in senso ristretto – e cioè laddove espressamente tipizzato e obiettivamente riconoscibile dalla disciplina ratione temporis vigente–, non può rinvenirsi in norma regolamentare quale quella presa in esame dal giudice di primo grado: ed infatti, […] nei suoi contenuti, prevedeva soltanto un “obbligo di denuncia” al Podestà, sicché pare del tutto irragionevole desumerne la violazione dell’obbligo (operante solo in quanto, appunto, normativamente tipizzato anteriormente alla legge urbanistica del 1942) di munirsi di titolo abilitativo edilizio e sostenere la conseguente afflittiva abusività dei manufatti allora realizzati».

Motivo per cui l’obbligo di denuncia formale di opere e interventi edilizi previsti anteriormente alla L. 1150/42 non vanno tradotti o equiparati ad obbligo di ottenimento/rilascio di titolo abilitativo edilizio, previsto dalla (eventuale) normativa e regolamentazione locale all’epoca.

Abusi edilizi ante ’67 e sanatoria edilizia

Dalla stessa sentenza di Consiglio di Stato n. 3793/2024 emergono interessanti principi per cui:

  • il non contestato riferimento alla data di realizzazione degli interventi rende provato lo «stato legittimo» dell’immobile edificato entro il 1° settembre 1967 e comunque entro la data in cui lo strumento urbanistico locale ha imposto il titolo (vedi anche Cons. di Stato n. 606/2023).
  • La carenza di un obbligo concessorio al momento della realizzazione dei contestati interventi rende illegittimo il diniego di accertamento di conformità non potendosi, peraltro, opporre, nel caso di specie e in ragione del peculiare assetto della vicenda, le sopravvenute varianti urbanistiche quale causa ostativa al conseguimento del titolo abilitativo richiesto.

Si ricorda che pure il Comune è onerato dall’obbligo di fornire elementi probanti l’asserita natura illecita dell’opera o del manufatto, non potendo assumere un ruolo puramente passivo e di vantaggio nei confronti del cittadino interessato a dimostrare lo Stato Legittimo.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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