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Le testimonianze sono irrilevanti per attestare l’esistenza di manufatti e costruzioni e dimostrare la conformità urbanistica dell’immobile

Torno nuovamente sul tema degli immobili costruiti “Ante ’67”, in particolare per dimostrare la loro realizzazione in funzione di:

Utilizzare la prova testimoniale significa far dichiarare per iscritto un fatto riferito ad una certa data o periodo, da rendere di fronte ad un soggetto con funzione di Pubblico Ufficiale.

Le prove testimoniali sono elementi utilissimi per aiutarci a ricostruire la storia delle trasformazioni edilizie intervenute nel tempo su un immobile, a partire dalla costruzione delle volumetrie.

Possiamo dire le memorie storiche degli abitanti diventano essenziali per sciogliere i dubbi nelle verifiche immobiliari e nella ricostruzione della conformità urbanistica dell’edificio; riescono infatti a colmare quei vuoti che troppo spesso emergono dalla carenza dei documenti, foto aree, titoli edilizi, eccetera.

Purtroppo per quanto possano contribuire a completare il quadro storico delle trasformazioni e interventi, il nostro ordinamento non ritiene sufficientemente opportune attribuire valore probante alle prove testimoniali rese per dimostrare la legittimità dell’immobile, e in particolare, per attribuire un valore probante pari o superiore alle prove documentali.

Certamente, sono ammissibili in ambito penale per riscontrare i fatti e circostanze, ma ciò non significa che possano sostituire gli elementi probanti per “tabulas”, cioè mediante fonte documentale con data certa.

In ambito amministrativo invece non sono ammesse, e comunque qualora inserite vengono addirittura ponderate e valutate per convalidare la veridicità di tutti gli elementi probanti e documentali.

Facciamo un breve quadro della normativa e giurisprudenza sulle testimonianze.

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Prove testimoniali in urbanistica: la giurisprudenza

Recentemente il Consiglio di Stato con sentenza n. 4722/2022 ha confermato la tesi del TAR Brescia n. 381/2021 per cui non sia possibile attribuire rilievo alle prove testimoniali, anche se rese in altro processo e negli atti cristallizzati in esso.

Tra le motivazioni emergono che tali testimonianze siano generiche e non utili a contraddire fatti oggettivi, e in particolare con testimonianza generica poi contraddetta per tabulas (cioè tramite documento).

Da qui scaturisce l’irrilevanza delle prove testimoniali nella ricostruzione dello stato legittimo e per opporsi ad un ordinanza di demolizione e rimessa in pristino emessa dal Comune.

E come ribadito nella predetta sentenza del Consiglio di Stato, di fronte a immobili sprovvisti di titolo abilitativo, l’ordine di demolizione è infatti un atto dovuto e vincolato; esso pertanto non richiede una motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi.

La necessità di rendere pienamente credibile una dichiarazione di esistenza del manufatto si è già consolidata anche in un altro ambito, cioè la dichiarazione sostitutiva attestante l’epoca dell’abuso edilizio nei condono e sanatorie.

Anche se espressamente prevista dalla normativa, tale dichiarazione va supportata da riscontro anche indiziari, purché altamente probanti l’epoca di ultimazione lavori, per cui il proprietario (tramite un Tecnico abilitato) deve sincerarsi con precisione dell’effettiva data o epoca di esecuzione degli interventi.

Infatti dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2809/2019 viene ribadito che “La prova dell’epoca di costruzione di un edificio o dei lavori relativi alla sua trasformazione può esser fornita sia per tabulas (testamenti, atti pubblici di trasferimento della proprietà, estratti catastali, licenze di agibilità, contabilità d’impresa, ecc.), sia con prove tecniche (saggi e ispezioni in situ, che consentano una datazione sulla base delle tecniche costruttive utilizzate) e persino tramite testimonianze giurate o elementi indiziari o presuntivi.

Stato legittimo immobili, soltanto con elementi probanti

L’esclusione delle testimonianze per comprovare l’esistenza di un manufatto o intervento edilizio ad una certa data/epoca arriva con la definizione di Stato Legittimo. Essa è stata introdotta col D.L. 76/2020, che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 9-bis del DPR 380/01:

1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unita’ immobiliare e’ quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unita’ immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo e’ quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unita’ immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

Dalla definizione emerge chiaramente l‘ammissibilità riservata ai soli elementi documentali, e non tutti: soltanto i titoli abilitativi edilizi, oppure da documenti probanti di cui sia dimostrata la provenienza.

Ciò significa che la ricostruzione della conformità urbanistico edilizia dell’edificio e dell’unità immobiliare debba passare sostanzialmente dalla documentazione avente data certa e provenienza certa.

Con questa nuova impostazione normativa viene confermato il “recesso” delle prove testimoniali rispetto ai documenti scritti.

Conclusioni e consigli

Diventa davvero difficile ricostruire la storiografia delle trasformazioni edilizie di un immobile, sopratutto quando si va indietro nel tempo e nel periodo in cui non vi era obbligo di licenza edilizia in certi ambiti territoriali. Il primo pensiero va alle costruzioni presenti prima del 1° settembre 1967 e alla difficile reperibilità di foto aeree dell’epoca.

E’ opportuno ricordare quanto già detto più volte per sfatare una credenza dura a morire: il 1 settembre 1967 non è l’anno zero dell’urbanistica, da cui ha inizio l’obbligo di licenza edilizia e successivo ad un’epoca in cui l’attività edilizia fosse completamente libera da titoli e permessi vari.

Per maggiori dettagli ti segnalo il mio libro “Ante ’67” e un apposito articolo di approfondimento.

Posso soltanto concludere che l’acquisizione delle testimonianze rese da soggetti presenti all’epoca dei fatti serve comunque anche a noi per convalidare e mettere in discussione la scansione dei fatti. Proprio come dei veri detective immobiliari.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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