Sotto gli edifici di molte città potreste trovare spazi interrati senza autorizzazioni edilizie perchè costruiti per obbligo normativo bellico

Grava sul privato dimostrare l’avvenuta esecuzione di un opera in epoca non soggetta a titolo abilitativo
Fin dalla sua prima apparizione, la nozione normativa di Stato Legittimo contiene una modesta attenuazione riservata a interventi di effettuati in epoche risalenti, come quelle soglie ben note come Ante ’67 e Ante ’42, per le quali sussiste oggettiva difficoltà della loro prova, spesso di difficile acquisizione in relazione al lungo tempo trascorso agli avvenuti passaggi di proprietà. A tal proposito è doveroso rammentare che a tali soglie non corrispondono ad anno zero dell’urbanistica, e non significa che prima di esse in tutto il territorio d’Italia l’attività edificatoria fosse libera, come una specie di anarchia (vedi approfondimento sull’epoca Ante ’67 e Ante ’42).
Con la previsione dell’art. 9 bis, comma 1 bis, del D.P.R. 380 del 2001, introdotto dal D.L. 16 luglio 2020 n. 76 convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020 n. 120, è stato definito lo “stato legittimo dell’immobile”: col penultimo periodo è stato disposto un particolare valore probatorio ad alcuni elementi documentali come atti pubblici e privati, anche se non direttamente riguardanti l’epoca di avvenuta realizzazione del manufatto o dell’opera. In particolare tale disposizione con riguardo agli “immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio”, afferma che “lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”.
Sul ruolo della nozione normativa di Stato Legittimo si è già espressa la Corte costituzionale con sentenza 21 ottobre 2022 n. 217, che ha considerato la norma espressiva di un principio fondamentale della materia edilizia, in funzione di semplificare l’azione amministrativa nel settore edilizio, di agevolare i controlli pubblici sulla regolarità dell’attività edilizio-urbanistica e di assicurare la certezza nella circolazione dei diritti su beni immobili, e ha affermato che si tratta di previsione che individua in termini generali la documentazione idonea ad attestare lo “stato legittimo dell’immobile”. Tale disciplina di Stato Legittimo “desunto” consente dunque ai privati di provare anche “indirettamente” la data di realizzazione dell’opera, individuando alcuni atti anche di natura privata, il cui dato comune è che siano di natura documentale, escludendo quindi le dichiarazioni testimoniali.

Iscriviti al mio canale WhatsApp
Onere della prova Stato Legittimo
La definizione di Stato Legittimo contenuta nel D.P.R. 380/01 è stata integrata con diverse precisazioni aggiunte dalla legge n. 105/2024 “Salva Casa”, e la versione vigente contiene un passaggio riservato a interventi effettuati in epoca risalente e in regime di edificazione libera, contro bilanciato dal relativo onere probatorio.
Sul punto è utile riportare la consolidata giurisprudenza: «l’onere della prova circa l’epoca di realizzazione dell’intervento edilizio grava in capo a colui che vuole dimostrare la legittimità dell’opera (Consiglio di Stato n. 309/2025, n. 9054/2024, n. 7969/2024). Infatti il proprietario o il responsabile dell’abuso, assoggettato a ingiunzione di demolizione – ordinariamente in possesso di documenti o attestati probatori, dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova – è gravato dell’onere di provare il carattere risalente del manufatto oggetto della sanzione ripristinatoria. Tale indirizzo giurisprudenziale si è consolidato non solo per l’ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche – in via generale – per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione, per l’appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi» (cfr. ancora, sul punto, Cons. di Stato n. 309/2025, n. 2165/2024).
Sempre la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato ha stabilito che l’onere della prova della data di realizzazione dell’immobile, in particolare ai fini di provare che avrebbe dovuto essere realizzato in epoca per cui non era necessario un titolo edilizio, grava sul privato, sulla base dell’art. 64, comma 1, c.p.a., per cui spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità (Consiglio di Stato n. 4149/2024, n. 10101/2023, n. 5668/2023 n. 1109/2021, n. 3670/2020).
Tale orientamento è basato sul principio di “vicinanza della prova”, essendo nella sfera del privato la prova circa l’epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza, in quanto solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza del carattere non abusivo di un’opera edilizia, in ragione dell’eventuale preesistenza rispetto all’epoca dell’introduzione di un determinato regime autorizzatorio dello ius aedificandi (Cons. di Stato n. 9054/2024, n. 3304/2020, n. 2115/2019, n. 1391/2018).
Onere della prova attenuato e condizionato
Il rigore dell’onere probatorio “secondo ragionevolezza” è attenuato e ripartito nei casi in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima di una certa data elementi rilevanti (ad esempio, aerofotogrammetrie) e, dall’altro, o la pubblica amministrazione non analizzi debitamente tali elementi o vi siano elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio. In tal caso, non è escluso il ricorso alla prova per presunzioni, sulla scorta di valutazioni prognostiche basate su fatti notori o massime di comune esperienza, inferendo, così e secondo criteri di normalità, la probabile data di tale ultimazione da un complesso di dati, documentali, fotografici e certificativi, necessari in contesti o troppo complessi o laddove i rilievi cartografici e fotografici siano scarsi (Cons. di Stato n. 1490/2025, n. 3304/2020, n. 5988/2018, n. 3177/2016).
In sostanza, la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso può trasferire l’onere della prova contraria in capo all’amministrazione (cfr. Cons. di Stato n. 1490/2025, n. 3133/2019, n. 5984/2018), più comunemente definito onere di controprova. Ciò però in quanto sussistano effettivamente elementi idonei a rendere un quadro probatorio rilevante della data di realizzazione dell’abuso, quali risalenti dati catastali, la natura dei materiali utilizzati, le testimonianze rese in altri giudizi; anche le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà sono ritenute utilizzabili purché in presenza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti (Consiglio di Stato n. 305/2025, n. 80/2021).
Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
CONTATTI E CONSULENZE
Articoli recenti
- Sanatoria Paesaggistica ordinaria e speciale “Salva Casa”
- Ante ’67, onere di prova e controprova
- Urbanistica incostituzionale, rischi Salva-Milano
- Case mobili, serve Permesso di costruire anche con ruote
- Chiusura pergotenda con VEPA possibile? Sì, conferma CdS
- Abusi edilizi rappresentati nel titolo abilitativo pregresso non comportano sanatoria implicita