Cambiamenti funzionali, sociali e tecnologici hanno svilito gli insediamenti antichi fino al degradoa
Un breve articolo per “sfatare” la credenza, assai in voga tra i colleghi, dell’inizio dell’obbligo di licenza edilizia all’anno 1967, più precisamente dal 01 settembre ’67
Avvertenza:
trattasi di riflessione commentata in materia di normativa urbanistica, pertanto non deve essere intesa come trattazione giurisprudenziale avente valore verso o presso terzi.
L’equivoco è stato generato dall’errata interpretazione di alcuni articoli in materia di compravendita immobiliare inseriti in norme urbanistiche, a partire dalla Legge n. 47/1985 sul Condono edilizio.
La Legge 47/1985 introduceva con l’art. 17 l’obbligo di menzionare negli atti di trasferimento immobiliare (compravendite) gli estremi della concessione ad edificare e della concessione in sanatoria per gli edifici la cui costruzione fosse iniziata dopo l’entrata in vigore della presente legge (02/03/1985).
Con l’art. 40 c. 3 della suddetta Legge 47/85 il Legislatore introdusse anche l’obbligo di citare negli atti di compravendita immobiliare gli estremi delle licenze edilizie, concessioni edilizie e concessioni in sanatoria, specificando una precisa fattispecie relativa alle « opere iniziate anteriormente al 2 settembre 1967 » (sic), giorno successivo all’entrata in vigore della Legge “Ponte” n. 765/1967.
Quest’ultima disposizione, valevole solamente negli atti di trasferimento o costituzione di diritti reali su edifici, consente in alternativa la presentazione di « dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la quale la parte venditrice attesta che i lavori di costruzione dell’immobile sono iniziati prima del 1° settembre 1967 ».
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Tale procedura è una mera semplificazione offerta dal Legislatore agli alienanti: in nessuna ipotesi può avere efficacia sostitutiva di un atto abilitativo o licenza edilizia.
La Ratio di tale articolo è basata sulla consapevolezza che accurate ricerche di vecchie licenze edilizie ante ’67 sarebbe stata farraginosa e costosa per diversi motivi:
– impossibilità di reperire le pregresse licenze edilizie a causa di archivi disordinati;
– licenze edilizie con elaborati grafici assai approssimativi o carenti;
– edificazione di manufatti in territorio aperto in Comuni privi di PRG/PdF e/o Regolamenti edilizi;
Resta il fatto che tale procedura di Autodichiarazione non esenta il Venditore dalle responsabilità e oneri relativi alla Legittimazione – Conformità urbanistica dell’oggetto di vendita, appunto l’immobile. Per certi aspetti è apprezzabile l’intento semplificatorio adottato dal Legislatore, di converso tale norma ha creato le condizioni per avviare un approccio riduttivo nell’ambito della legittimazione e conformità urbanistica degli immobili, che per cultura e prassi del settore non è rimasta circoscritta negli atti notarili di trasferimento, ma si è riversata in buona parte anche negli atti abilitativi (pratiche edilizie). La legittimazione urbanistica degli immobili discerne dalla storia normativa in materia edilizia, e quindi dei relativi obblighi abilitativi e autorizzativi.
In estrema sintesi si propone un quadro sulla Legittimazione urbanistica, sempre fatto salvo quanto disposto da:
- PRG, PdF e/o Regolamenti edilizi vigenti all’epoca;
- previgente vincolistica sovraordinata e norme di settore;
- Successivo rilascio di Condoni e sanatorie edilizie;
- Successivo rilascio o deposito titoli abilitativi edilizi comunque denominati;
In base all’epoca e localizzazione della costruzione, e salvo diverse previsioni più restrittive dei regolamenti edilizi, gli interventi eseguiti:
- ANTE 31/10/1942 (L.1150/42) – sia all’interno che all’esterno dei centri abitati, in assenza di titoli edilizi o difformità da essi sono legittimi, fatto salvo verificare eventuali previgenti obblighi di licenza edilizia o nulla osta eventualmente prescritti da regolamenti locali o edilizi, anche se precedenti alla L. 1150/42 e alla Costituzione (Cons. di Stato n. 1996/2017);
- DAL 31/10/1942 AL 30 AGOSTO 1967 – all’interno dei centri abitati e zone di espansione PRG, in assenza di licenza o difformità da essa: non sono legittimi;
- DAL 1942 AL 30 AGOSTO 1967 – all’esterno dei centri abitati e zone di espansione PRG, in assenza di licenza o difformità da essa: sono legittimi, salvo diversa regolamentazione edilizia/locale;
- DAL 1° SETTEMBRE 1967 AD OGGI (L. 765/67) – in tutto il territorio comunale in assenza di titolo o difformità dal esso: non sono legittimi;
N.B: CHIARAMENTE VANNO DIMOSTRATI CON DATA CERTA ED ELEMENTI PROBANTI CERTI!
Maggiori dettagli puoi ascoltarli in questo podcast audio
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STORIA DELL’OBBLIGO DI LICENZA EDILIZIA
Dal 20/03/1865 al 12/02/1911: dal R.D. n. 2248/1865 al R.D. n. 297/1911
Il provvedimento, unificante gli aspetti e procedure amministrative postunitarie, prevedendo la facoltà per i Consigli comunali di deliberare sui regolamenti in materia di igiene, polizia urbana ed edilizia, il cui Regolamento attuativo fu approvato con R.D. n. 2321 del 08/06/1865.
Dal 12/02/1911 al 22/05/1935: dal R.D. n. 297/1911 al Regio Decreto Legge n. 640/1935
Con l’Art. 111 del R.D. 297/1911 (Regolamento di esecuzione della legge comunale e provinciale approvata con R.D. n. 269 del 21 maggio 1908) fu disposto che la materia edilizia fosse riservata e demandata ai Regolamenti edilizi comunali.
Dal 22/05/1935 al 31/10/1942: dal Regio Decreto Legge n. 640/1935 alla Legge Fondamentale
La Legge “Fondamentale” n. 1150, approvata il 17 agosto 1942, è erroneamente considerata da molti “l’anno zero” della legislazione urbanistica italiana su cui merita fare approfondimento.
Il Regio Decreto Legge n. 640 del 25 marzo 1935 [8] con l’Art. 4 prescriveva l’obbligo di ottenimento di Autorizzazione per coloro che intendevano effettuare nuove costruzioni, modificare o ampliare quelle esistenti, senza specificare l’ambito territoriale.
In seguito tale Art. 4 fu integralmente riproposto in via sostitutiva dall’Art. 6 del Regio Decreto Legge n. 2105 [9] del 22/09/1937.
Dal 31/10/1942 al 01/09/1967: dalla Legge Fondamentale alla Legge Ponte
Fino all’approvazione della Legge Ponte in materia di edificazione vigeva l’art. 31 [6] della Legge “Fondamentale” n. 1150 promulgata il 17 agosto 1942 e con efficacia dal 31/10/1942.
Occorre contestualizzare questa norma: fu approvata negli ultimi anni del Regime Fascista, quando l’ente comunale non deliberava attraverso i Consigli e Giunte, ma al contrario l’intero processo decisionale era concentrato nelle mani del Podestà, e la Guerra aveva già iniziato l’inversione sfavorevole alle Forze dell’Asse.
Esso prevedeva e statuiva che « Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l’aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del comune.»
De facto la norma prevedeva implicitamente due casi:
1) Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici;
2) Comuni dotati di strumenti urbanistici (Piani Regolatori);
Nel primo caso disponeva l’obbligo di licenza edilizia all’interno dei Centri abitati; qualora i Comuni fossero dotati di PRG, l’obbligo di licenza era esteso anche alle zone di espansione designate dal PRG comunale, sottacendo su tutte le altre casistiche non esplicitate, in particolare sul cosiddetto territorio “aperto” o agricolo.
La sottacienza non era tuttavia perentoria, infatti l’Art. 33 [7] della stessa legge disponeva ai Comuni l’obbligo di dotarsi di un Regolamento Edilizio avente contenuti minimi, in particolare facendo distinzione agli ambiti di « nucleo edilizio esistente da quelle riguardanti la zona di ampliamento e il restante territorio comunale ». Ciò avvalora così la tesi opposta, ovvero che il Legislatore non si era affatto dimenticato del territorio aperto, ritenne sufficiente lasciare il potere decisionale a livello comunale suo tramite i Regolamenti edilizi, aventi valore prevalente e/o complementare ai PRG eventualmente esistenti.
In estrema ratio un Regolamento edilizio poteva prescrivere l’obbligo di licenza edilizia su tutto il territorio comunale, anche in assenza di PRG o Programmi di Fabbricazione.
Dal 01/09/1967 in poi: la Legge Ponte n. 765/1967
Il Legislatore volle assumere come “spartiacque” la data di entrata in vigore della Legge “Ponte” n. 765/1967. Tale norma modificò in via sostanziale l’allora vigente normativa urbanistica in particolare modificò l’Art. 31 [3] della Legge “Fondamentale” 1150/1942, col quale fu esteso a tutto il territorio comunale l’obbligo di costruire con licenza edilizia, a prescindere dalla dotazione o meno di strumenti urbanistici da parte dei Comuni.
La Legge Ponte distingueva esplicitamente con l’art. 17 [4] alcune limitazioni in termini urbanistici:
1) Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici;
2) Comuni dotati di strumenti urbanistici (Piani Regolatori o Programmi di Fabbricazione);
Nella prima fattispecie il Legislatore, per non scoraggiare l’attività edilizia, introdusse severe limitazioni in termini di “cubaggio” edificatorio valevoli nei centri abitati (1,5 mc/mq) e in territorio aperto (0,10 mc/mq), la cui entrata in vigore fu differita di un anno di tempo dall’entrata in vigore della Legge Ponte, ovvero al 01 settembre 1968.
Risultato: dal 01/9/1967 al 31/9/1968 si scatenò la richiesta di licenze edilizie soprattutto nei Comuni sprovvisti di PRG e PdF, e nell’anno transitorio furono licenziati 8.500.000 di vani residenziali, quasi il triplo della media annuale di vani legittimati nel decennio precedente[5], praticamente una vera “colata”.
Note e Riferimenti:
[1] L. 47/1985 Art. 17. (Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici) (Abrogato con DPR 380/2001)
Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l’entrata in vigore della presente legge, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell’articolo 13. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.
Nei casi in cui sia prevista l’irrogazione di una sanzione soltanto pecuniaria, ma non il rilascio della concessione in sanatoria, agli atti di cui al primo comma deve essere allegata la prova dell’integrale pagamento della sanzione medesima.
La sentenza che accerta la nullità degli atti di cui al primo comma non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità degli atti.
Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa dalla insussistenza della concessione al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa: forma del precedente, che contenga la menzione omessa</s
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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