Mancato o ritardato pagamento degli oneri concessori non impedisce il rilascio del titolo abilitativo
L’illegittimità del titolo concessorio comporta invalidità caducante automatica dei titoli abilitativi che si innestano su quello originario
Immaginiamo un permesso di costruire rilasciato per una nuova costruzione, per il quale sono state presentate relative varianti come spesso si rendono necessarie.
Le varianti ai progetti edilizi, come spesso esplicitato nel blog, possono essere di vario tipo in base ai criteri che seguono:
- Continuità: varianti che comportano o meno sospensione dei lavori;
- Parità di titolo: varianti apportate mantenendo lo stesso livello di titolo abilitativo o varianti “non essenziali” con SCIA al P.d.C.
- Sostanziali: varianti che modificano o meno l’organismo edilizio già autorizzato;
- Volontà: varianti richieste dalle parti coinvolte o dettate da imprevisti;
- Temporalità: varianti in corso d’opera o finali;
Per avviare la nuova costruzione, appunto, si rende obbligatorio ottenere il relativo titolo abilitativo del Permesso di Costruire.
Come spesso accade e come anticipato sopra, in corso d’opera possono rendersi necessarie quelle varianti finalizzate ad autorizzare modifiche compiute o da compiersi per vari motivi.
In questo modo il processo edilizio si articola nel suo percorso, cioè portando un oggetto ad assumere forme e caratteristiche diverse dallo stadio di partenza o nei confronti del precedente stadio.
Infatti potremmo avere una serie di varianti che si innestano rispetto al primo permesso di costruire iniziale. Una sorta di catena composta da tanti anelli, per capirsi, l’uno collegato all’altro in continuità. O così dovrebbe essere, aggiungo.
Cosa accade quando il primo Permesso di costruire viene annullato?
La domanda va a interessare l’efficacia di tutte le variante autorizzate o comunicate posteriormente al primo titolo concessorio, cioè quello che ha dato via a tutta la procedura amministrativa.
L’annullamento dell’originario permesso di costruire sortisce l’effetto della caducazione della successiva variante in corso d’opera, secondo il meccanismo della cosiddetta «invalidità derivata ad effetto caducante», poiché priva di una propria autonomia dispositiva (Cons. di Stato 5663/2015).
Per costante giurisprudenza un titolo edilizio, rilasciato per legittimare una variante non sostanziale, sta e cade con il titolo cui accede, sicché l’annullamento del titolo principale ha efficacia automaticamente caducante sul titolo che autorizza la variante (Cons. di Stato 242/2020).
Il meccanismo di automatica caducazione si applica anche alle varianti “non sostanziali” al Permesso, cioè quelle che si possono fare con la S.C.I.A; è una facoltà, perché nulla vieta che per fare una variante modesta si possa comunque usare il procedimento più lungo del Permesso.
La riconosciuta illegittimità del permesso travolge l’intero intervento, anche per la parte oggetto di S.C.I.A. in variante, comportando l’invalidità derivata a effetto caducante automatico dei titoli abilitativi che si innestano su quello originario. Venuto meno il permesso di costruire, viene anche meno il presupposto di fatto e di diritto delle modifiche successivamente apportate al progetto e non residua, pertanto, alcuna parte legittima del fabbricato che potrebbe continuare a esistere autonomamente.
In altri termini la S.C.I.A., riguardando interventi che presuppongono lo stato legittimo del fabbricato, è inidonea da sola a giustificare il mantenimento della costruzione e va considerata tamquam non esset, e a tale accertamento non osta la previsione di cui al secondo periodo del comma 6-ter dell’art. 19 L. 241/1990. La circostanza che il legislatore abbia inteso limitare all’azione contro il mancato esercizio dei poteri inibitori la tutela dei terzi nei confronti dell’attività intrapresa in forza di S.C.I.A. non esclude la praticabilità di un’autonoma azione di accertamento – sempre ammissibile laddove non sia possibile garantire altrimenti la piena e completa tutela dell’interesse legittimo (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2019, n. 4135) – in una fattispecie come quella in esame, in cui non vi è alcun apprezzamento circa la bontà delle scelte operate dall’amministrazione a seguito della presentazione della S.C.I.A., ma la mera constatazione delle inevitabili conseguenze dell’annullamento del permesso di costruire cui la S.C.I.A. accede e dalla cui legittimità dipende (Cons. di Stato n. 5/2020).
In definitiva, è evidente come sia delicato sincerarsi della presenza di tutti i requisiti per ottenere un legittimo titolo abilitativo.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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