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Non è tutelabile l’affidamento per situazione abusive che il tempo non può regolarizzare

Permesso di Costruire e Concessione edilizia sono atti provvedimentali rilasciato espressamente dall’Amministrazione Pubblica, oltre a quelli che possono formarsi per silenzio assenso.

In quanto titoli abilitativi edilizi rilasciati dalla P.A., esistono anche cause e motivazioni che possono portare al “ripensamento”, con procedura di Annullamento in autotutela disposta dall’ente. Oppure: permessi e titoli edilizi conservano efficacia fino al loro annullamento giudiziario o in autotutela.

Molti rimarranno sorpresi nell’apprendere che l’annullamento di un titolo edilizio rilasciato possa avvenire anche a distanza di anni dal suo rilascio, come ad esempio:

  • licenza edilizia
  • concessione edilizia
  • permesso di costruire
  • concessione edilizia in sanatoria, rilasciata anche per condono
  • permesso di costruire rilasciato per accertamento di conformità

Ci sono diverse casistiche che possono portare all’annullamento di permesso di costruire o concessione edilizia, vediamone alcune:

  1. Un esempio è aver ottenuto il permesso di costruire con falsa o erronea rappresentazione delle circostanze prospettate dal richiedente, inducendo in errore le valutazioni del Comune.
  2. Un altro caso potrebbe essere aver attestato falsamente e dolosamente una data di realizzazione abuso edilizio nell’istanza di condono, esclusa invece dai requisiti di accesso
  3. un altro caso interessante riguarda l’accesso al Condono edilizio tardivo ammesso a certe condizioni per le aste immobiliari, cioè le procedure esecutive di aggiudicazioni in cui sono concessi i famosi 120 giorni dal decreto di trasferimento (vedi Cons. di Stato n. 9324/2023).
  4. Mancato rispetto della conformità alle norme, discipline e regolamenti.

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Annullamento di permesso di costruire (ma anche di concessione edilizia) può avvenire anche dopo anni

Intanto si premette che con l’annullamento del permesso di costruire o concessione edilizia, l’immobile costruito o le opere autorizzate cambiano natura, passando da legittimate ad opere compiute in assenza di permesso di costruire sanzionabili e demolibili col procedimento articolo 31 DPR 380/01.

L’annullamento in autotutela effettuato dalla P.A. può avvenire anche a distanza di anni, ma nel rispetto di condizioni essenziali, e con adeguata motivazione espressa nel provvedimento. La motivazione adeguata va effettuata anche in termini “rafforzati”, cioè svolgendo una valutazione comparata tra l’interesse pubblico da tutelare e l’affidamento nel privato.

La necessità di motivare il ripristino dell’interesse pubblico violato, rispetto all’affidamento nel privato, è il presupposto e la condizione fondamentale per gli atti di annullamento in autotutela.

E ovviamente la possibilità di annullamento in autotutela può legittimamente superare i fatidici 18 mesi dal rilascio, creando una sorta di blindatura a posteriori. Purtroppo sono ancora in molti a pensarla così, ma ormai esiste una copiosa giurisprudenza che dimostra il contrario, prime tra tutte l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017.

Intanto occorre ricordare il principio generale che non legittima automaticamente il mantenimento di abusi edilizi soltanto col passare del tempo, in quanto essi configurano illeciti edilizi a carattere permanente:

I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi sono, infatti, provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime, con la conseguenza che per la loro adozione non è richiesta una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può legittimare (cfr. Cons. Stato n. 9885/2023, n. 3279/2023, n. 8923/2023, n. 7785/2023).

Sufficiente l’interesse motivazionale nel ripristino della legalità violata e assetto del territorio

Se ci fossero dubbi, la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2017 ha specificato che: “l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio anche in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal titolo medesimo, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro, tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole, non potendosi predicare in via generale la sussistenza di un interesse pubblico in re ipsa alla rimozione in autotutela di tale atto”.

La costante giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato ha affermato che l’oggettiva falsità (anche per omissione) della prospettazione dei fatti rilevanti e la sua incidenza ai fini dell’adozione della concessione in sanatoria non consentono di configurare una posizione di affidamento legittimo in capo al suo destinatario, ma piuttosto legittimano l’amministrazione a limitare l’onere motivazionale alla dedotta falsità, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa, non sussistendo un interesse privato meritevole di tutela da porre in comparazione con quello pubblico comunque sussistente al ripristino della legalità violata (Cons. di Stato n. 9885/2023, n. 3643/2023, n. 6387/2023, n. 4959/2022).

Anche la mancata corretta rappresentazione negli elaborati presentati al momento della domanda del titolo abilitativo rende, dunque, superabile il termine di diciotto mesi previsto dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, per l’esercizio del potere di autotutela.

Tra l’altro, l’annullamento di un titolo abilitativo come concessione edilizia e permesso di costruire si ripercuote sulla catena dello Stato Legittimo, compromettendo anche l’efficacia delle successive varianti e di tutti i relativi titoli edilizi, segnalazioni e comunicazioni inviate successivamente.

Si capisce bene quanto possano essere vulnerabili da annullamento i permessi di costruire e concessioni edilizie rilasciate da tempo, troppo tempo direi. Tuttavia l’ordinamento non intende fare distinzioni o disparità di trattamento tra chi ottiene titoli senza averne diritto da chi invece si è comportato correttamente.

In caso di permesso di costruire annullato, ma “correggibile”

L’articolo 38 del Testo Unico per l’edilizia pone una possibile soluzione da applicare in caso di annullamento del Permesso di costruire, quando non sia possibile rimuovere i vizi oppure la rimessa in pristino.

In altre parole si pone il problema di risolvere gli effetti derivanti dall’annullamento del titolo abilitativo, cioè quando non sia possibile:

  • risolvere il vizio della procedura amministrativa, esempio con nuova emissione di Permesso di Costruire (in versione corretta)
  • rimuovere l’opera o loro parti che hanno comportato l’annullamento del PdC.

La questione diventa spinosa soprattutto quando le opere e la costruzione oggetto di Permesso sono state avviate e addirittura completate.

Sulla questione e possibile applicazione della procedura di “fiscalizzazione” per emendare un permesso di costruire annullato si erano formati tre orientamenti giurisprudenziali, il cui contrasto è stato risolto dal Consiglio di Stato in Adunanza plenaria n. 17 del 7 settembre 2020. Tra questi ha prevalso l’orientamento più restrittivi, ammettendo la sola fiscalizzazione degli abusi formale ed emendabili. Vedi approfondimento sul blog.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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