La mera visibilità di pannelli fotovoltaici dall'esterno non comporta automatico divieto per incompatibilità paesaggistica
Indice
Pannelli fotovoltaici, installazione su coperture o integrare le attività agricole evitando consumo del suolo
La possibilità di installare impianti fotovoltaici a raso sui suoli agricoli è stata frenata a vario modo anni fa dalle normative, onde evitare speculazioni spinte dagli incentivi passati e di consumare prezioso suolo agricolo.
Ecco perchè negli ultimi anni le politiche energetiche in Italia hanno preferito spingere e semplificare le procedure per installare i pannelli solari fotovoltaici e termici sulle coperture degli edifici esistenti, prediligendo quelli integrati e complanari sulle falde dei tetti. Addirittura con le semplificazioni apportate tramite D.L. 17/2022 (convertito in L. 34/2022) si sono allentati i limiti di alcuni vincoli paesaggistici, e perfino nei centri storici.
Tuttavia la politica energetica è stata profondamente rivisitata anche sulle spinte della politica di transizione energetica avviata a livello europeo (PNRR) . Ciò ha dato impulso ad incentivi e alla possibilità di installare particolari tipologie di impianti fotovoltaici sui suoli agricoli da parte delle stesse aziende agricole, rispettando diverse condizioni, al preminente scopo di autoconsumo a favore delle stesse aziende agricole ove installati.
In particolare, mentre gli impianti fotovoltaici posizionati a terra solitamente rendono il suolo impermeabile e impediscono la crescita della vegetazione (tramite installazione di sistemi telonati o altri sistemi simili), riducendo la capacità produttiva dei terreni agricoli, nell’agrivoltaico gli impianti sono invece sollevati su pali più alti e distanziati tra loro, consentendo alle macchine agricole di operare tra di essi. Ci sono stati casi in cui l’agrivoltaico si è manifestato con installazione dei pannelli fotovoltaici sulle coperture e pareti di serre ad uso agricolo permanente (e non quelle stagionali), e chi li utilizza perfino come “car-porter” o riparo di mezzi agricoli (con diversi distinguo da fare).
Il cosiddetto “agrivoltaico” o agri-voltaico è un settore di recente introduzione in forte espansione, caratterizzato da un utilizzo “ibrido” dei terreni agricoli tramite posizionando di impianti fotovoltaici sugli stessi terreni tali da non impedire la produzione agricola tradizionale. In questa modalità da una parte si attiva quella necessaria sinergia tra produzione energetica e conduzione dell’attività agricola, dall’altra si rendono necessario il maggior impiego di materiali per le strutture portanti i pannelli. Essendo posizionati a maggior altezza dal suolo, sono maggiormente a rischio per vento e urto di mezzi agricoli (come i cosiddetti car-porter fotovoltaici).
Normativa agrivoltaica
L’agrivoltaico ha una normativa di riferimento che prende origine dall’articolo 14 del D.Lgs. 199/2021, il quale richiama la misura Missione 2, componente 2, Investimento 1.4 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Peraltro, segnalo la lettura delle Linee Guida sugli impianti agrivoltaici diffusa dal Ministero della Transizione ecologica.
L’installazione degli impianti agrivoltaici non è stata completamente liberalizzata, ma può incontrare limiti nelle politiche e strumenti di pianificazione territoriale, di particolari vincoli e soprattutto nella disciplina delle aree idonee o meno, demandata alle Regioni.
Interessante anche la pronuncia espressa dal Consiglio di Stato n. 8284/2023 a riguardo della possibile installazione in zona agricola:
La disposizione recata dall’art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003, secondo cui “Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. […]”, va infatti rettamente intesa nel senso che tra i principi della materia in esame vi sono certamente quello della compatibilità con le zone “classificate agricole dai vigenti strumenti urbanistici” nonché quello relativo alla massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, con conseguente limitazione della potestà regionale alla sola individuazione di specifici siti non idonei. Secondo le Linee Guida Statali “L’individuazione delle aree non idonee dovrà essere effettuata dalle Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate al paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri […]” (Allegato 3, par. 17). Tuttavia, tali disposizioni vanno coniugate con quelle che allo stesso tempo richiedono, per gli impianti realizzabili mediante PAS (art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2011) ovvero senza alcun titolo abilitativo (art. 6, comma 11, del medesimo decreto), la conformità agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi. La deroga è quindi in tal caso ipotizzabile in ordine alle sole disposizioni in materia di azzonamento ma non relativamente agli altri parametri edilizi che caratterizzano la zona agricola.
Trovo interessante riportare alcuni commi dell’articolo 20 D.Lgs. 199/2021, utilissimi per comprendere i principi generali e limiti alla loro installazione, i quali hanno previsto regole generali e di prima applicazione per installare l’agri-fotovoltaico evidenziate in grassetto:
3. Ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b), della legge 22 aprile 2021, n. 53, nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa.
4. Conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree idonee, anche con il supporto della piattaforma di cui all’articolo 21. Il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri esercita funzioni di impulso anche ai fini dell’esercizio del potere di cui al terzo periodo. Nel caso di mancata adozione della legge di cui al primo periodo, ovvero di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e agli obiettivi stabiliti dai decreti di cui al comma 1, si applica l’articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Le Province autonome provvedono al processo programmatorio di individuazione delle aree idonee ai sensi dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione.
5. In sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i principi della minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilità dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo.
6. Nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione.
7. Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell’ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee.
8. Nelle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1, sono considerate aree idonee, ai fini di cui al comma 1 del presente articolo:
a) i siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione, eventualmente abbinati a sistemi di accumulo, che non comportino una variazione dell’area occupata superiore al 20 per cento. Il limite percentuale di cui al primo periodo non si applica per gli impianti fotovoltaici, in relazione ai quali la variazione dell’area occupata è soggetta al limite di cui alla lettera c-ter), numero 1);
b) le aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
c) le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento. (8)
c-bis) i siti e gli impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali.
c-bis.1) i siti e gli impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali, ivi inclusi quelli all’interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti delle isole minori di cui all’allegato 1 al decreto del Ministro dello sviluppo economico 14 febbraio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 18 maggio 2017, ferme restando le necessarie verifiche tecniche da parte dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC).
c-ter) esclusivamente per gli impianti fotovoltaici, anche con moduli a terra, e per gli impianti di produzione di biometano, in assenza di vincoli ai sensi della parte seconda del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42:
1) le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, nonché le cave e le miniere;
2) le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, questi ultimi come definiti dall’articolo 268, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento;
3) le aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri. (8)
c-quater) fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 incluse le zone gravate da usi civici di cui all’articolo 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto)), né ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell’articolo 136 del medesimo decreto legislativo. Ai soli fini della presente lettera, la fascia di rispetto è determinata considerando una distanza dal perimetro di beni sottoposti a tutela di tre chilometri per gli impianti eolici e di cinquecento metri per gli impianti fotovoltaici. Resta ferma, nei procedimenti autorizzatori, la competenza del Ministero della cultura a esprimersi in relazione ai soli progetti localizzati in aree sottoposte a tutela secondo quanto previsto all’articolo 12, comma 3-bis, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.
Agrivoltaico e paesaggistica
Certamente il primo “scontro” di interessi, e forse il più rilevante, è quello avvenuto tra l’esigenza di avere energia rinnovabile per autoconsumo e la tutela dei vincoli paesaggistici. Ormai sta già maturando una giurisprudenza maggiormente favorevole all’installazione del fotovoltaico in aree vincolate, previa valutazione dei due interessi contrapposti a favore degli impianti ad energia rinnovabile.
In particolare un regime più favorevole lo sta iniziando a spuntare l’agrivoltaico, in quanto è stato confermata errata assimilazione tra agrivoltaico e fotovoltaico tradizionale (Cons. di Stato n. 8029/2023).
A rafforzare questo criterio è stato il cambio di politiche comunitarie agricole ed energetiche, recepite prontamente dalla normativa nazionale italiana; in sostanza sono cambiati i pesi dei rispettivi interessi nazionali energetici, agricoli e paesaggistici.
In tale direzione è oramai orientata la prevalente giurisprudenza amministrativa di primo grado (cfr., TAR Bari, sent. n. 568/2022; nonché TAR Lecce, sentenze nn. 1799/2022 e 586/22, 1267/22, 1583/22, 1584/22, 1585/22, 1586/22) che ha ripetutamente annullato analoghi dinieghi assunti sulla base di una errata assimilazione dell’agro-voltaico al fotovoltaico.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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