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Ulteriori opere abusive su manufatti non legittimati costituiscono ripresa di attività criminosa integrante il precedente reato

Il caso riguarda l’intervento sostitutivo di tettoia del 2010 per una veranda realizzata in modo abusivo nel 2004 sul solaio di copertura dell’edificio

La Cassazione penale III con sentenza n. 38495/2016 ribadisce il costante orientamento, ovvero che qualsiasi intervento su una costruzione realizzata abusivamente, anche se l’abuso non sia stato represso, costituisce ripresa dell’attività criminosa originaria ed integrante un nuovo reato identico a quello precedente, e non attività irrilevante sotto il profilo penale.

Nel caso in cui l’opera abusiva perisca in tutto o in parte, oppure necessiti di attività manutentive comunque finalizzate al suo consolidamento, il proprietario (anche se diverso dall’autore dell’abuso) non ha diritto di ricostruirla, di ristrutturarla o manutenerla senza alcun titolo abilitativo legittimante.

Anche semplici interventi di manutenzione presuppongono che l’edificio sul quale si interviene sia costruito legittimamente

Ciò trova applicazione anche se originariamente l’abuso non fosse accertato dalle autorità competenti e/o oggetto di provvedimenti sanzionatori/demolitori (in senso analogo, Sez. 3, n. 40843 del 11/10/2005, Daniele, Rv. 232364).

Nella fattispecie non ha avuto neppure rilevanza la tesi difensiva la pertinenzialità della veranda, in quanto la precarietà dell’opera non deriva dall’ancoraggio con la struttura bensì dal suo funzionale asservimento a soddisfare obbiettive esigenze temporanee.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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