Skip to content

Fin dal 1934 il certificato di Abitabilità veniva rilasciato previa conformità edilizia al progetto

Fino a pochi anni fa i comuni rilasciavano i certificati di abitabilità dopo aver svolto sopralluogo con ufficiale sanitario.

L’ufficiale sanitario, secondo l’art. 221 del Testo Unico per le leggi sanitarie R.D. 1265/1934, doveva effettuare per conto del sindaco opportuno sopralluogo sulla nuova opera o costruzione edilizia, affinché riscontrasse i requisiti igienico sanitari e di salubrità. Esso disponeva così:

Gli edifici o parti di essi indicati nell’articolo  precedente  non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell’ufficiale  sanitario o di  un ingegnere a ciò delegato,  risulti  che  la  costruzione  sia  stata eseguita in conformità del progetto  approvato,  che  i  muri  siano convenientemente prosciugati e che  non  sussistano  altre  cause  di insalubrità.

Tra le condizioni della suddetta norma, vigente fino al DPR 425/1994, vi era la conformità del progetto approvato.

Ci si interroga quindi sul valore dell’Abitabilità rilasciata negli anni pregressi, in presenza di difformità evidenti e facilmente riscontrabili, di ogni tipo.

Più volte la giurisprudenza ha ribadito che tale certificato di Abitabilità vale solo per salubrità, igienicità e sicurezza dell’edificio, non essendo invece diretto a garantire la conformità urbanistico edilizia del manufatto (Cons. di Stato IV n. 2456/2018).

Agibilità e Abitabilità confinate nel solo campo igienico sanitario

Il fatto che ai sopralluoghi partecipasse o meno perfino un tecnico comunale, non ha valore a rendere automaticamente sanate le difformità compiute rispetto al progetto.

La giurisprudenza ha espressamente escluso quindi il valore di sanatoria implicita o indotta al certificato di Abitabilità rilasciato in presenza di difformità.

A nulla vale la motivazione per cui l’Abitabilità sia quindi un atto espresso rilasciato dal sindaco.

Tale certificato non può essere ricollegato alla verifica di esatta rispondenza delle volumetrie realizzate con quelle assentite dal titolo concessorio (Cons. di Stato IV n. 2456/2018, Cons. Stato, Sez. V, 4 febbraio 2004, n. 365).

Certamente, ciò può sembrare contradditorio in quanto negli atti rilasciati ai fini dell’abitabilità molto spesso veniva riporta una formula che, al contrario, dichiarava che le opere erano risultate compiute conformi a norme, leggi e regolamenti, nonchè agli elaborati tecnici di licenze e concessioni.

La dottrina prevalente e la giurisprudenza maggioritaria ritengono che il certificato di agibilità, anche alla luce di tale normativa, fosse finalizzato esclusivamente alla tutela dell’igienicità, salubrità e sicurezza dell’edificio e non fosse diretto anche a garantire la conformità urbanistico-edilizia del manufatto (Cons. di Stato IV n. 2456/2018, Cons. Stato, Sez. V, 28 marzo 1980, n. 327; id. 19 febbraio 1982, n. 118; id. 28 gennaio 1993, n. 178).

Ciò non esclude che la valutazione effettuata in sede di agibilità presupponesse anche una verifica di conformità edilizia, ma, in questo caso, «si tratta di una verifica edilizia funzionale al rilascio della agibilità e svolta quindi nei limiti necessari a inferirne l’assentibilità della agibilità; ben diverso e distinto è il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non appare ricavabile da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità» (Cons. di Stato IV n. 2456/2018).

Sicché, se l’intervento realizzato risulti parzialmente difforme, si giunge alla naturale conclusione che l’autorizzazione di Abitabilità sia stata rilasciata sulla base di una falsa o erronea rappresentazione dello stato dei luoghi, ma non già che l’amministrazione intendesse regolarizzare l’edificio sotto il profilo urbanistico – edilizio.

Anche nell’ipotesi in cui l’autorizzazione all’agibilità/abitabilità fosse stata rilasciata nella consapevolezza dell’esistenza di una difformità, da tale circostanza non è ricavabile, in maniera inequivocabile, la volontà di adottare un provvedimento di sanatoria, non essendo quest’ultimo (secondo il criterio del collegamento esclusivo e bilaterale, quale in precedenza evidenziato) l’unica conseguenza possibile dell’atto adottato in forma esplicita (Cons. di Stato IV n. 2456/2018).

Consiglio la visione di questo video sulle sanatorie edilizie (Commenta iscrivendoti al canale)

Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved

carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
CONTATTI E CONSULENZE

Articoli recenti

Back To Top