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La rigida separazione tra Urbanistica e vincolistica può portare al paradosso della insanabilità

Se le opere abusive da sanare non sono integralmente ritenute compatibili dalla Sovrintendenza, c’è il rischio che salti anche la sanatoria edilizia.

Si tratta di una vera trappola.

Partiamo da un presupposto, confermato più volte dal principio della Cassazione Penale, ovvero che è illegittimo, e non determina l’estinzione del reato edilizio ai sensi del combinato disposto degli artt. 36 e 45 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria:

  • con efficacia temporanea o parziale per interventi abusivi realizzati;
  • condizionato/subordinato all’esecuzione di opere;

Tutto ciò perchè contrasta ontologicamente con gli elementi essenziali dell’accertamento di conformità, i quali presuppongono l’avvenuta ultimazione delle opere e la loro integrale conformità alla disciplina urbanistica (Cass. Pen. VII n. 22047/2017, Cass. Pen. III 19857/2011,  n. 291/2013).

Ne avevamo già parlato in un precedente approfondimento (clicca qui).

Stato di consistenza oggettiva e rappresentazione grafica non possono subire modifiche durante la sanatoria.

Diciamo meglio: nel momento in cui viene presentata una istanza di sanatoria edilizia ex art. 36 del Testo Unico DPR 380/01, questa è accompagnata da specifiche documentazioni fotografiche ed elaborati grafici, rilievi e quant’altro.

Lo stato oggettivo delle opere abusive, chiaramente evidenziato negli elaborati e foto, oltre ad essere soggetto alla verifica di doppia conformità, non può subire scostamenti nel corso del procedimento.

Se le opere abusive afferiscono ad immobile situato in zona vincolata, ad esempio paesaggistica, e la competente PA esprime un parere di parziale compatibilità, si presenta un vero paradosso:

  1. l’ente preposto a tutelare il vincolo (es. Sovrintendenza Paesaggistica) può condizionare il rilascio del parere di Compatibilità paesaggistica con prescrizioni volte a demolire alcuni manufatti, a far sostituire i materiali, elementi o quant’altro;
  2. il Comune non può esaminare il nuovo stato finale oggetto di sanatoria conseguente all’esecuzione di quanto prescritto per Compatibilità Paesaggistica;

Consigliato: anteprima video corso DPR 31/2017 Semplificazione Paesaggistica

Il classico “serpente che si morde la coda” che rende impossibile la regolarizzazione

In sostanza è proprio così.

Ciò che può essere ritenuto urbanisticamente conforme da un ente pubblico, può essere ritenuto non compatibile da un altra PA.

In questo caso, il richiedente la sanatoria si troverà nella sgradita condizione di essere finito in un vicolo cieco. Infatti in questa situazione, volente o nolente, non potrà soddisfare nessuna delle due condizioni, che si contraddicono l’un altra.

Tutto ciò deriva dal fatto che l’attuale ordinamento normativo e procedurale in materia edilizia non ammette la possibilità di effettuare ulteriori opere di adeguamento o modifiche al complesso di opere abusive durante la procedura di sanatoria (Cass. Pen. VII n. 17043/2017).

Infatti l’unica procedura prevista è quella dell’art. 36 del DPR 380/01 (scarica gratis da qui), la quale non ammette il rilascio del permesso a costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di ulteriori opere.

Praticamente esiste una sola opportunità di concludere una sanatoria edilizia

Ciò vale anche nell’ipotesi finalizzata a ridurre la loro entità e impatto per adempiere alle prescrizioni imposte dal rispettivo parere di compatibilità.

Soluzione? Come al solito sarebbe necessario indicare la possibilità esecutiva nel testo normativo.

Ma fino ad allora, qualsiasi domanda di sanatoria edilizia in zone vincolate può diventare una “trappola mortale”, per il richiedente la regolarizzazione.

Come dire, che si può sparare una sola cartuccia.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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