Se la foto aerea non è sufficientemente decifrabile per provare l’esistenza del manufatto risalente, occorrono altri elementi

La credenza che “ante ’67 fosse tutto a posto” continua a sopravvivere come la più potente delle leggende del settore immobiliare. A dirla tutta, l’idea che il 1° settembre 1967 rappresenti una sorta di “anno zero” per lo Stato legittimo degli immobili trae origine dalla L. 47/85, ma da un’errata interpretazione dell’articolo 40, comma 2, relativo alla commerciabilità degli immobili. In realtà, è proprio la L. 47/85 che, attraverso il combinato disposto dell’ultimo comma dell’articolo 31 e del primo comma dell’articolo 40, ha ricusato l’“anno zero” dell’urbanistica stabilito espressamente con l’entrata in vigore della L. 765/67:
Art. 31 (…) Per le opere ultimate anteriormente al 1° settembre 1967 per le quali era richiesto, ai sensi dell’articolo 31, primo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e dei regolamenti edilizi comunali, il rilascio della licenza di costruzione, i soggetti di cui ai commi primo e terzo del presente articolo conseguono la concessione in sanatoria previo pagamento, a titolo di oblazione, della somma determinata a norma dell’articolo 34 della presente legge.
Art. 40 c.1. Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all’art. 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione dovuta.
Pochi sanno infatti che con l’entrata in vigore dell’art. 6 legge 6 agosto 1967 n. 765, è stato modificato il predetto art. 26 comma 1 legge 17 agosto 1942 n. 1150, divenendo il seguente, un vero “Giubileo urbanistico Ante ’67”:
«Quando siano eseguite, senza la licenza di costruzione o in contrasto con questa, opere non rispondenti alle prescrizioni del piano regolatore, del programma di fabbricazione od alle norme del regolamento edilizio, il Ministro per i lavori pubblici per i Comuni capoluoghi di Provincia, o il provveditore regionale alle opere pubbliche, per gli altri Comuni, possono disporre la sospensione o la demolizione delle opere, ove il Comune non provveda nel termine all’uopo fissato. I provvedimenti di demolizione sono emessi, previo parere rispettivamente del Consiglio superiore dei lavori pubblici e del Comitato tecnico amministrativo, entro cinque anni dalla dichiarazione di abitabilità o di agibilità e per le opere eseguite prima dell’entrata in vigore della presente legge entro cinque anni da quest’ultima data».
Di conseguenza, il potere di repressione fu “allargato” anche alle difformità rispetto ai (semplici) programmi di fabbricazione o ai regolamenti edilizi, ma, per le opere realizzate antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967 n. 765, poteva procedersi “entro cinque anni”.
Sempre con la stessa legge ponte n. 765/1967, fu riformato anche l’art. 27 della L. 1150/42: il comma 1 riguardava le deliberazioni e provvedimenti comunali che avevano autorizzato “ante ’67” opere non conformi (in contrasto) ai piani regolatori, programmi di fabbricazione o regolamenti edilizi, o in qualsiasi modo che costituissero violazioni nei confronti di prescrizioni o norme degli stessi. Con tale modifica fu concessa la possibilità di annullare tali provvedimenti effettuati anteriormente all’entrata in vigore della L. 765/67, imponendo un termine decennale decorrente dall’entrata in vigore della stessa L. 765/67, cioè dal 1° settembre 1967. La legge ponte prevedeva l’anno zero oltre il quali scattava un regime di non sanzionabilità e indemolibilità delle opere
È vero, la legge n. 765/67 aveva disposto questi due termini speciali, decorsi i quali la P.A. non aveva più potere di reprimere e sanzionare le irregolarità edilizie; essi furono distinti in base all’entrata in vigore della stessa legge, cioè dal 1° settembre 1967:
- cinque anni dalla dichiarazione di Abitabilità/Agibilità, per le opere eseguite in assenza o contrasto dalla licenza edilizia, qualora non rispondenti alle prescrizioni del PRG, programma di fabbricazione o regolamento edilizio. Se compiuti anteriormente al 1° settembre 1967, il termine quinquennale decorreva da questa data;
- dieci anni per annullare i provvedimenti e deliberazioni comunali (es. lottizzazioni) che autorizzavano opere non conformi al PRG, Programma di fabbricazione o regolamento edilizio. Se compiuti anteriormente al 1° settembre 1967, il termine decennale decorreva da questa data;
Il primo gruppo di opere, cioè eseguite in assenza o difformità alla licenza, richiedeva come presupposto il rilascio dell’Abitabilità (residenziali) o Agibilità (non residenziali); in sua assenza questo beneficio non si sarebbe applicato. L’altra condizione interessante riguardava l’applicabilità verso gli illeciti nei casi di contrasto a P.R.G., P.d.F. o regolamenti edilizi, lasciando ipotizzare l’esclusione verso i casi di conformità verso essi. Col decorso di questi termini, l’attività repressiva e sanzionatoria del Comune perdeva i presupposti, vorrei insinuare che decadeva in tutto e per tutto, rinunciando ad esercitare i propri poteri. È per questa normativa che molti illeciti edilizi del passato il 1° settembre 1967 sono stati considerati (allora giustamente) condonati o non più perseguibili; di fatto e di diritto si trattava di una sorta di condono edilizio automatico, un doppio Giubileo urbanistico di tipo statico (illeciti ante ’67) e di tipo dinamico (illeciti compiuti dopo tale data).
A distanza di tempo il legislatore ha riformato il regime repressivo emanando la prima legge sul condono edilizio, e abrogando col Testo Unico Edilizia DPR 380/01 gli articoli 26 e 27 della L. 1150/42. Ma anche se fossero tuttora vigenti, essi non avrebbero valore perché superati temporalmente dalla norma sopravvenuta: la vera “fonte dei mali” sono gli articoli 31 e 40 della L. 47/85. Tornando alla lettura combinata di questi due articoli, emergono i seguenti principi:
- L’istanza di condono deve essere presentata anche per opere ed edifici risalenti in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge ponte n. 765/1967, quando per tali interventi era necessario ottenere la licenza edilizia in due casi, anche alternativamente:
- ai sensi dell’articolo 31, comma 1, L. 1150/42, ossia nei centri abitati e, ove previste, nelle zone di espansione del piano regolatore comunale;
- dai regolamenti edilizi comunali, i quali avevano potestà di estendere l’obbligo di licenza edilizia a tutto il territorio, ed essere anche affiancati dai Programmi di Fabbricazione, che ne formavano parte integrante;
- La mancata presentazione dell’istanza di condono assoggetta gli abusi edilizi al vigente regime repressivo e sanzionatorio, e non tanto per la loro natura di abuso permanente;
Pertanto, le uniche casistiche di interventi esonerati dal depositare l’istanza di condono sono quelle diverse e ricavabili in via residuali dall’anzidetto punto 1. Occorre fare un’altra importante considerazione relativo all’articolo 31, dove convivono due possibili concetti di “anno zero” dell’obbligo di Stato Legittimo risalente:
- Nel primo comma non è ricavabile un “anno zero” in senso regressivo in quanto le opere oggetto di condono contemplano quelle effettuate in assenza o difformità da autorizzazione a costruire, locuzione riconducibile alle norme previgenti alla L. 1150/42 e L. 10/77, in particolare all’articolo 4 del R.D. 640/1935, sostituito senza variazioni dall’articolo 6 del R.D. 2105/1937, ma anche all’articolo 111 R.D. 297/1911 (vedi Consiglio di Stato n. 1254/2021: «deve darsi continuità al citato orientamento giurisprudenziale che evidenzia come l’articolo 111 del citato R.D. n. 297 del 1911 sui regolamenti edilizi comunali, pur non riferendosi espressamente all’imposizione di un regime autorizzatorio in materia edilizia, stabilisse che “Sono materie dei regolamenti edilizi le norme concernenti: (…) 3° le costruzioni, i restauri, le demolizioni, gli scavi, i depositi di materiale per simili cause, e gli obblighi relativi dei proprietari”, cosicché si può agevolmente ritenere che, se l’amministrazione comunale aveva il potere di emanare norme in tema di costruzioni, essa ben poteva vagliare preventivamente la conformità dei progetti edilizi a dette norme tramite procedimenti autorizzatori»).
- Nell’ultimo comma si potrebbe desumere l’entrata in vigore della L. 1150/42 come “anno zero” in quanto le terminologie contemplano soltanto l’obbligo della licenza edilizia imposto dalla L. 1150/42 e dai regolamenti edilizi comunali, se consideriamo quest’ultimi come riferiti all’articolo 33 della medesima legge. Tuttavia, ci sono argomenti per sostenere che tali regolamenti debbano considerarsi in senso più ampio e regressivi alla legge fondamentale del 1942.
Al netto di queste considerazioni, la giurisprudenza si è consolidata sull’inesistenza di un preciso anno zero dell’obbligo di Stato Legittimo, provocato dal vuoto normativo di cui occorre celere intervento del legislatore. Tutto il ragionamento svolto finora porta a concludere che per opere e costruzioni effettuate in epoca risalente, in assenza o difformità dell’obbligatorio titolo abilitativo allora richiesto, debbano essere oggetto di condono edilizio.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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