Prosegue la proposta di riforma del Codice Beni culturali e Paesaggio D.Lgs. 42/2004

Codice del Paesaggio non distingue tra applicazione verticale e orizzontale del vincolo paesaggistico
Con ordinanza n. 2766/2025 il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza plenaria la valutazione interpretativa del vincolo paesaggistico imposto per legge lungo i corsi d’acqua, in particolare se le fasce ricomprese nei 150 metri dipartenti dai piedi degli argini e dalle sponde, debbano comprendere o meno le aree elevate rispetto ad esso.
Infatti, l’articolo 142 del D.Lgs. 42/2004 (rubricato «Aree tutelate per legge»), nella parte di interesse, stabilisce che:
1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:
a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;
b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;
c) i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;
Nelle prime due ipotesi dei territorio costieri marini e lacustri si prevede espressamente l’assoggettamento al vincolo “anche per i terreni elevati sul mare” o “ territori elevati sui laghi “, mentre il vincolo sui corsi idrici (art. 142, lettera c), D.Lgs. 42/04) non sottopone a vincolo qualsiasi terreno o area frontistante il corso d’acqua, ma unicamente quei terreni e quelle aree che possano essere qualificati come “sponde o piedi degli argini”, e per una fascia di 150 metri ciascuna.
Tale definizione in origine fu stabilita dall’art. 82 c. 2 della L. 616/1977, come modificato dall’art.1 del D.L. 312/1985, convertito con L. 431/1985, per essere poi trasfusa nel D.Lgs. 490/1999 ed infine riprodotta dal D.Lgs. n. 42/2004, che all’art. 134 (“Beni paesaggistici”) include, al comma 1 lett. b), le aree di cui all’articolo 142, ove è riportata la già richiamata previsione riferita ai corsi d’acqua e relative fasce di rispetto.
Dal confronto tra le tre anzidette fattispecie di vincoli (art. 142 c.1, lettere a), b) e c), D.Lgs. 42/04) sembrerebbe che il legislatore abbia inteso delimitare l’oggetto del vincolo paesaggistico in maniera diversa per i territori costieri, contermini lacuali e fluviali, indicando che, nella terza ipotesi, la profondità di 150 metri, assoggettata al vincolo paesaggistico, vada computata dal limitare della sponda o del piede dell’argine, escludendo intenzionalmente i terreni sopraelevati; laddove il dislivello dei terreni frontistanti al corso d’acqua sia tale da mettere tali terreni al riparo dalle piene anche straordinarie, si è fuori dall’ipotesi di «sponde» e «argini», e per tale ragione essi sarebbero esclusi dal vincolo, in virtù dell’interpretazione strettamente letterale della disposizione. Soccorrono al riguardo plurimi elementi:
- l’inclusione nel vincolo di «territori» e «terreni elevati» solo nei primi due casi (lettere “a” e “b”), e non nell’ipotesi degli altri corsi d’acqua (lett. “c”);
- l’estensione del vincolo «per una fascia di 150 metri ciascuna» ove il termine «ciascuna» è riferito a «sponde» e «argini», dunque unicamente a quelle conformazioni naturali o artificiali che rientrino in tali definizioni;
- all’utilizzo, solo nei primi due casi, dei termini «territori» e «terreni», mentre nel terzo caso la fascia di rispetto viene riferita alle diverse, meno ampie ma tecnicamente precise, definizioni di «sponde» e «argini».
La circostanza che tale precisa impostazione sia stata ripetutamente riprodotta in successivi testi legislativi induce ad escludere che il differente trattamento possa ascriversi ad occasionale imprecisione terminologica e dunque che possa trattarsi, invece, di una precisa scelta del legislatore nel configurare la fascia di tutela paesaggistica in maniera diversa, assoggettando a vincoli più estesi i «territori», anche «sopraelevati», contermini a mare e laghi, rispetto ai corsi d’acqua, per i quali il vincolo risulta limitato ad una fascia che si diparte da «sponde o piedi degli argini».
Tale precisa scelta potrebbe trovare origine nella necessità di bilanciamento di interessi contrapposti (valorizzazione dell’equilibrio paesaggistico del contesto territoriale di riferimento, in termini di visuali panoramiche prospettanti sugli elementi vegetazionali e orografici caratterizzanti, da un canto, e tutela delle attività agricole e produttive nei pressi dei corsi d’acqua, dall’altro), del tutto peculiare in un territorio (quello italiano) attraversato da una quantità notevolissima di corsi d’acqua, con conseguente consapevole scelta di contenere, in questo caso, l’estensione del vincolo. A fronte della conclusione cui sembrerebbe condurre l’interpretazione meramente letterale delle disposizioni innanzi richiamate, occorre tuttavia evidenziare come, insistendo sulla predetta interpretazione non mediata da considerazioni interpretative diverse, si finirebbe per produrre un vulnus alla tutela del paesaggio, affermata dall’art. 9 della Costituzione. E difatti, proprio in ragione della pluralità di corsi d’acqua presenti sul territorio nazionale, una ampia parte del paesaggio – quella, cioè, rappresentata dai terreni posti lungo i corsi d’acqua ma sopraelevati rispetto ad essi – finirebbe per essere sottratta ai vincoli di tutela paesaggistica.
Né sembra esservi ragione per diversificare – sotto il profilo paesaggistico – i terreni sopraelevati sul mare e sui laghi (sottoposti a vincolo) e quelli sopraelevati lungo i fiumi (che, accedendo all’interpretazione letterale innanzi evidenziata finirebbero per risultarne esclusi).
Anche l’argomento sopra evidenziato – vale a dire quello secondo il quale il legislatore avrebbe inteso operare una sorta di “compensazione” tra il diritto di proprietà e la tutela paesaggistica, in ragione dell’elevato numero di corsi d’acqua interessanti il territorio nazionale – si presta, d’altra parte, alla critica che altrettanto il legislatore non ha fatto per i terreni sopraelevati sul mare, pur in presenza di un Paese con notevole estensione costiera. Nondimeno, potrebbe ipotizzarsi una diversa e più ampia lettura dei termini “sponda” ed “argine”, dando ad essi un significato differente da quello comunemente accolto, sia sul piano linguistico che tecnico.
Il Consiglio di Stato, considerato che il punto di diritto sottoposto al suo esame potrebbe determinare l’insorgere di contrasto giurisprudenziale, peraltro su una tematica particolarmente rilevante tale da costituire “questione di massima”, ha ritenuto di deferire il ricorso all’esame dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, co. 1, c.p.a., al fine di chiarire la sopra delineata questione interpretativa, col seguente quesito:
se, in relazione a fiumi, torrenti o corsi d’acqua cd. «minori», debbano intendersi soggette al vincolo paesaggistico ex art. 142, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 42/2004 unicamente le porzioni di aree ricomprese nei 150 metri a partire dai piedi degli argini e dalle sponde, con esclusione delle aree sopraelevate.
Staremo a vedere quale posizione interpretativa assumerà il Consiglio di Stato in adunanza plenaria.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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