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Comune non può imporre termini più breve per integrare la domanda di condono con altri documenti

Si parte da una premessa generale: per tutte e tre le norme di sanatoria edilizia speciale (condono edilizio) sono previsti termini precisi per svolgere il procedimento amministrativo, con cui valutare la sussistenza di tutti i requisiti e condizioni di regolarizzazione immobiliare. In tutte le norme sono state indicate le rispettive tempistiche per depositare le dovute integrazioni: è opportuno soffermarsi sul termine perentorio di 90 giorni per integrare l’istanza, introdotto con L. 662/96 articolo 2 comma 37 lettera d) verso le istanze del secondo condono L. 724/94, per evitare l’eccessiva dilatazione temporale per chiudere i procedimenti. La sua decorrenza infruttuosa, cioè senza provvedere all’integrazione documentale richiesta, comporta l’improcedibilità dell’istanza e il conseguente diniego nonché avvio/ripresa dell’attività repressiva dell’abuso edilizio. Questo termine riconnette alla mancata presentazione – entro 3 mesi – dei documenti richiesti l’effetto di rendere l’istanza di condono improcedibile con conseguente diniego (cfr. Consiglio di Stato n. 197/2023).

L’anzidetta causa di improcedibilità è applicata anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi del cosiddetto Terzo e ultimo Condono edilizio, il quale richiama le stesse procedure di cui alla L. 47/85 e alla l. 724/94 tramite il rinvio di cui al comma 25 dell’art. 32 D.L. 269/2003 convertito con modifiche in legge n. 326/2003 (vedi anche Consiglio di Stato n. 8594/2023).

La stessa disciplina, introdotta appunto dalla L. 662 del 1996, è applicabile ai sensi dell’art. 49 comma 7 della L. 449/1997 anche alle domande di condono – come quella per cui è causa – precedentemente presentate ai sensi della L. 47/1985, per le quali non sia maturato il silenzio assenso a causa della carenza di documentazione obbligatoria per legge. Il legislatore statale, con l’intervento normativo di cui alla predetta L. 449/1997, ha ritenuto di estendere la disciplina in materia di integrazione documentale anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi della L. 47/1985 il cui riferimento, secondo una logica esegesi estensiva, deve essere inteso anche ricomprendendo le domande di condono presentate in Sicilia secondo la normativa regionale con la quale, nell’esercizio delle prerogative legislative regionali, si è provveduto a dare recepimento alla L. 47/1985 (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III – 12/12/2023 n. 3758).

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Comune non può ridurre i termini previsti dalla legge sul condono:

La sentenza del TAR Palermo n. 242/2025 ha confermato il principio per cui la violazione dei termini di legge rende illegittimo il provvedimento che ha decretato l’improcedibilità della domanda di condono per mancata integrazione documentale, in ragione della sua adozione prima del decorso dei termini di legge, fissati in estensione più ampia a tutela del diritto partecipativo dell’istante, e della possibilità di collaborare in maniera effettiva alla richiesta istruttoria (vedi anche T.A.R. Campania Napoli, sez. III – 20/4/2020 n. 1393, che ha ulteriormente precisato che “In proposito la giurisprudenza è concorde nel rilevare che l’autorità amministrativa, nel caso in cui riscontri l’eventuale incompletezza della documentazione offerta in comunicazione dal richiedente, prima di adottare l’atto finale, è tenuta ad invitare l’interessato a porvi rimedio, assegnando un congruo termine per ottemperare alla richiesta istruttoria”).

La violazione del lasso temporale legalmente scandito a favore della parte per procedere all’integrazione rende illegittimo il provvedimento impugnato con il gravame introduttivo (stesse conclusioni T.A.R. Campania Salerno n. 749/2024).

Analogamente non è possibile neppure l’ipotesi contraria di allungare il termine di integrazione di novanta giorni, in quanto tassativo per legge.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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